Giorgia “Calimera” si recò in carcere per chiedere conto dei brutali fatti di Roma a Castellino “Ciucciavino”...
Giorgia “Calimera” si recò in carcere per chiedere conto dei brutali fatti di Roma a Castellino “Ciucciavino”, indosso una maglietta con la scritta NEL DUBBIO MENA, ricevette una dura risposta: due tumpulate, una a destra e l’altra a sinistra, in una sequenza impressionante. Giuliano le disse: “Calimera, calimera … non sono un santo, né un criminale, né buono, né bello, né sempre e solo un teppista … te la sei cercata …” e giù un altro pugno in testa.
Giorgia, indolenzita e dolorante, espresse tutta la sua preoccupazione perché avrebbe dovuto scontrarsi con gli ambienti politici e non sapeva come fare. La bocca amarissima, sorpresa dalla manifestazione fisica del male, tesa e contratta, con la pancia in subbuglio, si scoprì sprovveduta e immatura, ignorava che il pianto coinvolge tutti i muscoli. Il cuore aveva preso la sua strada, fuggiva, batteva troppo e non andava più a tempo. Sul petto un peso atroce, sentiva che dentro di sé tutto si andava disfacendo. Sbatteva le palpebre continuamente e si sforzava di nascondere le lacrime.
“Mi trovo al centro di una pubblica opinione che ad ampio raggio mi attesta la sua stima e lo Stato che vuole affidarmi la tranquillità della sua esistenza e mi ritrovo a dover combattere e debellare questi imbecilli: i nuovi fascisti. Guarda un po’ … Sono scossa dal vostro peggiore attivismo. Avete voluto colpire le istituzioni attraverso una delle sue sedi più autorevoli. Che vergogna. Come posso tacitare l’irritazione dei partiti?”
“Abbiamo dato prova della vulnerabilità degli apparati di sicurezza dello Stato e segnato un salto di qualità”.
“Ma vi rendete conto che se la situazione precipita mi ritirano le credenziali, altro che green pass. Te lo dico chiaro e netto: la vostra lotta perché dovrebbe interessarmi? A me devono interessare i mezzi e i poteri per vincere nell’interesse dello Stato. Altro che servire il popolo: io non servo nessuno. Non fatemi dire di più. In questi anni avete accumulato soldi e potere senza che abbia fatto niente per impedirvelo, anche quando avete utilizzato mezzi illeciti”.
Il rischio è che si innesti un fattore potente di crisi all’interno del sistema di potere. “Giorgia respira a lungo e bevi un sorso d’acqua. So che il dolore è scuola crudele, mentre il lutto può essere violento, ma nel dolore bisogna trovare le parole giuste che spesso falliscono. Devi abbandonare la zavorra dei pregiudizi e le visioni manichee. Il fenomeno è complesso: non lo puoi ridurre a una semplice generalizzazione al “tutto rosso” o “tutto nero”. La nostra forza è vecchia, altra che nuova; un’aggregazione spontanea di individui molto passionali. Naturalmente con una forte connotazione ribelle e antagonista al sistema, trasversale ed eterogenea. Incarniamo le logiche di una dicotomia forte e filtriamo la realtà con le lenti della contrapposizione amico/nemico.
E’ uno stereotipo dire che io sono disoccupato, violento, deviante, dipendente da alcol e droga. In me c’è tanta umanità, fratellanza e socialità. Faccio parte di una comunità dove si identificano donne e uomini, simboli e colori.
Apparteniamo a una storia. Io bevo acqua calda e ti invito a farlo perché da qualche parte ho letto che può prevenire il contagio, ma se non altro è una pratica innocua. Da tempo, non a caso all’alba, faccio il bagno in un concentrato di acqua e sale. Sono un ribelle, un rivoluzionario, un fuorilegge, un partigiano, un bandito radicale e mascalzone, ma non darmi dell’emarginato sociale, se non addirittura del criminale. Sono un idealista che in alcune occasioni può diventare un duro, un estremista, ma sui social mi segue un numero sempre crescente di atleti e appassionati. Mi consideri un coglione degenerato, senza un vero scopo nella società? Lo sai bene che sono un gladiatore neofascista addestrato a picchiare da quando avevo sei, sette, otto anni. Un’evoluzione dell’antico pancrazio greco. Porto la scritta DUX tatuata su un braccio e una svastica sulla coscia e mi puoi anche chiamare “fascista marziale misto”. La violenza insita nell’uomo va convogliata nella realtà, lo so bene e posso dirlo io che subito dopo essermi sfogato divento mite, mi trasformo in una persona apprensiva e giusta”. Infervorato, trasportato dalle sue argomentazioni e vagamente divertito Giuliano se ne uscì con: “Giorgia tu sei una donna delicata con una espressione infantile negli occhi … ma pensi davvero che io sia Lucifero?”
La seduta, finito il tempo a disposizione, si sciolse con Giorgia “Calimera” e Castellino “Cicciuvino” a cantare: Il domani appartiene a noi, l’inno più tradizionalmente neofascista per ritrovarsi duri e puri.