Annisettanta

Il decennio lungo del secolo breve

di Alberto Giovanni Biuso - lunedì 26 novembre 2007 - 2267 letture

Cultura materiale: dischi, videogiochi, libri, film, fumetti, manifesti, volantini. Poi anche quadri, installazioni, le telefonate a Radio Popolare, la ricostruzione della prigione di Aldo Moro in via Montalcini –3,24 mq- i primi numeri di quotidiani e periodici, da Repubblica ad Alfabeta…e molto altro è la mostra in corso al Palazzo della Triennale di Milano (aperta sino al 30 marzo 2008).

Il segno sotto il quale tutto questo vive è però, nonostante le dichiarazioni in contrario del curatore Gianni Canova, la nostalgia. E forse non poteva essere altrimenti, visto che quel decennio non solo è ancora troppo vicino ma permea in molte forme il presente. Canova afferma giustamente che quegli anni «non sono finiti, non sono passati. Sono ancora qui. Con i loro conflitti, le loro speranze, le loro categorie di interpretazione del mondo». Il culmine della nostalgia si raggiunge nella ricostruzione –dettagliata sino allo stupore- di un bar, con esattamente tutti gli oggetti, i tavoli, i banconi,i liquori, i manifesti, i flipper, i posacenere, compreso un televisore in bianco e nero che trasmette la semifinale Italia-Germania di Città del Messico nel 1970. Ma la nostalgia è un ostacolo alla comprensione, sempre. Sia nella vita privata che in quella collettiva e culturale. E quindi certe letture fornite in alcune sezioni sono in palese contraddizione con i reperti stessi della vita materiale. A proposito dei volantini, ad esempio, si dice che «negli anni Settanta volavano idee e ideali, oggi molta pubblicità». E tuttavia è la mostra stessa a evidenziare il manifesto pubblicitario nel quale Mao Zedong invita a bere un amaro. In realtà, dunque, è in quegli anni che il simbolo cede al logo e poi –oggi- al brand commerciale. Dall’ideologia alla merce il passo è stato breve. La conferma sta anche in un’intera sezione dal titolo Fiorucciland, che celebra i fasti del sarto milanese e delle sue coloratissime invenzioni. Nel bookshop della mostra è poi possibile acquistare i prodotti col suo marchio…

Gli anni Settanta sono stati intrisi anche di un radicale narcisismo che, abbandonata l’utopia e mutati i tempi economici, si è trasformato agevolmente in carrierismo e culto dell’apparire. Alla base sta l’irrazionalismo proprio dell’uomo-massa rimasto bambino, che tutto pretende nel momento stesso in cui distrugge le strutture che dovrebbero fornire soddisfazione ai suoi innumerevoli desideri. Non a caso, in Italia molti dei militanti di quella stagione sono ora convinti esponenti della Destra televisiva di Berlusconi. E infatti lo spazio forse più emblematico della mostra è intitolato La caverna catodica: una stanza dove sono ammucchiati decine di televisori, delle marche e dimensioni più diverse, che fanno da sfondo a dei video che trasmettono i programmi di quegli anni. Dalla caverna di Platone a quella catodica si conferma il primato teoretico della nostra cultura –theorein/vedere- e anche la natura menzognera delle ombre. Come scrisse un grande filosofo di quegli anni: «la realtà emerge dallo spettacolo, e lo spettacolo è reale. Questa reciproca alienazione è l’essenza e il sostegno della società esistente» (Guy Debord, La Société du Spectacle [1967], Gallimard 1992, aforisma 8, pag. 19).

Il luogo secondo me più inquietante ma più vero è anch’esso una caverna, nella quale si viene accolti dai fari accesi –e quindi accecanti- di una Alfa Romeo GT Veloce 2000 del 1975, grigio metallizzata, identica a quella posseduta e guidata da Pasolini. Le Lettere luterane e gli Scritti corsari rappresentano l’autointerpretazione più tragica e più reale di quegli anni. Lo scrittore vi afferma che «è giunto il momento, piuttosto, di dire ai giovani che il loro modo di acconciarsi è orribile, perché servile e volgare. Anzi, è giunto il momento che essi stessi se ne accorgano, e si liberino da questa loro ansia colpevole di attenersi all’ordine degradante dell’orda» (Scritti corsari, Garzanti 1993, pag. 11). L’orda d’oro degli anni Settanta celebrata da Nanni Balestrini fu in gran parte l’orda massificata e conformista della quale Pasolini aveva colto perfettamente natura e sviluppi.

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