Alghero e l’orizzonte del tenente Drogo. Un articolo di Raffaele Sari
"Resto allibito quando mi imbatto in un bunker adibito a ripostiglio di un ristorante sulla spiaggia, a casetta delle vacanze, o a magazzino per gli attrezzi, nell’indifferenza generale..."
Alghero e l’orizzonte del tenente Drogo.
Di Raffaele Sari
Forse vi fu anche qui un tenente Giovanni Drogo ad attendere i tartari… 1941, la guerra ancora sembra volgere a favore dei progetti di Hitler ma i tedeschi sono convinti che la Sardegna possa rappresentare l’ideale testa di ponte per un eventuale massiccio sbarco nemico sul continente e i servizi segreti inglesi alimenteranno con falsi documenti queste aspettative e forse persino i tragici bombardamenti di alcuni centri abitati sardi nella primavera del 1943 (Cagliari, Alghero, Porto Torres) doveva servire ad alimentare questo bluff. Certamente la minaccia di uno sbarco alleato fu tenuta sempre in considerazione dalle forze dell’Asse, tanto che negli anni, man mano che le sorti della guerra sembravano capovolgersi, con frenesia crescente, aumentò la corsa ad allestire un’accurata linea di fortificazioni difensive sulla costa nord occidentale, completando quanto il genio militare italiano e le ditte private che si erano aggiudicate gli appositi appalti avevano già eretto fin dal 1940.
Oggi, oltre sessant’anni dopo la conclusione del conflitto mondiale, il comune di Alghero (provincia di Sassari) registra nel suo territorio una folta ed interessante presenza di fortini e bunker, in buona parte in uno stato di conservazione ancora, quasi del tutto fortuitamente, apprezzabile, anche se nel totale abbandono; un notevole richiamo per gli appassionati, una meta da raggiungere ed esplorare per i molti cultori dello studio delle fortificazioni militari dell’ultimo conflitto mondiale. A pochi chilometri dal centro abitato di Alghero, salendo verso Monte Dolla, un promontorio che spicca nella piana di aree coltivate, pascoli e pinete della Nurra, a metà del tortuoso percorso, giunti proprio all’ingresso di una folta e silenziosa pineta, ci si imbatte in alcuni edifici che ospitarono numerosi alloggi destinati alle truppe: si tratta di un complesso realizzato in tre sezioni distinte, una delle quali risulta isolata dalle altre due. Ne restano solo le murature, poiché i tetti in tegole su struttura in legno e tutti gli infissi, nel tempo, sono andati distrutti dagli agenti atmosferici o smantellati da chi ne ha riutilizzato i materiali. Altri sette edifici identici a questi si trovano ai piedi del monte, disposti a schiera e strategicamente posizionati a pochi chilometri dall’aeroporto militare e dalla base che accoglieva le truppe tedesche, nei pressi del lago di Baratz. Le opere furono realizzate, come altre simili nel territorio, dalla ditta Ticca, probabilmente tra il 1940 e il 1942, biennio in cui il “Mom” (la manodopera militare) a seguito di una serie di circolari ministeriali, provvide ad un’intensa opera di edificazione e potenziamento delle fortificazioni e dei bunker lungo le coste. A Monte Dolla, nelle vicinanze degli edifici adibiti ad alloggi vi erano le fortificazioni vere e proprie; ben mimetizzate e quasi invisibili persino da chi percorra la zona a piedi. La costruzione principale era sempre di forma rotonda, con una trincea coperta e sotterranea che correva lungo un’ampia circonferenza; il tutto era realizzato abbassando il livello del suolo di circa 150 cm. e ponendo al centro una colonna che doveva reggere anche una eventuale copertura mimetica aggiuntiva. La trincea aveva ogni pochi metri una "bocca di fuoco", ossia un’apertura ben protetta dalla quale era possibile far spuntare la canna di una mitraglia. Se guardiamo al resto del territorio, si segnalano molte costruzioni simili, ancora in gran parte intatte, lungo tutta la costa algherese e anche verso l’interno del territorio e qualche volta ci si imbatte in interessanti varianti costruttive, accomunate quasi sempre da intricate ramificazioni di trincee o gallerie sotterranee, ancora mimetizzate dalla vegetazione, e sempre con le temibili aperture per le mitraglie disposte a pochi metri l’una dall’altra. In taluni casi stupisce il perfetto adattamento delle postazioni alle peculiarità morfologiche e alla macchia mediterranea, che ne aumentano l’invisibilità e la perfetta integrazione con l’ambiente naturale, frutto probabilmente di intuizioni costruttive che oggi farebbero pensare a chissà quali studi precedenti alla fase di edificazione e che invece rendono merito alle capacità degli oscuri progettisti del genio militare italo-tedesco.
