OSPEDALE G. DA PROCIDA di SALERNO si trasforma in “CASA dei RISVEGLI dal COMA” e Centro di Riabilitazione


...la storica struttura sanitaria cittadina manterrà la sua altissima valenza sociale.


di Enzo Maddaloni pubblicato il 3 dicembre 2008

Sono ormai oltre due anni che l’Associazione GLI AMICI DI ELEONORA promuove in Campania "azioni di buona salute" a favore della realizzazione di - almeno - una “CASA DEI RISVEGLI DAL COMA”.

Alcuni giorni fa la Regione Campania ha votato la Legge di Ripiano per il rientro della Spesa Sanitaria Regionale riorganizzando tutta la rete ospedaliera ed istituendo - tra l’altro - una CASA DEI RISVEGLI dal COMA nell’Ospedale Giovanni Da Procida di Salerno, una delle più belle e storiche strutture sanitarie della Città. L’ospedale accoglierà quindi: 12 posti letto residenziali di Hospice; 25 p.l. di Riabilitazione pneumologica e polispecialistica; 20 p.l. di Lungodegenza; 10 p.l. per la Casa dei Risvegli dal Coma; 25 p.l. di Pneumologia.

Il Piano è ora all’attenzione del Governo Nazionale che non potrà fare altro che approvarlo considerato le norme sulle autonomie regionali in materia di federalismo.

Questa è la proposta che l’associazione avanza per la realizzazione della Casa di Risvegli ispirandosi al modello della Casa dei Risvegli di Luca di Bologna.

Nella Casa dei Risvegli potranno essere accolti solo pazienti con un potenziale evolutivo riabilitativo, anche se prognosticamente povero o a bassa probabilità, con esclusione quindi dei pazienti con SV da anossia prolungata e con indici neurofisiologici predittivi di prognosi estremamente severa.

Conformemente alle evidenze disponibili circa i potenziali di modificabilità della situazione relazionale e funzionale, sono accolti solo pazienti con una insorgenza del coma da non più di 9 mesi se ad eziologia traumatica (le probabilità di evoluzione tendenzialmente si azzerano dopo 1 anno e da non più di 3 mesi se ad eziologia ipossica o vascolare (le probabilità di evoluzione tendenzialmente si azzerano dopo 3-6 mesi). Il prototipo abitativo deve essere organizzato sul singolo paziente e sulla possibilità di accogliere anche un familiare che entra nel processo terapeutico.

La struttura fisica è caratterizzata dalla residenzialità temporanea con moduli abitativi autonomi: minialloggi individuali con spazi giorno e notte, integrati da spazi comuni di soggiorno, attività di socializzazione, attività di comunità, laboratori diagnostici, sale terapeutiche (motoria, occupazionale, cognitivo/espressiva).

Poiché il ruolo attivo e consapevole dei familiari è cruciale sia in termini di relazione che di mantenimento dei ritmi e riti della vita quotidiana, viene assicurata la possibilità di una convivenza continuativa in condizioni di comfort adeguato, la agibilità di eventi e luoghi che agiscano come sincronizzatori della vita familiare ed il rispetto dei bisogni di autonomia e privatezza sia del familiare che del paziente.

Si persegue pertanto il massimo grado di personalizzazione del contesto riguardo agli oggetti, disposizioni, organizzazione dello spazio che sono riferimenti biografici che consentono di riallacciare i fili della storia interrotta. I punti di riferimento abituali, persone e cose, consentono di mantenere il "rito" che produce emozione e conferma l’identità, soprattutto in una fase talora definita di "risveglio nell’estraneità", che si traduce in una mancanza di stimolo.

I degenti non sono considerati “malati” ma persone con alto bisogno di assistenza e di riabilitazione. Viene applicato un modello paradomiciliare in ospedale, fondato sulla priorità delle relazioni di care e conseguente centralità gestionale della famiglia. Il personale sanitario e assistenziale opera in modalità sussidiaria sulla base di un esplicito “contratto di assistenza”, formale e rivedibile periodicamente, con l’eccezione dei processi eventuali di diagnosi e cura per eventi intercorrenti di malattia.

L’organizzazione della componente sanitaria e assistenziale professionale segue i principi della interprofessionalità, del lavoro in team, dell’assistenza per obiettivi e della relazione di aiuto. Le procedure operative si uniformano ai principi della regolazione sensoriale.

La componente sanitaria assicura le migliori procedure tecniche e assicura altresì un ruolo di consulente “esperto” con finalità informative ed educative. Questo modello prepara alla assunzione graduale, responsabile e consapevole, delle funzioni di care giver dopo la dimissione. Il familiare quindi non è solo parte del team professionale che definisce e realizza il progetto riabilitativo individuale, ma è organizzatore in prima persona del ritmo e del rito quotidiano e delle relazioni di “care”.

La permanenza si allontana radicalmente da una degenza intesa come "tempo passivo" in attesa di fasi delimitate di attività rieducative nell’ambito di settings standardizzati. La quotidianità si modella sul principio di un "ambiente terapeutico", dove tempi e spazi sono definiti da programmi integrati di attività sulla base di un progetto individuale. I programmi dovranno essere flessibili ed in grado di organizzare l’intera giornata, superando la dicotomia fra tempo assistenziale e tempo terapeutico verso un unico tempo riabilitativo, organizzato secondo ritmi riconoscibili ed accettati.

