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Anna Magnani e Gabriella Ferri

la luce di Agata e la tempesta, La Roma di Anna Magnani, la morte di Gabrielli Ferri, gli anni settanta in Tv, le strade di Catania.

di Pina La Villa - martedì 6 aprile 2004 - 7471 letture

5 aprile 2004

La luce e i colori in tre film: Novo,di Jean Pierre Limosin, Agata e la tempesta, di Silvio Soldini, L’odore del sangue, di Mario Martone. Novo: luce fredda, a contrasto col rosso e i contorni stilizzati, geometrici, di alcuni elementi d’arredo, dei vestiti. Anche in questa scelta la volontà di eliminare il passato. Agata e la tempesta: luce primaverile, fresca, con la funzione di illuminare i colori allegri e decisi dei vestiti, delle case, della campagna, il verde fiorito dei balconi, la stessa auto color senape acceso. Voglia di bellezza e di umanità. L’odore del sangue: luce spenta, anche quando serve a illuminare la campagna. Anche la prima scena - il mare e la ragazza che nuota - esprime il senso della fine, di una natura ormai stanca, estenuata, come il protagonista della storia.

La vita di Anna Magnani nel libro di Italo Moscati, "Anna Magnani. Vita, amori e carriera di un’attrice che guarda dritto negli occhi" Rai Eri, 2004. Biografia non riuscita, utile per la filmografia e la bibliografia. Unica scoperta interessante: la ricchezza delle esperienze teatrali di Anna Magnani, titolare anche di compagnie teatrali con Totò e Ave Ninchi. L’esordio con Dario Niccodemi e la sua compagnia. Niccodemi è autore de "La maestrina", brioso testo teatrale che arrivò, nei lontani anni trenta, anche a Francofonte, oscuro paesino siciliano in provincia di Siracusa, grazie a Iolanda Crimi. Da consultare:Patrizia Carrano, La Magnani, il romanzo di una vita, Rizzoli, Milano, 1982 Da vedere: Un sorriso, uno schiaffo, un bacio in bocca (1979), film di montaggio realizzato da Mario Morra; Io sono Anna Magnani (1979), film con interviste all’attrice e testimonianze su di lei,del regista Chris Vernorchen; e il film Roma (1972), di Federico Fellini.

Coincidenze: mentre leggo il libro su Anna Magnani, la notizia della morte di Gabrielli Ferri. Ricordo la sua tristissima canzone, sigla di un programma in Tv, negli anni settanta: "Anche tu così presente/ così solo nella mia mente/ anche tu diventarai/ come un vecchio ritornello/ che nessuno canta più". Un altro pezzo di Roma, un altro aspetto dell’anima di Roma che scompare.

Ieri la partita di calcio Palermo-Catania, finita, pare, con un cinque a zero a favore del Palermo. Ieri sera in Via Etnea - una Via Etnea sventrata e transennata per i lavori di pavimentazione in corso - un gruppo di ragazzi sui sedici-diciassette anni, tutti chissà perché minuscoli, magrissimi, osannano al Palermo, e cantano canzonacce da caserma, ubriachi, forti della loro quantità. Corrono insieme, sono una trentina, come a voler travolgere quello che trovano davanti a sé. Facce impaurite della gente che passeggia, ma soprattutto dei venditori dietro le piccole bancarelle disseminate per la strada.

6 aprile 2004, ore 21.35

Esco da casa verso le nove, il sole e il rumore della città sono al top. Piazza Duomo, in banca c’è la fila. La fila è fuori, perchè non fanno entrare quando la gente che è dentro supera un certo numero, l’agenzia della Montepaschi è piccolissima. La piazza è inondata di gente, a gruppi, non mi chiedo più neanche di che cosa si tratta, manifestazioni, sit-in, pensionati in vacanza. Via Vittorio Emanuele, faccio slalom tra i turisti in pantaloncini. Devo andare da un fabbro vicino al Teatro Greco. Prima di individuarlo scopro un meccanico e due carrozzerie. Mi piace l’odore delle carrozzerie.Il fabbro però non lo trovo, c’è il portone, chiuso, senza insegne, ma il meccanico mi assicura che il laboratorio del fabbro è quello, solo che in questo momento non c’è. Niente banca, niente fabbro. Sono in vacanza per mezz’ora. Sono nei pressi di Piazza Dante, l’edicola, il chiosco, il panificio, gente al lavoro dalle prime ore del mattno. Mi sento una privilegiata, entro a scuola alle dieci e mezza, posso aggirarmi per le stradine del quartiere come una turista, compro il giornale, comincio a leggerlo mentre attendo che il pane sia pronto, prendo il caffé al chiosco, ritorno dal mio fabbro, non è ancora tornato, per oggi non lo conoscerò.

In edicola scopro una nuova rivista, si chiama Tvfilm, ha anche, ovviamente, un sito internet - www.film.tv.it - è un settimanale di cinema, ma parla anche della tv, più esattamente dei film che danno in tv, e presenta anche i dvd con le loro caratteristiche tecniche e gli articoli sugli attori e le promozioni dei film in uscita. Interessanti le persone che vi scrivono, tra gli altri Goffredo Fofi, che ha una rubrica dal tito "goff goff. Opinioni, idee, provocazioni".

Sembra interessante il film "L’amore di Mària" - non l’ho trovato tra i film in programmazione a Catania, quindi non l’ho visto, ma spero di vederlo. E’ una storia anni settanta. Una ragazza finlandese arriva in Sicilia con il marito siciliano che ha conosciuto in Finlandia e con cui ha condiviso l’utopia di vivere in una comune. Ma, dice Marina Fertile, autrice dell’articolo, "la solare Trinacria, dove la famigliola è approdata per sistemarsi con l’aiuto dei genitori di lui, non farà tardi a trasformarsi, per la stupefatta Mària, in una gabbia soffocante che riuscirà molto presto a trascinarla ben oltre l’orlo di una crisi di nervi". Non è difficile crederci. La Sicilia degli anni settanta per una ragazza siciliana era difficile, per una finlandese era sicuramente l’equivalente dell’inferno. Il film è autobografico, la regista, Anna Riitta Ciccone, è figlia di madre finlandese e padre italiano. Tra gli attori, oltre ai protagonisti Laura Malmivaara e Vincenzo Peluso, i più nostri (intendo siculi) Nino Frassica, Lucia Sardo, Tiziana Lodato.

Non ho approfittato dell’argomento del film per parlare dei miei anni settanta. No, non rischio l’"inveltronimento", ma non si sa mai. La parola - da Veltroni, il diessino sindaco di Roma - viene usata, nella rivista in questione, da Gualtiero de Marinis - la sua rubrica è "Vita da cani. L’eremita del piccolo schermo". Inveltronimento è "quella malattia per cui riesci a parlare bene di Edwige Fenech soltanto perché lei mostrava le tette proprio nel momento in cui i tuoi ormoni cominciavano a mandarti inquietanti messaggi chimici. Alla fine uno ricorda solo quello che gli pare. E in più scambia per buono tutto quello che coincide con la sua verde età". No, non andava tutto bene negli anni settanta, anche se eravamo adolescenti. In Tv per esempio, non c’era Report, né Zelig...dice Gualtiero. Erano gli anni di piombo. Li ho raccontati, con grande difficoltà, ai miei alunni che oggi andavano a vedere il film "Buongiorno notte" di Bellocchio. Sono curiosa di sapere cosa ne pensano.


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