Sei all'interno di >> :.: Culture | Libri e idee | Altri mondi |

Altri mondi (9): Poesia nella capsula del tempo

Mio padre somigliava a Dustin Hoffman : Poesie / di Silvia Albertazzi ; prefazione di Loredana Magazzeni. - Milano : La Vita Felice 2024. - 68 p. - (Agape ; 245). - ISBN 978-88-9346-811-4.

di Alessandra Calanchi - mercoledì 4 giugno 2025 - 527 letture

Avete presente le time capsules? Quei preziosi contenitori di informazioni intesi a ricercare una possibile comunicazione con altri mondi, che racchiudono una sintesi della nostra cultura umana? Ora non voglio fare un paragone, ma nel suo “piccolo” questo volumetto di poesie rappresenta una suggestiva sintesi della nostra storia socioculturale – musica, politica, cinema, i due lockdown – intrecciata al vissuto quotidiano di emozioni, sentimenti, desideri.

Un libro di poesia narra necessariamente di altri mondi. Quello in cui viviamo, ritenuti da alcuni il paradiso della scienza e della razionalità, si rivela giorno dopo giorno un teatro globale di sofferenza, sopraffazione, rabbia, violenza, volgarità. L’umano sembra essere sempre più assente, pare prendere congedo dal mondo reale, e mentre si è deciso ai piani alti che il nostro nemico sono i migranti (o, ai piani intermedi, l’intelligenza artificiale) ci pare di perdere il linguaggio della protesta e della contestazione di quanto ci viene quotidianamente imposto – menzogne, manipolazione, dis-educazione, dis-istruzione, ecc.

Si badi bene, questo non è un testo politico. Ma siccome sappiamo bene, da una mia precedente rubrica, che poesia è politica, non dimentichiamoci la sua anima politica. Qui, tuttavia, parleremo degli altri mondi della poesia, quelli cioè in cui il/la poeta si rifugia non per escapismo ma per riprendere fiato dalla realtà e trovare una voce che ci ricolleghi a un’umanità che talvolta sottovalutiamo o di cui ci dimentichiamo di prenderci cura.

JPEG - 179 Kb
Copertina di Mio padre somigliava a Dustin Hofman, di Silvia Albertazzi

Non posso parlarvi, come vorrei, di tutti i temi trattati. Vi invito ad acquistare e leggere questo piccolo libro, potente e malinconico, arrabbiato e affettuoso. Vi ritroverete, ne sono certa, in ogni singola pagina. Ho deciso di concentrarmi su una importante parola-chiave che ovviamente vista la mia premessa è il tempo. Il tempo passato, ma anche il tempo che ci manca. Il tempo delle parole che non si sono dette e quello di ciò che abbiamo ancora da dire e fare, il tempo che “sta tra parentesi – parentesi tonde”, il passato remoto “che riaffiora nei sogni” (p. 37), il tempo della scrittura (p. 40), il tempo che non c’è più (p. 51). Ascoltiamo la bellezza di questi versi surreali e struggenti, che la voce poetica esprime mentre cammina in un paesaggio che pare (è?) un dipinto:

[…]
Passeggio piano piano
Sono in un Segantini
Il tempo mi spaventa
Il tempo che mi manca
Il tempo che rimane.
Dovrei dirtelo subito
Finché c’è ancora tempo
Quanto ti voglio bene
[…]
Ora che avverto il brivido
Del tempo che svanisce
Ora io dovrei dirtelo
Se sono ancora in tempo.
[…] (pp. 13-14)

Gli altri mondi sono dunque quelli in cui si immaginano parole che non sapremo pronunciare, eppure esistono nella poesia. Sono i mondi in cui posiamo passeggiare in un quadro di Segantini, in cui possiamo parlare con chi non ci ascolta. Ma un giorno, forse, ci leggerà.

Concludo con una nota che ci riporta al nostro mondo. L’ultima poesia della raccolta si intitola “Poeta femminile singolare” ed è un vero e proprio manifesto linguistico, poetico e politico che dialoga virtualmente con il famoso componimento di Grace Paley, “Responsabilità” (1986) e anche con gli scritti di Vera Gheno (es. Femminili singolari 2021).

Poeta
Sostantivo maschile singolare
Secondo il dizionario.
[…]
Ma poeta con quella a finale
A me pare un sostantivo femminile.
Voglio essere poeta e singolare
Non nel senso di comprensibile a me sola
Ma singolare in quanto eccezionale
– Uguale solo a me – e a nessun altro.
(pp. 60-61)

In questi altri mondi che abitiamo, Silvia Albertazzi ci ricorda di non portare con noi le storture e il pregiudizio della nostra lingua e della nostra società patriarcale. Grazie, Silvia.


Silvia Albertazzi è professoressa emerita dell’Università degli Studi di Bologna. Studiosa di letteratura coloniale (Lo sguardo dell’altro, IV ristampa 2011, La letteratura post-coloniale. Dall’impero alla world literature I ristampa 2017), si è occupata estensivamente anche di musica, fotografia e studi culturali. Come poeta, prima di questa silloge ha pubblicato La casa di via Azzurra (2010), Magenta è il colore dei ricordi (2014) e Finale di stagione (2018).



- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -