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Abdul Rahmar: una condanna a morte per apostasia

Il cristiano afghano tra cavilli legali e pazzia. "Sono pronto a morire per la mia fede"

di Rosanna Rivetti - giovedì 20 aprile 2006 - 7911 letture

La vita di Abdul Rahmar è in pericolo, intrappolata nelle fitte tradizioni religiose afghane, che puniscono con la pena di morte l’atto di apostasia.

Medico di 41 anni, di origine afghana, Abdul aveva abbandonato l’Islam 15 anni fa quando lavorava per una Ong cristiana in Pakistan, per abbracciare il cristianesimo. Emigrato poi in Germania vi ha vissuto fino a 2002; dopo la caduta dei talebani è tornato per chiedere l’affidamento delle figlie. Ora rischia la pena di morte secondo la sharia, la legge islamica che è alla base della Costituzione afghana. Ora l’uomo si trova in carcere da due settimane, denunciato dai suoi parenti perchè convertito.

In un primo momento il governo sembrava aver preso le distanze necessarie dal caso. Ieri si è aperto un nuovo spiraglio per la vita dell’ afghano. Il giudice incaricato del caso ha rinviato gli atti alla procura, affermando che l’istruttoria è viziata da irregolarità ed è da rifare.

L’uomo, ha annunciato la Corte suprema, dovrà anche essere sottoposto a perizia psichiatrica . Il magistrato non ha precisato in cosa consistono le irregolarità dell’istruttoria. Spetterà alla procura decidere se insistere nell’accusa di apostasia , punita con la morte dalla legge afghana. Il caso è critico per il governo del presidente afghano Hamid Karzai: stretto tra le crescenti pressioni legali degli alleati e dei protettori occidentali, che invocano il rispetto della libertà religiosa, e quelle dei religiosi islamici conservatori e della piazza che chiedono l’applicazione della sharia e la morte dell’ apostata.

A favore dei Rahmar si è levata per la prima volta una voce proveniente dal giornale afghano Outlook, un editoriale ispirato più alle ragioni del realismo politico che ai principi dei diritti umani, il quale chiede la liberazione dell’uomo.

L’unica salvezza per l’imputato potrebbe essere data da una dichiarazione che attesti la sua infermità mentale. Ma lo stesso Rahmar, in un’intervista al quotidiano La Repubblica, ha negato di essere pazzo e ha detto di essere pronto a morire per la sua fede. " Se fuggissi-ha detto- significherebbe che il mio paese non è cambiato. Significherebbe che hanno vinto loro, i nostri nemici, i talebani."


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