Alcune domande ai Giovani Democratici
Il Gruppo di Firenze ha lanciato un appello, i Giovani Democratici hanno controrisposto. "Non sarebbe opportuno entrare nel merito delle questioni e contribuire con delle proposte a migliorare scuola e Università? E troppo chiedere questo anche a coloro che si qualificano come giovani democratici e parlano a loro nome?". Un intervento di Massimo Stefano Russo
Ai Giovani Democratici,
Non possiedo una intelligenza segreta (non capisco nemmeno cosa significhi). Non ho l’arroganza di dichiarare la mia un’intelligenza pubblica, ma cerco di curare la sintassi e l’ortografia quando scrivo e, soprattutto, quando mi rivolgo agli studenti, di essere chiaro.
Le mie parole faticose non sono e non vogliono essere né altezzose, né arroganti. Il mio impegno educativo cerco di svolgerlo in modo diffuso e convinto, senza pontificare,ma rivolto a comprendere.
Non vivo in una torre d’avorio, ma in un luogo aperto: una Università sempre più contraddittoria, dove la cultura è stata da tempo svilita, anche perché la maggioranza degli studenti e non solo, a essa è poco interessata. Gli studenti, nel loro essere sfuggenti (dalla storia) spesso, oggi più di ieri, finiscono solo col criticare e denigrare convinti di essere innovatori e/o rivoluzionari,(in questo caso i giovani democratici),per ritrovarsi di fatto nella parte dei "conservatori di ritorno" e finire a giustificare l’ignoranza che dilaga nella scuola e nell’Università.
Detto questo:
1) è vero o non è vero che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente?
2) è vero o non è vero che la correttezza ortografica e grammaticale è stata a lungo svalutata sul piano didattico più o meno da tutti i governi?
3) è vero o non è vero che la volontà politica non è adeguata alla gravità del problema?
4) c’è bisogno di una scuola che controlli gli apprendimenti e l’efficacia della didattica?
5) bisogna porsi l’obiettivo urgente che la maggioranza degli studenti raggiunga al termine del primo ciclo un possesso sufficiente degli strumenti linguistici di base?
6) ci si può permettere di indicare a tal fine delle linee di intervento?
7) perché non dare grande rilievo all’acquisizione delle competenze fondamentali di base per tutti gli ambiti disciplinari col rivedere le indicazioni nazionali?
8) perché non Indicare nei contenuti i traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le tipologie di esercitazioni importanti?
9) perché non introdurre verifiche nazionali periodiche negli otto anni del primo ciclo: il dettato ortografico, il riassunto, la comprensione del testo, la conoscenza del lessico, l’analisi grammaticale e la scrittura corsiva a mano? (un’eresia?)
10) non sarebbe utile che i docenti delle medie e delle superiori partecipassero alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media?
11) perché non introdurre momenti di seria verifica durante l’iter scolastico come condizione indispensabile per acquisire e consolidare le competenze di base?
13) perché questi momenti non dovrebbero incentivare gli allievi a fare del proprio meglio?
14) perché non dovrebbero essere l’occasione per abituarsi ad affrontare delle prove, pur non drammatizzandole?
15) gli insegnanti non dovrebbero avere degli obiettivi comuni a tutte le scuole, finalizzando a questi una parte significativa del loro lavoro?
E’ difficile rispondere a queste domande poste dal Gruppo di Firenze? Non sarebbe opportuno entrare nel merito delle questioni e contribuire con delle proposte a migliorare scuola e Università? E troppo chiedere questo anche a coloro che si qualificano come giovani democratici e parlano a loro nome?
Massimo S. Stefano
Professore aggregato di sociologia dell’educazione Docente di sociologia del tempo libero Università degli Studi di Urbino Carlo Bo Scuola di Comunicazione Dipartimento Discui
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