Caso Scieri: né giustizia né funerali di Stato

mercoledì 2 giugno 2004, di Redazione

La "giustizia" chiude il caso Scieri, uno dei tanti "morti di naja" del nostro glorioso esercito. Girodivite ha pubblicato tempo addietro un Dossier sui morti di naja.

di Agostino Spataro*

In tempi di eroismo a buon mercato, il mondo sembra essere in attesa di un super-eroe capace di ristabilire un ordine nel sistema di valori che giustificano le onorificenze militari e civili.

Mai, prima di questa guerra irachena , la propaganda bellica e politica aveva fatto un così facile ricorso all’eroismo, forse perché a corto di argomenti convincenti. L’eroismo, dunque, come valore diffuso, da attribuire preferibilmente ai caduti. Non ci sono eroi vivi che possono raccontare come è andata.

Come ho già avuto modo di scrivere, dopo l’attentato di Nassiriya, i caduti di questa guerra (in gran parte siciliani e meridionali), sono, prima di tutto, vittime del lavoro che manca nel Meridione e delle ristrettezze tipiche delle famiglie monoreddito.

Perciò non stupisce che tale propaganda non ha considerato eroica la morte del giovane parà Emanuele Scieri, 23 anni, da Siracusa, avvenuta non in Iraq ma in Italia, all’interno della caserma Gamarra di Pisa, a causa di un gravissimo atto di "nonnismo".

Una morte assurda e archiviata, anche se la procura militare di La Spezia non esclude "possa essere ricondotta nella forma dell’omicidio colposo o preterintenzionale alla responsabilità di determinati soggetti dei quali comunque non è stata possibile l’identificazione".

Non sono bastate, dunque, tre inchieste e le clamorose denunce della stampa per individuare i responsabili dell’atroce delitto, per rendere giustizia alla famiglia del povero Emanuele e per rasserenare l’opinione pubblica rimasta molto turbata dall’episodio.

Insomma, mentre la magistratura italiana indaga per individuare (e processare) i responsabili stranieri delle morti in Iraq, in Italia si archiviano le inchieste per questo atroce (per quanto "colposo") omicidio, avvenuto in territorio nazionale, all’interno di una caserma dell’Esercito italiano.

Si archivia - quasi ammette il procuratore militare di La Spezia- per mancanza di testimonianze, di collaborazione, per una sorta di malinteso solidarismo cameratesco. Fra la magistratura inquirente e l’ambiente militare interessato dal delitto è stato eretto un muro di omertà (non c’è altro termine) che certo stride con le tradizioni di lealtà e di giustizia delle forze armate repubblicane. Eppure non si è trattato del classico secchio d’escrementi, ma di qualcosa di terribile e di atroce. Una morte violenta, drammaticamente vissuta dal povero parà siciliano, provocata- come si paventa nell’inchiesta- da qualcuno che, per gioco, avrebbe "indotto" Scieri a gettarsi da un pilone alto almeno dieci metri e, per risultare più convincente, quel "nonno" ignoto (solo uno?), sempre per gioco, gli ha fracassato le dita delle mani, disperatamente aggrappate ad un sostegno in un estremo sforzo di salvezza. Che scena edificante!

"Fu e come fu fu", si potrebbe dire mutuando un lugubre motto che connota i comportamenti omertosi ingiustamente attribuiti ai soli siciliani.

Tutto archiviato, dunque. Formalmente è a posto la farisaica falsa coscienza di chi facilmente s’indigna per chi muore in terra d’occupazione e tace per una morte atroce avvenuta in casa propria. E così, per il povero Emanuele Scieri, da Siracusa, né giustizia né funerali di Stato.


* Agostino Spataro, ex deputato, membro della Commissione Difesa della Camera.


Redazione

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