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Jeremy Salt "La Disfatta del Medio Oriente" (Le Boe - Castelvecchi)

Un’altra chiave di lettura di particolare interesse per capire il caos mediorientale

di Emanuele G. - martedì 11 aprile 2017 - 4331 letture

Questo Medio Oriente diventato con i decenni un infernale girone dantesco in grado di compromettere la pace nel mondo diverse volte... E non si vede la fine del tunnel. Anzi... E’ come se il Medio Oriente fosse un organismo capace di produrre da sé i motivi della propria disfatta. In quella regione le maledizioni di Dio, Allah e Jahvé sembrano essersi coalizzate.

Su questo argomento - o come si dice in inglese "topic" - Jeremy Salt ha costruito un avvincente libro-saggio. Ma chi é Jeremy Salt? Dopo essersi trasferito a Beirut nel 1965, Jeremy Salt ha da allora seguito le vicende in Medio Oriente "dall’interno" (attualmente insegna Scienze Politiche all’Università di Ankara), riuscendo nel difficile compito di ricostruire gli eventi degli ultimi due secoli grazie anche all’ausilio di documenti riservati, provenienti dagli archivi segreti dell’intelligence britannica e americana che hanno svelato il dietro le quinte della politica internazionale.

Il tutto per l’autore inizia il 2 luglio del 1789 quando Napoleone I° entrò in Alessandria d’Egitto alla testa dell’armata francese. Da allora l’Occidente ha stabilmente pianificato ed applicato delle strategie di invasione di quei territori. Territori strategici in quanto regione di collegamento a cavallo fra Europa, Russia, Africa e Asia. In seguito, anche, per il fatto di essere l’area più ricca di giacimenti petroliferi del mondo.

Il saggio è davvero interessante poiché mette in evidenza un dato di fatto inequivocabile: le politiche imperialistiche occidentali hanno prodotto un diffuso e sordo odio nei nostri confronti fra le popolazioni arabe. Come si è giunti a tale risultato disastroso e inquietante?

Prima di tutto, gli occidentali hanno sviluppato l’eterna tattica del "divide et impera" fra gli arabi. Il che ha consentito all’Occidente di mettere in atto in tutta tranquilità le sue politiche colonialiste. Tuttavia, proprio questo dettaglio rivela l’inconsistenza politica del Medio Oriente. Un’area che non ha mai avuto una classe dirigente forte in grado di resistere alle nostre mire imperialiste. Forse l’unico che rappresentò lo scatto d’orgoglio del mondo araba fu Nasser...

La creazione dello Stato d’Israele è un altro tassello poiché gli israeliani sono stati strumenti ottimali delle politiche di intervento occidentale. E qui si scopre la doppiezza di noi occidentali. Il caso lampante è la crisi del Canale di Suez dove gli Stati Uniti si facevano i loro interessi facendo finta di essere dalla parte degli inglesi e dei francesi. Il problema è che all’Occidente del problema palestinese non è mai importato un bel fico secco. Le prime "intifade" palestinesi rimontano agli anni venti e trenta! Per non parlare di accordi capestro come l’accordo di Camp David che vide Arafat capro espiatorio.

Infine, abbiamo giocato alla grande indossando varie volte "la faccia di bronzo". Basti prendere ad esempio la vicenda del dittatore iracheno Saddam Hussein. Quando si trattava di averlo in qualità di sbarramento contro l’Iran khomeinista il dittatore iracheno ci andava bene. Anche se massacrava i curdi nel Nord dell’Iraq. Ma quando volle ergersi a neo Masaniello dell’intera Nazione araba (concetto che non esiste) allora tutti contro. Disturbava noi occidentali che dovevamo lucrare sul petrolio. Utilizzando inermi organizzazioni internazionali a nostro piacimento.

Come se ne esce dal girone infernale arabo? E chi lo sa... Dovremmo - noi occidentali - rinunciare ai nostri interessi strategici nell’area. Ma è un’ipotesi realistica?

- Photo credits:

La foto di copertina ci è stata fornita dalla casa editrice


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