AAA, parchi svendesi

domenica 22 luglio 2007, di Redazione

L’ assedio da parte degli interessi dell’impresa privata e le pressioni locali hanno stravolto le finalità ed compiti degli enti gestori segnalando la svendita dei parchi. Una chiave di lettura per comprendere i problemi dei parchi italiani tra pubblico e privato. Un articolo di Antonio Bavusi.

L’impresa privata, storicamente concessionaria a vario titolo dello sfruttamento delle risorse naturali del Paese, mira oggi ad occupare e sfruttare questi territori, secondo un modello espansionistico distruttivo finalizzato alla rendita ed al profitto. Nel dopoguerra,l’IRI, l’ENEL, L’ENI ed altre grandi imprese di Stato detenevano gran parte della proprietà di monti, laghi e coste per le esigenze produttive più disparate. Gran parte di questi beni,ritornati allo Stato con la politica degli anni 80 e 90, ha reso possibile la realizzazione del sistema delle aree protette italiane, ferme, sino a quegli anni, al periodo fascista.

La storia è utile per ricollegare le battaglie per la protezione della natura in Italia, di cui molti non hanno e vogliono aver memoria che andrebbe invece compresa in relazione alle nuove strategie del capitale privato che tende ad entrare in possesso di questi territori, secondo un modello espansionistico “neo feudale”.

Un attacco al sistema dei parchi italiani viene dalle società energetiche ma anche attraverso il cosiddetto pubblico interesse” che si esplicita in nuove forme di concessione e vendita di patrimoni pubblici, dietro cui si celano sempre interessi di parte. Gli enti locali, dopo aver ottenuto un maggior peso decisionale con la Legge n. 426/98, hanno assecondato per i parchi un modello produttivistico, trasformandone la funzione con enti gestori divenuti in molti casi doppioni di enti-fiera e agenzie di promozione. I localismi hanno quindi favorito la premialità politica e la logica di mediazione tra poteri ed interessi locali e nazionali, rispetto alla competenza ed alla professionalità decretando la fine degli scopi conservazionistici prevalenti dei parchi.

E’ significativo in proposito constatare come la nascita dei nuovi parchi, pochi negli ultimi anni, sia divenuta complicata. Veti incrociati, ripensamenti da parte degli enti locali, perimetrazioni e riperimetrazioni sempre più “a macchia di leopardo” mostrano una tela di Penelope basata sull’opportunismo. Evidenziano anche un conflitto tra interessi economici e tutela del territorio. Che i parchi non godano di attenzione, lo si coglie anche dalle varie recenti finanziarie, dove i fondi per i parchi vengono drasticamente ridotti. Così come scompaiono dai capitoli ordinari dei bilanci regionali, mentre si pensa di passare dagli enti parco ad altri organismi di gestione, non importa se “inutili”, come comunità montane o gestioni affidate a fallimentari agenzie private di sviluppo locale, riciclate per l’occasione.

Vale riportare quanto enunciato dall’art. 1 della Legge 394/91 che, in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali “ detta principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese”.

Ma cos’è il patrimonio naturale del paese?Ai fini della legge (comma 2) costituiscono il patrimonio naturale le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale. I territori nei quali siano presenti i valori di cui al comma 2, specie se vulnerabili, sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire, in particolare, le seguenti finalità: a) conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di pro cessi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici; b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare un’integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali; c) promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili; d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici. I territori sottoposti al regime di tutela (comma 4) e di gestione di cui al comma 3 costituiscono le aree naturali protette. In dette aree possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili.

Nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali (comma 5) attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 Luglio 1977, n.616 e dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n.142. Il rilancio delle aree protette italiane dipende dunque dalla capacità di restituire centralità agli Enti Parco ed alla funzione prevalente della legge quadro di conservazione e valorizzazione. Dipende anche dall’irrinunciabile obiettivo di perseguire uno sviluppo coerente con i principi istitutivi dell’area protetta, ad iniziare ad esempio dall’applicazione incondizionata (non compensativa) della legge quadro in materia di aree protette che prevede l’accesso preferenziale ai finanziamenti pubblici da parte di quelle comunità che ricadano nei territori protetti.

