1 Maggio 2018, da Reggio Calabria a Lampedusa l’USB nel nome di internazionalismo e solidarietà

Affinché Lampedusa diventi un luogo di dignità, pace e dialogo per tutti, luogo in cui i lavoratori hanno riconosciuti i propri diritti e il lavoro non sia motivo di sfruttamento ma di autodeterminazione e costruzione sociale.
È un Primo Maggio sotto il segno delle lotte per i diritti, quello che l’Unione Sindacale di Base ha scelto di celebrare quest’anno a Reggio Calabria e Lampedusa, abbracciando idealmente e concretamente i popoli del mondo prima sfruttati e poi perseguitati con la continua negazione della dignità.
Internazionalismo e solidarietà sono le parole d’ordine con le quali USB e Federazione Sindacale Mondiale tengono insieme da un lato le rivendicazioni dei braccianti sfruttati nelle campagne di tutta Italia, dall’altro i diritti di quanti dopo aver sfidato il Mediterraneo sbarcano a Lampedusa e in tante altre località italiane. Scoprendo sulla propria pelle la realtà ostile di un paese in cui l’attacco frontale contro i lavoratori, i pensionati, i precari, i disoccupati, i senza casa, è al culmine.
È contro questo stato delle cose che l’Unione Sindacale di Base si mobilita e lotta, ogni giorno. Il Primo Maggio 2018 lo fa a Lampedusa, a Reggio Calabria, a Catania, a Bologna, a Salerno e in tanti altri centri d’Italia.
Primo Maggio a Lampedusa, per un Mediterraneo di pace e senza paura
Da troppi anni l’isola di Lampedusa viene usata per creare emergenze o mettere in scena retoriche ed immagini che vanno a giustificare ed alimentare politiche di sfruttamento, reclusione, disumanizzazione. Avamposto militare di una Unione Europea con una vocazione sempre più aggressiva verso la sponda sud del Mediterraneo e dell’area del Medio Oriente.
Crediamo sia necessario ripensare le politiche economiche locali che si stanno progressivamente sostituendo con quelle legate alla militarizzazione e all’uso dell’isola come carcere, cosi come è necessario riflettere sui motivi che spingono milioni di persone a lasciare il proprio paese e al perché la maggioranza della popolazione mondiale non può viaggiare in maniera regolare e senza passare dalla "macchina dell’accoglienza" che tutto fa tranne che accogliere.
Lampedusa è luogo fondamentale per la pesca mediterranea, rifugio per chi naviga, meta turistica e oasi di pace da smilitarizzare. Nel giorno della festa dei lavoratori presenteremo il “piano del lavoro per Lampedusa” uno strumento di programmazione che può contribuire a garantire diritti ai lavoratori e allontanare definitivamente il processo di militarizzazione dell’isola e l’inquinamento elettromagnetico, ridando così al mondo quell’ambiente unico che è ponte tra l’Europa e l’Africa.
Negare il diritto alla cura per i naviganti, la difesa della pesca, lo sviluppo delle attività turistiche e la lotta al lavoro nero è andato di pari passo in questi anni con l’apertura di un centro di detenzione, che nega a migliaia di persone, la possibilità di viaggiare in maniera regolare, producendo lavoratori sfruttati, situazioni di disagio e la violazione della dignità e dei diritti fondamentali. Chiediamo che sull’isola non ci siano più nessun tipo di centro di detenzione per migranti. Si potenzi piuttosto il servizio sanitario e si apra una struttura in grado di dare assistenza sanitaria a tutti coloro che vivono o transitano da Lampedusa e che da troppo tempo si vedono negati aspetti fondamentali del diritto alla salute.
Lasciamo, allora, che la “lampara del Mediterraneo” diventi un luogo dove il lavoro torni ad essere fonte di dignità e non strumento di ricatto sociale e veicolo di una condizione di cronica precarietà.
- Lampedusa
Costruiamo un ponte tra il Primo Maggio a Lampedusa, quello di Reggio Calabria, dedicato quest’anno ai lavoratori della terra, per dire no allo sfruttamento di tutti gli uomini. Un ponte che passi dal 1° maggio di Catania dedicato alla Palestina, luogo cardine dell’aggressione da parte dell’imperialismo alle risorse del Mediterraneo.
Affinché Lampedusa diventi un luogo di dignità, pace e dialogo per tutti, luogo in cui i lavoratori hanno riconosciuti i propri diritti e il lavoro non sia motivo di sfruttamento ma di autodeterminazione e costruzione sociale. Affinché chi decida di lasciare il proprio paese lo faccia in maniera autonoma e non costretto da guerre o mancanza di risorse, storicamente depredate dagli stati occidentali.
Affinché chi decida di spostarsi lo possa fare in maniera regolare senza essere costretto a rischiare la vita ed ingrassare gli apparati militari e le mafie internazionali.
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