In questa zona risulta quasi impossibile un censimento dei cosiddetti bunker, sparsi in ogni dove, non solo lungo la litoranea e lungo tutte le principali strade di comunicazione con l’interno, o su ogni costa di monte o collina che poteva offrire un luogo strategico e privilegiato per l’osservazione ed il controllo del territorio, ma persino in mezzo agli uliveti che circondano la città oggi come allora. Le truppe germaniche erano accampate sulle sponde del lago di Baratz ma erano pronte a controllare strategicamente il territorio in un’azione di difesa proprio con gli uomini che avrebbero dovuto presidiare alcuni di questi piccoli bunker circolari di cemento armato; secondo le testimonianze dell’epoca molti di questi in realtà non furono mai utilizzati se non in occasione di esercitazioni.
Non si tratta certamente di capolavori architettonici né di reperti archeologici, ma testimoniano una storia recente, che spesso e a torto, si sente dire che da queste parti sia passata solo marginalmente. Ecco, quei bunker raccontano di una storia, purtroppo ancora recente e che in certi luoghi del mondo non sembra poi neppure così trascorsa, ma anche di una drammatica e logorante attesa, di un’orizzonte d’inquietudini e paure, mai affollato dai “tartari” ma che comunque non scampò alla gente di qui, nel suo epilogo, il sangue, la fame e la disperata confusione che la guerra mondiale portò sulla nostra povera patria; in quei bunker oggi pieni di immondizie resta ancora qualcosa della nostra memoria.
Credo che si dovrebbe prevedere un opera di tutela e conservazione di questi “mostri”, perché questi, ormai innocui, possono insegnare ai nostri figli più che cento lezioni di storia il volto freddo ed arcigno della guerra, l’angosciante militarizzazione di un pacifico paesaggio, trasmettendo una memoria collettiva appartenuta alla gioventù dei nostri padri, che assolutamente non va perduta.
Resto allibito quando mi imbatto in un bunker adibito a ripostiglio di un ristorante sulla spiaggia, a casetta delle vacanze, o a magazzino per gli attrezzi, nell’indifferenza generale o con tanto di vere o presunte autorizzazioni.
Mi stupisce il degrado e l’abbandono di queste fortificazioni che potrebbero essere luoghi di preziose, suggestive ed istruttive visite guidate per le nostre scolaresche; qui troverebbero, custoditi in quel cupo cemento armato, preziosi scrigni di quella memoria a breve termine che tanto sembra scarseggiare nella formazione culturale italiana.
Raffele Sari
- Ci sono 2 contributi al forum. - Policy sui Forum -
Mi complimento per l’articolo, gli argomenti analizzati potrebbero offrire spunti per una nuova iniziativa di valorizzazione del territorio, come del resto accade in tutta Europa. Per una stranezza della storia, i bunker del 1943 restano di proprietà demaniale, anche se si trovano in terreni privati. Pertanto nessuna demolizione o riutilizzo improprio sarebbero possibili. Non dimentichiamo che i fortini inizialmente progettati ad Alghero erano oltre 200 !
Un sito utile sullo stesso argomento e su una analoga campagna di riscoperta, proprio contro l’indifferenza generale è: http://web.tiscali.it/assfortsardegna/
Buon lavoro, cordialmente Daniele
Qualcuno ha notizie delle postazioni anti aeree a difesa dell’aeroporto di Alghero?