Sarebbe quindi necessario rivedere il criterio delle compensazioni ambientali, attuate attraverso pareri VIA e di Incidenza, di frequente “monetizzati” solo per garantire, attraverso il ricatto sulle comunità locali, la realizzazione delle opere.

Un mappa non definitiva della natura violata

Una mappa, certamente non esaustiva, delle emergenze ambientali che riguardano i parchi nazionali e regionali, è desumibile dalle segnalazioni dei comitati, associazioni e cittadini. Dalle montagne alpine dei ricchi a quelle dei poveri del sud, evidenzia conflitti d’interesse e contraddizioni nelle programmazioni delle Regioni e dei diversi enti del territorio. Al sud sono prevalenti gli interessi delle società energetiche interessate allo sfruttamento delle risorse naturali dell’Appennino (vento, biomassa vegetale e petrolio) ed a nord quelli turistici (villaggi, seconde case, piste da sci, etc).

Vi sono sul banco degli imputati anche le grandi opere stradali e le infrastrutture che contrastano con le finalità dell’istituzione dell’area protetta. Quasi sempre i parchi vengono esautorati dalle decisioni di Regioni e Stato che addirittura, in diversi casi, autorizzano progetti in contrasto con le finalità del parco.

In Lombardia ed in Trentino, nel Parco Nazionale dello Stelvio, le emergenze riguardano le ripetute manomissioni della Cresta Sobretta e il disboscamento della Zona Santa Caterina Valfurva e nella Val Solda per la costruzione di seggiovie, impianti sciistici, nonostante la Convenzione per la protezione delle Alpi miri a salvaguardare l’ecosistema naturale per lo sviluppo sostenibile attraverso la tutela degli interessi economici e culturali delle popolazioni residenti dei Paesi alpini aderenti.

Nel parco della Valle del Ticino sono le infrastrutture a destare perplessità per gli effetti sugli ambienti naturali come il progetto dell’autostrada Broni-Mortara, autorizzato anche dal parco, e la bretella tra Baffalora – Malpensa con la realizzazione della terza pista aereoportuale milanese.

Anche in Veneto sono gli impianti sciistici a creare problemi, questa volta nel parco naturale Adamello Brenta in pieno comprensorio Pinzolo Madonna di Campiglio (Area SIC/ZPS) e nel parco nazionale Gran Paradiso in Piemonte-Valle d’Aosta con numerosi i progetti turistici e di seconde case, come il villaggio turistico a Valsavarenche. Nel parco regionale del Delta del Po, ai ben noti problemi idrici,si aggiunge quello della caccia che si intende autorizzare a privati in alcune aree cuscinetto (prato Budello).

Nel parco nazionale d’Abruzzo sono i progetti di realizzazione ed ampliamento di piste per lo sci che hanno disboscato ampie aree montuose. Stesso problema nel parco nazionale Foreste Casentinesi, nei siti della Rete Natura Foresta di Campigna, Foresta la Lama, Monte Falco. Nel Parco Gran Sasso Monti della Laga il piano d’area “Montecristo Scindarella” prevede impianti sciistici anche all’interno di SIC e ZPS, mentre nel parco regionale Sirente Velino sono gli impianti eolici e i campi da golf le emergenze prevalenti.

Nel Lazio, dove da enti autonomi gli enti parco rischiano la trasformazione in agenzie, si prevede di realizzare nuove piste per lo sci nel parco dei Monti Simbruini, mentre nella Riserva Decima-Malafede in area SIC è prevista la costruzione di una bretella autostradale del Corridoio Tirrenico Sud.

In Umbria si pensa di affidare la gestione dei parchi alle Comunità Montane, con altre opere stradali quali il cosiddetto “Quadrilatero” nel parco regionale di Colfiorito con una nuova lottizzazione nel parco fluviale del Tevere.