La "nuova" famiglia sarà cosi composta sia dal familiare che dal fisiatra (neuroriabilitiva), dall’infermiere adeguatamente formato nel nursing riabilitativo, dall’assistenza sociale, dal Terapista di Riabilitazione motoria, dal Terapista di Riabilitazione neuropsicologica e cognitiva, dallo Psicologo.

Un’assistenza orientata all’assistenza agli aspetti motivazionali, relazionali e comportamentali del paziente, al supporto alle famiglie ed agli operatori, terapia occupazionale, per lo sviluppo delle risorse della persona e per lo studio di soluzioni facilitanti che amplino le possibilità di comportamenti attivi, musicoterapica, comico terapia e laboratori teatrali, educatore, per il recupero dell’identità e della storia personale e la ricostruzione di un progetto di vita.

Qui, il modello di casa preso a riferimento:

http://www.casadeirisvegli.it/cmx/htdocs/sezioni.php?op=view&key=IDSEZIONE&keyvalue=1

Alcuni dati Statistitci

In un anno in Italia purtroppo si registrano:
- 10mila traumatizzati cranici, da lievi a gravi, per milioni di abitanti (circa 600mila); di questi, mille per milione di abitanti (circa 60mila) devono essere ricoverati in terapia intensiva e altri 20mila rimangono feriti in maniera meno grave;
- 10mila l’anno circa i morti per trauma cranico grave;
- 40mila circa gli invalidi gravi a seguito di trauma cranico 3-7 giorni la degenza media in Rianimazione; costo pro die a pazienti 3-4 milioni di lire dai 30 ai 120 milioni di lire il costo di un trattamento riabilitativo per un traumatizzato cranico grave.

Attualmente (dato riferito al 2000) in Italia sono dalle 600mila alle 800mila le persone che devono convivere con esiti importanti da trauma cranico.

Nel 1991 furono 150.653 gli incidenti stradali con 4.640 morti (circa 20 al giorno), 111.885 feriti (uno ogni quattro minuti circa) e più di 50mila invalidi (5-6 ogni ora) Tra i giovani tra i 16 ai 25 anni che uscivano dalle discoteche ci furono 104 morti e 88 feriti (sopratutto dalle 4 alle 6 del mattino); in testa la Lombardia (24 morti, 36 feriti) e l’Emilia Romagna (23 morti, 7 feriti). Se fossero state rispettate le norme di sicurezza e prevenzione, in questo contesto sarebbero stati "evitabili" 1.500 morti; 100mila feriti e 30mila invalidi.

Nel 1998 l’Italia era al terzo posto in Europa dietro Germania e INghilterra per numero di incidenti stradali e morti: i decessi sono stati 5.867 e 293.483 feriti. Ci sono state 736 vittime di sabato sera e 696 di venerdì sera; per 323 si è potuto accertare che erano in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe.

Dal 1980 al 1995 mentre in molti paesi gli incidenti sono diminuiti (Francia -46%, Inghilterra -7.8%, Olanda -13.6%, Austria -15%) in altri paesi sono cresciuti (Portogallo +42%, Spagna +23%, Danimarca e Irlanda +19%). In Italia sono cresciuti del 11.6%, Ovunque sono però diminuiti i morti poichè i veicoli sono più sicuri e le strade sono migliorate, ma è cresciuto il numero di traumatizzati cranici.

In un anno nell’Unione Europea:
- 50 mila morti per trauma cranico;
- 1 milione di ospedalizzazioni
- 250mila pazienti con invalidità più o meno grave In un anno in Francia:
- 5 mila traumatizzati cranici gravio; di questi circa 200 rimangono in stato vegetativo persistente
- 100mila circa sono attualmente gli invalidi gravi a seguito di traumi cranici

In un anno negli USA:
- 1 milione e mezzo circa di traumatizzati cranici;
- il 50% circa necessita di un ricovero in ospedale;
- il 24% dei TC infantili è dovuto ad investimento in strada

Dei pazienti inizialmente ricoverati in ospedale (750.000circa):
- 88.11% dei pazienti ritorna a casa (750.000 circa);
- 5.5% rimane a carico delle istituzioni (41mila circa);
- 3.7% decede (27mila circa);
- 2.7% ha ancora bisogno di ospedale (20mila circa);

venti anni fa c’era una sola struttura riabilitativa dedicata ai TC (in California), ora ve ne sono 700 la spesa anuale per i TC è di 25 bilioni di dollari (dato 1993);

Negli USA l’incidenza dei TC è al 3° posto delle patologia neurologiche; la sua incidenza è molto più alta della sclerosi a placche e delle distrofie muscolari.

Il 10 dicembre alle ore 16,30 l’associazione si incontrerà con gli Operatori della Struttura Sanitaria G. Da Procida di Salerno per illustrare nel merito il modello della "nuova" CASA dei RISVEGLI.

Info: http://www.gliamicidieleonora.com/


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