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America al Teatro Antico di Taormina

Si è chiuso a Taormina il tour italiano del gruppo anglo-americano. Dal nostro inviato.

di Piero Buscemi - venerdì 12 luglio 2019 - 2763 letture

Il 1969 è stato un anno fervido di avvenimenti in campo musicale. Eventi e ricorrenze che trovano il loro coronamento nei ricordi nostalgici degli appassionati in questa sorta di celebrazione del 50° anniversario che quest’anno ci si ritrova a ricordare con tanta frequenza.

Woodstock tra tutti, perché sicuramente nell’influenza collettiva emozionale si ritorna un po’ tutti a esternare l’animo rivoluzionario che si è, nel frattempo, riaddormentato da qualche decennio. C’è anche il concerto dei Beatles sul tetto dell’Apple di Londra da ricordare, quello dei Rolling Stones ad Hyde Park in omaggio del loro fondatore Brian Jones scomparso il 3 luglio. Il 1969 è considerato anche l’anno della nascita del gruppo America, dalle loro prime strimpellate fino alla pubblicazione del loro primo album nel 1971, che riporta il nome del gruppo, come era di moda in quegli anni.

Sono saliti sul palco ieri sera, il mistico e sempre affascinante palco del Teatro Antico di Taormina che resta una delle migliori location mondiali quando si tratta di rivivere gli anni d’oro della musica rock. Reduci dal loro tour italiano, iniziato ad inizio luglio, con il concerto tenutosi ad Asti il 4 luglio, Taormina ha rappresentato il loro evento di chiusura della loro visita italiana. Dopo qualche giorno di riposo, Gerry Beckley e Dewey Bunnell, accompagnati dalla loro band, attraverseranno l’oceano per ricominciare a suonare dal vivo in Canada.

Il concerto, orario previsto di inizio alle 21,30 slittato di una decina di minuti a causa di un problema al mixer regia, inumidito qualche sera prima a Porto Recanati, a causa del nubifragio che ha costretto ad annullare l’esibizione. La premessa che anche la strumentazione classica del gruppo aveva subito dei danni, in modo particolare le chitarre, non ha sicuramente impedito ai protagonisti di sfoggiare il miglior repertorio a disposizione.

Si inizia con il botto, come è consuetudine di questo storico gruppo di prendere subito all’orecchio la titubanza di un pubblico che si guarda intorno, provando a ristabilire un equilibrio nel proprio cassetto dei ricordi. Il pubblico è stato davvero variegato. Moltissimi giovani stranieri hanno intonato per tutta la serata i ritornelli delle varie Tin Man, You Can Do Magic, I Need You, Lonely People o Sandman. Un omaggio doveroso a George Harrison, compianto amico della band e compositore di molti successi dei Beatles, con l’esecuzione commossa di Eleanor Rigby. Un altro salto nel passato con il pezzo California Dreamin’, che ha fatto abbandonare le sedie agli astanti, mentre la fantasia più recondita ha cominciato a farci vedere capelli lunghi e pantaloni a zampa di elefante, tra un cartello inneggiante a Peace & Love e qualche sit-in di protesta contro un’altra guerra, dichiarata e scoppiata in qualche altro buco del mondo.

Il bis finale, dopo circa un’ora e mezza di musica ininterrotta, è stato il pezzo più cantato in assoluto della folk country music internazionale, quel A Horse With No Name che anche le antiche mura del Teatro hanno ritmato a tempo di musica e di luci sfavillanti, a contrastare una luna a tre quarti, pronta a dominare la scena nella prossime serate taorminesi.

Foto di Piero Buscemi (c) 2019

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