Alfred Hitchcock nei film della Universal Pictures
Viaggio nelle mostre estive di Palazzo Reale a Milano. 3° puntata
Settanta fotografie e contenuti speciali provenienti dagli archivi della Universal Pictures - la major americana che produsse i film di Hitchcock dal 1940 al 1976 - conducono il visitatore di questa mostra a compiere un viaggio nelle opere del grande maestro del brivido, nelle sfaccettature del suo carattere e della sua vita privata, fra gli attori che preferì più degli altri, i vezzi e la sua ironia, oltre a ricreare quel clima di suspense che caratterizzò gran parte dei suoi film.
Sul suo caratteraccio Alfred amava scherzare; ai giornalisti era solito chiosare con massime del tipo: “..malgrado i miei modi da spaccone, sono una persona decisamente sensibile e codarda…” oppure “..suppongo che uno che chiama il proprio cane Philip of Magnesia, come ho fatto io, non sia il tipo di persona con cui è facile convivere…”. Arcinoto poi il suo vezzo di apparire anche per brevi sequenze nei suoi film, come una sorta di marchio di fabbrica, quasi a volere lasciare un segno anche con la presenza fisica. Il primo cammeo fu nel 1927 nel film “Il Pensionante”, l’ultimo in “Complotto di Famiglia” nel 1976: all’inizio fu strettamente funzionale, perché bisognava riempire la scena, più tardi divenne una superstizione, infine una gag.
Due gli attori più amati e due anche le attrici: James Stewart (La Finestra sul Cortile, L’Uomo che Sapeva Troppo, La Donna che Visse Due Volte), timido, romantico a tratti impacciato era il tipo di uomo che Hitchcock pensava di essere o temeva di essere; di contro Cary Grant (Il Sospetto, Notorius, Caccia al Ladro, Intrigo Internazionale) solare, tombeur de femmes, scanzonato e affascinante rappresentava il tipo di uomo che Alfred avrebbe voluto essere. Quanto alle attrici Kim Novak (La Donna che Visse Due Volte), artista poliedrica, sensibile e intrigante anche per via della sindrome di Morris di cui soffre e Grace Kelly (Delitto Perfetto, La Finestra sul Cortile, Caccia al Ladro), ovverosia “Ghiaccio Bollente”, l’algida bellezza contrapposta alla sua sensualità (non esplosiva ma trattenuta) misteriosa che sprigionava attraverso lo sguardo intenso o il bacio inaspettato. Hitchcock avrebbe voluto Grace Kelly anche per “Marnie” e “La Donna che Visse due Volte”, ma lei già sposata, divenuta Principessa di Monaco declinò cortesemente l’invito.
E che dire dei film,di “Psyco” ad esempio; una pietra miliare del cinema del brivido che nel 1960 batté tutti i record di incassi e fece fuggire il pubblico dalle sale in preda al panico. Dopo il lancio del film, il padre di una ragazza scrisse ad Hitchcock una lettera, lamentandosi che la figlia dopo aver visto Psyco si rifiutava di fare la doccia. Hitchcock rispose: “..la mandi al lavasecco!!”. Era maniacale nel vaglio dei particolari: nella scelta del colore del reggiseno di Janet Leigh, volle il bianco per la scena d’amore iniziale nell’albergo di Phoenix e il nero al Motel Bates poco prima della fatidica doccia. Era un modo per definire il personaggio: la brava e la cattiva ragazza (Marion aveva rubato quarantamila dollari dalla ditta dove lavorava).
La scena della doccia dicevamo; è la scena più famosa del film e probabilmente di tutta la carriera di Hitchcock (7 giorni di riprese per 45 secondi di grande cinema). Settanta inquadrature cadenzate da un montaggio frenetico; Janet Leigh viene brutalmente assassinata ma non si vede mai il coltello solcare la carne, ne abbiamo solo l’illusione. Sono evitate le nudità esplicite così da non incappare nella censura e ci colpisce (gioco di parole…) il modo improvviso ed imprevedibile con cui si commette l’omicidio, la protagonista difatti muore entro i primi venti minuti di pellicola.
Come poter tacere su “La Finestra sul Cortile”: un uomo costretto su una sedia a rotelle dalla finestra del suo appartamento osserva con un binocolo e un teleobiettivo i vicini di casa dirimpettai. La monotonia è rotta dalla scoperta di un presunto omicidio. Per Hitchcock fu una nuova sfida creare suspense girando in un’unica location e osservando un microcosmo umano attraverso un solo punto di vista, quello del protagonista (James Stewart), incarnazione del voyeurismo dello spettatore e del regista. Un gioco di metafore e rimandi costruito alla perfezione.
Di “La Donna che Visse Due Volte” (alias “Vertigo”) preferiamo rimandare il lettore alla visione del film informandolo peraltro che nell’Agosto del 2012 la British Film Insitute, che ogni dieci anni stila la classifica dei migliori film di ogni tempo, l’ha definito miglior film di sempre scalzando dal primo posto “Quarto Potere” di Orson Welles che deteneva questo primato ininterrottamente dal 1962. Centovettonto minuti di libidine cinematografica. Quanto all’ideale durata di un film e qui concludiamo, Hitchcock tra il serio e il faceto, soleva dire che la durata di un film doveva essere commisurata alla capacità di resistenza della vescica umana……Grande Alfred. Il non aver mai vinto l’Oscar per il miglior regista in fondo ci dice che il Premio Oscar, forse, non è una cosa seria!
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