Speculazione edilizia che non risparmia il parco nazionale dell’Arcipelago Toscano mentre nel parco regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli è prevista la costruzione di un porto turistico (Marina di Pisa) con nuove speculazioni edilizie a fini turistici e seconde case.

Nel parco Nazionale del Pollino, la centrale a biomassa Enel brucerà oltre 350 mila tonnellate di legname da reperire, in base al parere positivo di incidenza rilasciato dalla Regione Calabria, nel territorio del parco. Assieme agli incendi ricorrenti, soprattutto nei mesi estivi, il fabbisogno elevato di biomassa mina la biodiversità delle foreste per le quali le Regioni Calabria e Basilicata autorizzano i tagli come è il caso del parco nazionale della Sila, ove in base a convenzioni tra comuni e privati viene attualmente prelevata la biomassa per le centrali del crotonese e del cosentino. Altri problemi riguardano lo stravolgimento architettonico di monumenti, come il Monastero S.Maria delle Armi, ove questa volta è addirittura un centro visita del Parco o a S.Maria di Costantinopoli, sul Fiume Lao, dove stravaganti restauri hanno sfigurato le caratteristiche del luogo. Sempre nel Parco Nazionale del Pollino, diversi sono i progetti di costruzione di impianti eolici che riguardano le Valli del Lao ed in Basilicata i versanti montuosi del Lagonegrese, con la minaccia rappresentata dalle compagnie petrolifere che, oltre in Val d’Agri, ove tengono bloccata la perimetrazione del parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, bussano alle porte del territorio protetto del massiccio calabro lucano e del parco regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane. Sempre nel P.N. del Pollino la FICK (Federazione Italiana Canoa e Kaiak) intende restringere in più punti il fiume Lao per rendere più impetuose le acque mentre a monte, sempre Enel, vorrebbe realizzare, oltre alla centrale a biomassa, uno sbarramento artificiale.

Sempre in Basilicata, in Val d’Agri c’è la “spaccabasilicata”, una mega opera stradale (Lauria – Candela) inserita nella legge obiettivo con il stratosferico costo di 9 miliardi di Euro che impatterà assieme al petrolio sugli ecosistemi del parco e sulle risorse idropotabili della Valle ed il Lago del Pertusillo (area SIC) ove la Regione ha bandito un concorso di idee per la costruzione di un ponte inutile e impattante sull’ambiente naturale, mentre l’Enel, proprietaria del Lago Grande di Monticchio, intende vendere l’area e la Coca Cola, proprietaria dei territori delle acque minerali, ipoteca il futuro dell’istituendo parco regionale promesso dalla Regione da oltre 15 anni.

Impianti eolici sono previsti in Calabria nel parco delle Serre, mentre in Campania, l’area marina protetta Punta Campanella è minacciata dalla costruzione di porti turistici (Massa Lubrense, Piano di Sorrento). Nel parco regionale dei monti Picentini, l’Acquedotto Pugliese ha in fase di realizzazione la galleria Pavoncelli bis che, nel raddoppiare la portata dell’acquedotto, prosciugherebbe le sorgenti del Sele e del Calore Irpino, nonostante l’opposizione del parco dei Monti Picentini, mentre la Gas Plus ha richiesto la costruzione di un gasdotto che attraverserà numerose aree naturali del parco.

Nel parco regionale del Matese, in Campania, è l’abusivismo edilizio a farla da padrone, mentre per il parco nazionale del Gargano si chiede la riduzione del perimetro ( stessa situazione per il P.N. del Pollino) per permettere nuovamente la caccia, mentre il cemento dilaga sulle coste protette del promontorio pugliese. Anche i parchi nazionali di più recente istituzione si dibattono in problemi come quello dell’Alta Murgia in Puglia, dove le cave e lo spietramento assieme agli impianti eolici stanno stravolgendo il paesaggio murgico.


L’articolo di Antonio Bavusi è stato pubblicato su Pandosia.org. Ringraziamo l’autore e la redazione di Pandosia.


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