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Angelina

Tutto il suo corpo profumava di zagara, lasciando un profumo inebriante, quando passava per i corridoi della casa di via Garibaldi...

di enza - sabato 22 settembre 2007 - 5445 letture

Angelina, figlia della Sicilia onesta e laboriosa, illuminava con i suoi occhi verdi tutto ciò che era intorno a lei e sopra di lei. I suoi capelli castani, dove la luce passava dentro, vi si nascondeva e ne usciva fuori più luminosa e brillante, scendevano, ondulati sulle spalle ed emanavano un profumo di gelsomino. Tutto il suo corpo poi, profumava di zagara, lasciando un profumo inebriante, quando passava per i corridoi della casa di via Garibaldi. Penultima di dieci figli, aveva tutto ciò che una ragazza avrebbe potuto desiderare: era bella, allegra ed intelligente; tutto, tranne i soldi.Ed in nome del dio denaro, era stata sacrificata ad un ricco ed aitante agricoltore del paese che probabilmente non amava.Ma quando era stata chiesta la sua mano, lei non si era ribellata ed al padre, messaggero di amore forzato o meglio di un contratto vantaggioso, aveva risposto "come volete voi signor padre"anzi "comu vuliti vui gnur padri".

Chissà che cosa pensava Angelina,il giorno che era stata scelta per andare sposa a don Peppino. Nell’unica foto di matrimonio, scattata in un giorno di aprile,era l’anno 1945, gli sposi sono belli, ma Angelina, agnello sacrificato sull’altare degli interessi paterni e di famiglia, è triste e pensierosa,mentre si stringe nel suo abito di georgette bianco.Chissà perchè: forse,perchè i ricordi della guerra sono vicini o pensa ad un amore lontano;forse un capitano dell’esercito italiano,un continentale di stanza in Sicilia durante la guerra? Ma ai poveri in Sicilia non era dato scegliere: bisognava ubbidire ed alleviare il padre calzolaio, padre di dieci figli da sfamare,da vestire,femmine a cui fare il corredo, la casa, a costo di grandi sacrifici. Altrimenti, come fa un povero padre scarparo intelligente sì, ma pur sempre scarparo, a togliersi quelle che in Sicilia vengono chiamate"cambiali", ossia le figlie femmine,belle, ma pur sempre cambiali, quando si era senza una lira?! Lo scarparo lavorava come un asino dalla mattina alla sera,smetteva a volte di lavorare alle due,tre di notte,perchè bisognava pensare a Nedda,a Concettina, a Carmelina ad Angelina. Anzi, Angelina,avendo acconsentito a sposare il massaro,col sorriso sulle labbra,ma col cuore piccolo piccolo, era il suo orgoglio.

Questo matrimonio l’avrebbe ripagato di tanti sacrifici e di tanti stringimenti di cinghia.Eh sì, bisognava dare in dote ad Angelina, oltre la casa anche un pezzo di terreno edificabile in paese, così i parenti dello sposo sarebbero stati più soddisfatti e non le avrebbero rinfacciato, tanto spesso, le sue origini. I poveri, in Sicilia, non avevano(o ancora non hanno ??) scampo: dovevano sgobbare,sgobbare ed ancora sgobbare; dovevano dire "baciamo le mani" a tutti gli stronzi che si chiamavano don questo, don quello, don testa di cavolo,dutturi sceccu dei miei stivali, facce verdi e malsane con la puzza sotto il naso, ma con la casa piena di lurdie, perchè la signora, moglie di don testa di cavolo, nipote o figlio di testa di doppio cavolo,era pigra,era ciunca e non aveva tempo per pensare alle pulizie di casa, cose più da contadini che da gente altolocata.Lo scarparo era un grande lavoratore, instancabile ed anche un artista ed un intellettuale era!!

Nelle serate d’inverno intorno al fuoco,alla così detta conca, ai figli insegnava a modellare la creta e poi dipingerla, per fare delle statuine,dei bellissimi pastorelli da mettere nel presepe a Natale; oppure leggeva i passi della Divina Commedia ai figli che poi a forza di sentirla l’imparavano a memoria.E tanta intelligenza veniva sprecata perchè don Ciccu,questo era il nome dello scarparo, non aveva i soldi per fare studiare i suoi figli,dall’intelligenza così libera e vivace,così creativa.Bisognava accontentarsi di fare le scuole dell’obbligo e magari cercare di mettere a frutto ognuno, l’ingegno artistico di cui il padre eterno e don Ciccu li avevano dotati,diventando degli ottimi artigiani,sarti,sarte,ricamatrici.Ma che rabbia cucire per quelle facce verdi dei sabbenerica. Che noia sopportare quei loro discorsi inutili,la loro buffa ostentazione forzata e forbita dell’italiano, mettendo in berlina il dialetto dei loro avi, quella spocchia basata sui vari sono figlio di quello o di quella,nipote dell’altro.

Ma che fare,bisogna pensare a mangiare e sacrificare le proprie idee e la propria anima,come anche nel caso di Angelina che sarebbe, poi, stata molto amata dall’uomo possidente ed aitante,dal massaro,uomo molto intelligente, dallo sguardo fiero, dal sorriso dolce e dai capelli colore del rame dorato. La gioia di viver di Angelina, il suo innato gusto per il bello,il suo ingegno, la sua generosità, avrebbero plasmato tutto intorno a sè, illuminando col suo sorriso e con la luce dei suoi meravigliosi occhi verdi dalle pagliuzze dorate questo matrimonio e la vita delle sue due figlie.Dove Angelina posava il suo sguardo allegro e luminoso tutto rinasceva a nuova vita, felice ed intorno si sentiva un profumo di zagara e gelsomino...


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Angelina
25 settembre 2007

Cara Enza, ho letto tutti i tuoi post. Ti confesso che ho gli occhi lucidi. La tua prosa è robusta, prorompente, indignata; la tua poesia tenera, amorevole. E’ notevole la capacità di caratterizzazione dei personaggi. La nostalgia e l’amore per i protagonisti delle tue storie sono espressi con una prosa intrisa di amaro realismo. Condivido in toto ciò che scrivi. Credo di avere incontrato una vera scrittrice. Il tuo mondo è complesso e incandescente. Ha bisogno di uscire fuori. Tu sarai il suo medium. Ciao, Antonio www.trabia.splinder.com
Angelina
26 settembre 2007, di : junior

cara enza, ho letto il tuo testo. mi è piaciuto molto. ho pianto. sei una grande scrittrice. un abbraccio da ischia. angela colella