8 marzo

Ottantaquattro anni senza Hachikō
Quando si pensa alle razze canine di origine nipponica, a parte i vari personaggi dei cartoons, non si può non ricordare la razza Akita e il suo esemplare più significativo in tema di fedeltà e dedizione al padrone. Stiamo parlando di Hachikō, protagonista più di ottanta anni fa, di una delle storie più toccanti ed emozionanti quando si vuole evidenziare quel rapporto mistico e, a volte inspiegabile, tra l’uomo e il cane.
Sulla storia di Hachikō sono stati realizzati più film. Ci piace ricordare la versione americana, che spostò la scena in tempi più moderni, il film è del 2009, Hachi: A Dog’s Tale il regista Lasse Hallström e il personaggio principale, escludendo il cane, fu interpretato da Richard Gere. La storia vera accadde in Giappone, nel quartiere di Shibuya a Tokyo.
Conosciutissima a livello mondiale, la riassumiamo per coloro ai quali fosse sfuggita. All’età di due mesi, il cane venne adottato da Hidesaburō Ueno, professore presso il dipartimento agricolo dell’Università Imperiale di Tokyo, che lo portò con sé nella sua abitazione a Shibuya. Il professor Ueno, ogni mattina, si dirigeva alla stazione di Shibuya per andare al lavoro prendendo il treno. Il suo fedele cane lo accompagnava sempre e, quando il professore rientrava dalla giornata lavorativa, ritornava alla stazione ad aspettarlo. Il 21 maggio 1925 il professore morì presso l’università dove lavorava, a causa di un ictus che lo stroncò improvvisamente, mancando all’appuntamento col suo fedele amico che, presentatosi alla stazione al solito orario, le cinque del pomeriggio, non lo vide arrivare.
Il cane tornò in quella stazione anche nei giorni successivi, aspettando inutilmente il suo padrone. Questa abitudine del cane, che si ripeté negli anni, fu notata dapprima dal capo stazione di Shibuya e poi dalla popolazione che frequentava lo snodo ferroviario, allargandosi col tempo in tutto il Giappone, creando una sorta di leggenda legata alla fedeltà di questo bellissimo cane nei confronti del suo padrone.
Una storia quasi da favola che, come abbiamo visto, ha ispirato registi, scrittori ed artisti. Nel 1934 fu realizzata una statua presso la stazione di Shibuya per ricordare il cane e a simbolo di affetto e fedeltà, difficilmente riscontrabile tra gli uomini. Il cane morì l’8 marzo del 1935 e, in tempi di perdita di valori umanitari, di ricorrenze ipocrite, di imbarbarimento dei rapporti umani, ci è sembrato doveroso ricordarlo.
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