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Accussì...Massimo

Ma chi l’ha detto che i napoletani sono sempre in ritardo?

di Piero Buscemi - giovedì 16 febbraio 2006 - 5502 letture

Accussì grande. E’ il nome del nuovo spettacolo musicale che, un grande Massimo Ranieri in giro per il mondo da almeno quaranta anni, sta portando in giro per la Sicilia. Lunedì sera è stato di scena al Teatro Vasquez a Siracusa. Grande come l’interpretazione che l’artista ha regalato al numeroso pubblico aretuseo, plasmandolo e coinvolgendolo in un vortice di emozioni partenopee, quasi a farlo identificare con esso. Come spesso accade, in queste occasioni.

L’inizio dello spettacolo è previsto per le 21,30. Alle 21,25 la campanella del teatro ammonisce gli spettatori ad accomodarsi ai loro posti. Alle 21,30 precise, le tende del sipario si spalancano e una scena in semioscurità ci invade con una voce bambina in sottofondo. “Mamma, mamma”, sono le parole di un bambino che corre disperato sul palcoscenico.

Un ombra dall’infanzia si impadronisce delle nostre distrazioni. La maglietta e i casuncielli bianchi risaltano dallo sfondo nero. Poi, il protagonista Massimo appare sulla scena. Per due ore e mezza. Saltante e gioioso come uno scugnizzo di 55 anni.

Il suono dolce degli accordi in minore del pianoforte e i versi “...tu sì ‘na cosa grande pe’mme”, ci trascinano in un’atmosfera d’altri tempi. Più vicina a un Ranieri ragazzino. Garzone da bar e cantante allo sbaraglio ai matrimoni. Più reale delle artefatte e ululanti voci da esibizioni meteore dei nostri giorni.

Non si spiega altrimenti, il trasporto di pubblico entusiasta. Variegato e di diverse generazioni, a seguire nel suo girovagare musicale, Giovanni Calone, in arte Massimo Ranieri. Ci fa pensare tutto questo. Perché l’arte non s’inventa. Né si crea a tavolino. Può funzionare sorretta da un maestra campagna pubblicitaria. Ma è destinata a crollare se, il “segnalato” di turno, non ha gambe vere sulle quali percorrere questo insidioso cammino.

Il curriculum di Massimo è di quelli d.o.c. e non lascia spazio a critiche divergenti. Lo guardi ballare il tip-tap sul palco o abbandonarsi agli arrangiamenti valzer, abbracciato alla ballerina che “...ma chi me lo doveva dire che un giorno ballassi con Massimo Ranieri?” Un artista che, a 13 anni debutta all’Accademy di Brooklyn accanto a Sergio Bruni, ne ha cose da raccontare. Basta avere la passione per il tradizionale e restare in silenzio ad ascoltare.

Tre momenti salienti dello spettacolo. Una dedica particolare al compianto Carosone, attraverso le canzoni “scanzonate” del suo repertorio. Ranieri ha la capacità di rivederle e reintepretarle grazie alle sue doti vocali e agli arrangiamenti moderni affidati alla mano sapiente di Stefano di Battista. Un pensiero affettuoso ai grandi attori del cinema napoletano. Si può ammirare l’imitazione di Totò ed Edoardo, ma anche la “cacagna” di Pietro De Vico. E poi, la voce dirompente di Youssun’Dour a unire cultura mediterranea e “vicoli”.

Colonna sonora dello spettacolo: l’umiltà e i bambini. Attraverso questi ultimi, Massimo ci lancia la sua personale filosofia di vita. Ritornare a vestire i panni dell’innocenza. Lo scugnizzo Gianni non è il fanciullino pascoliano che abbiamo soffocato in una bustina di spaccio e fantasia tra le viuzze di Spaccanapoli. Non è la donna-bambina sporcata da adulti senza scrupoli. Non è il guappo-bambino che ti punta la pistola per rubarti il motorino.

Dopo due ore e mezza di spettacolo, viene spontaneo il pensiero al passato nostalgico che ci vogliono rubare per sempre. Viene spontaneo l’urlo di contraddizione e rabbia verso chi prende scugnizzi per le strade. Gli sottrae il sogno di “un calcio ad un pallone” e gli consegna una mitraglietta pronta all’uso, negli angoli del mondo. In nome, ogni volta, di un dio diverso.

Viene spontaneo arrogare una richiesta. Semplice e forse anacronistica. Ma sincera: “Ridateci a pizza e ‘o mandolino. Ridateci ‘o sole mio e o Vesuvio. Ridateci un prato verde sul quale far correre i nostri scugnizzi. E riprendetevi le vostre Sporche guerre!”

Parola di siciliano...


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