Chi si cela dietro il mobber?: intervista a Lucia Astore


Dalla semplice emarginazione alla diffusione di maldicenze; dalle continue critiche alla sistematica persecuzione; dall’assegnazione di compiti dequalificanti all’impedimento dello svolgimento del proprio lavoro;


di Vincenzo Raimondo Greco pubblicato il 27 aprile 2005

dalle ritorsioni sulle possibilità di carriera allo scarso riconoscimento delle qualità lavorative fino a giungere alla compromissione dell’immagine sociale: sono le variegate forme che il mobbing può assumere sul posto di lavoro. C’è chi sa resistere agli assalti del mobber e chi, invece, ne fa una vera e propria malattia che si manifesta sotto forma di depressione, ansia, crisi di panico e che, nei casi estremi, porta al suicidio. Secondo la prima ricerca condotta in Italia da Herald Ege il numero di lavoratori vittime di mobbing si aggira intorno ad un milione e mezzo, pari al 4% della forza lavoro, mentre sarebbero 5 milioni le persone coinvolte nel fenomeno, in veste di spettatori, amici e familiari dei soggetti direttamente interessati. Sull’argomento abbiamo ascoltato il parere di Lucia Astore, neurologa e psichiatra forense e presidente dell’associazione Mobbing D.I.C., la prima sorta nella Regione Toscana.

Dipendenti della pubblica amministrazione, lavoratori del settore privato e, persino, militari: il mobbing ha esteso i suoi tentacoli ovunque. Come spiega questa sua improvvisa ed ampia diffusione?

Il mobbing è esistito da anni anche se solo oggi è diagnosticato a livello clinico. Un ruolo fondamentale è stato svolto dai mass media, soprattutto dalla televisione, che hanno portato alla divulgazione del fenomeno. Elemento molto importante ma, al tempo stesso, rischioso.

In che senso?

Quando si parla di mobbing bisogna pensare a malversazioni in ambienti di lavoro; purtroppo la divulgazione a cui accennavo ha portato, talora, a delle confusioni diagnostiche ed interpretative. Esiste un parametro di misurazione di tipo medico che consente di poter definire lo stato di mobizzato? Noi ricorriamo sia a dei colloqui clinici, sia a dei test di personalità per autenticare il sintomo nevrotico che viene offerto. Noi stessi utilizziamo il mobber-test fatto dai nostri psicologi. E’ un test specifico che guarda alle problematiche del lavoro e allo stress conseguente a questo tipo specifico di tipologia. Praticamente dà una conferma, una garanzia che il sintomo nevrotico, ansioso depressivo, presentato dal soggetto in esame, sia in relazione all’elemento lavorativo.

Ci faccia un identikit della vittima-tipo?

La vittima è una persona che ha una altissima dignità del lavoro, che tiene a se stesso e ai risultati lavorativi. E’ una persona che non vive di alibi, di sotterfugi, di situazioni per evitare il lavoro ma che si dedica completamente alla propria attività. In sostanza è quello che fa crescere l’azienda; quindi la vittima è colui che ha la dignità del lavoro. E’ un concetto universale.

...e del mobber?

Finora tutto era finalizzato a studiare la personalità della vittima. Oggi si studia la personalità del mobber che, spesso, non è una persona forte. Una persona che crea uno stato vessatorio, anche in una strategia aziendale, è, infatti, un soggetto che ha dei problemi. Una soggetto, quindi, con una caratteristica personalità. Questo è importantissimo perché prima era sempre visto come una persona con dei limiti personologici molto precisi. Le ultime sentenze, invece, stanno approfondendo il discorso dell’indagine della personalità del mobber. Ciò significa che viene identificato come una personalità ben specifica e non generica.

In Senato vi è un disegno di legge sul mobbing, cosa cambierà in positivo rispetto alla normativa precedente?

A mio avviso ci sarà una grossa tutela per l’azienda e per il lavoratore. Quando parlo di tutela dell’azienda e del lavoratore parlo di due cose molto vicine fra di loro. L’azienda cresce automaticamente se ha dei lavoratori che sono contenti e si dedicano al lavoro con un certo profitto. In un momento in cui la disoccupazione è un fenomeno comune, una aspetto estremamente importante della nostra vita, diventa fondamentale una organizzazione efficace, e quindi la collaborazione tra datori di lavoro e persone che sono inserite nell’azienda come lavoratori. Anche la legge regionale, che tenderà ad approfondire gli aspetti preventivi del fenomeno, si inserirà in questo discorso aziendale e quindi nella crescita delle potenzialità lavorative dei soggetti.

Vincenzo Greco Oltrenews.it/Girodivite.it


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