Afghanistan: a un anno dalla presa di potere dei talebani

“Hanno iniziato a darmi scosse elettriche sulle spalle, sul viso, sul collo, ovunque potevano. Mi chiamavano prostituta. Quello che impugnava la pistola ha detto: “Ti ucciderò e nessuno sarà in grado di trovare il tuo corpo’”
È passato un anno dalla presa dei talebani in Afghanistan. Un anno duro, violento, all’insegna delle violazioni dei diritti umani. Per alcune persone, però, le cose sono state più dure.
Le donne e le bambine afgane da un anno non possono più studiare, lavorare o semplicemente uscire di casa senza la supervisione di un uomo.
Ma tutto questo non le ha fermate: molte di loro sono scese in piazza, organizzando un’ondata di proteste per sfidare il nuovo regime. I talebani hanno risposto con intimidazioni, violenza, arresti arbitrari, sparizioni forzate e torture fisiche e psicologiche.
Le donne non sono mai al sicuro: alcune di loro sono state arrestate soltanto perché apparse in pubblico senza un mahram, ovvero un tutore di sesso maschile.
Le spietate politiche dei talebani stanno privando milioni di donne e bambine del diritto a vivere in modo sicuro, libero e prosperoso, costringendole a sposarsi anche da giovanissime.
Una repressione che aumenta ogni giorno. Bisogna fare qualcosa: solo insieme possiamo aiutarle!
Da quando hanno preso il potere, i talebani hanno sottoposto le donne e le ragazze a una violenza sempre crescente. In alcuni casi, è un modo per punire loro familiari.
Lida, la moglie di un ex membro delle forze di sicurezza, è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco da due talebani a bordo di una motocicletta. Aveva 22 anni ed era all’ottavo mese di gravidanza. Con lei sono stati uccisi due figli di due e quattro anni.
Decine e decine di donne sono state arrestate e torturate per aver preso parte a manifestazioni pacifiche in favore dei loro diritti e contro le crescenti restrizioni che stanno privandole della loro libertà.
I talebani hanno soppresso il diritto all’istruzione, oscurando così il futuro di milioni di bambine. Se il 17 settembre le scuole elementari sono state riaperte, i talebani hanno vietato alle alunne dal sesto grado in su di tornare a scuola, sostenendo che si trattava di un provvedimento temporaneo in attesa di assumere un maggior numero di donne insegnanti e di assicurare condizioni “appropriate” per la segregazione di genere nel campo dell’istruzione. A oggi, nessuna di queste misure è stata attuata.
Meena* un’insegnante di 29 anni di Kabul, ha confessato ad Amnesty International di essere disperata per il futuro di sua figlia:
“La storia si ripete. Guardo la mia uniforme, ricordo i giorni in cui si stava a scuola tutte insieme, noi insegnanti e le alunne. Ora non ho altra scelta che stare a casa”.
*Il vero nome è celato per motivi di sicurezza
“Hanno iniziato a darmi scosse elettriche sulle spalle, sul viso, sul collo, ovunque potevano. Mi chiamavano prostituta. Quello che impugnava la pistola ha detto: “Ti ucciderò e nessuno sarà in grado di trovare il tuo corpo’” - Ha raccontato una studentessa universitaria afgana, arrestata nel 2022.
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