Luigi Pirandello

Ottanta anni fa veniva insignito del Premio Nobel per la Letteratura. Oggi è considerato ancora il più grande drammaturgo italiano di sempre.

di Piero Buscemi - mercoledì 17 dicembre 2014 - 4380 letture

Pianto di Roma

E come in campo o per sentieri schivi,
 di tra le selci mal commesse, l’erba
 dunque sorgea per le tue vie? Dormivi,
 tu Roma, allora, chiusa in te, superba,
 e sol quei fili d’erba erano vivi.

Dell’alto sonno suo parea volesse
 fruir la Terra; e già destava, sotto
 le selci, le sue zolle a lungo oppresse
 dal tramestío o del viver tuo trarotto.
 Oggi, un fil d’erba; doman, qui, la messe.

Altre città cosí, dove fermento
 fu già di vita e allo splendor compagna
 la gloria, si riprese ella: Agrigento!
 Soli or due templi in mezzo alla campagna:
 null’altro. Alberi e zolle. Anima, il vento.

Ah, meglio, o Roma, se anche in te compiuto
 la terra avesse l’opera sua lenta!
 Salve sol le rovine, e il resto un muto
 campo! Meglio se fosse all’aura intenta
 un popolo di querci qui cresciuto!

Un popolo di nani ora t’ha invasa
 e profanata, osando, o Roma, dentro
 il tuo grembo divino la sua casa,
 covo d’ignavia, erigere, e far centro
 te d’ogni sua miseria. E l’erba ha rasa;

l’erba che, mentre t’obbliavi assorta
 nel tuo gran sogno, timida spuntava;
 l’erba che certo non sarebbe corta
 sempre rimasta al pari dell’ignava
 turba che la divelse. Ah, di te morta,

meglio le querci, o Roma, e il faggio e il pino
 alto stormenti avrebber nella notte
 favellato al commosso pellegrino,
 sacri fantasmi suscitando a frotte
 dal tuo mistero: bosco, tu, divino.

Ostia per voi, Ostia per voi, pezzenti
 nani, bastava. La grandezza enorme
 di Roma come non vi fe’ sgomenti?
 Sia della Terra la Città che dorme!
 Un bosco. E sopra, l’ala ampia dei venti.

Chissà se un giorno, pensando a un futuro lontano, Luigi Pirandello nel comporre questi versi, avrebbe immaginato un presente come quello che stiamo vivendo? Dove la città eterna ha scoperchiato un classico segreto di Pulcinella (con rispetto parlando, di Pulcinella), così il poeta, ancora una volta protagonista del suo tempo e precursore di un mondo che era da venire.

Che dire? Troppo previggente Pirandello o forse soltanto un artista consapevole delle debolezze umane che, pur cambiando i contesti e i tempi, finiscono sempre per assomigliarsi? Ardua davvero la sentenza per ulteriori posteri.

Qualunque sia la risposta, ci rimane il ricordo di questo attuale "zolfataro" delle ridicolaggini umane che, a ottanta anni dalla sua consacrazione presso l’Accademia di Svezia, riuscì a consegnarci una descrizione minuziosa, ironica e reale di una società che si affacciava su un’alba pronta ad una nuova guerra.

A voler essere pignoli, uno, nessuno e centomila Mattia Pascal in cerca di un autore che riconsegni loro un po’ di dignità. La stessa che ci commosse attraverso gli occhi di Ciàula al cospetto di una splendente luna, che lo mantenne "caruso" a vita. Un atto di coraggio che l’uomo ha smarrito, forse per sempre, nel buio della propria miniera.


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