Calcio: chiuso per lutto

giovedì 8 febbraio 2007, di Elisabetta Corsini

Molti indicano l’Inghilterra come modello da seguire nella lotta ai teppisti: dopo la strage di Hillsborough dell’ 89 che causò 95 morti, furono varate leggi speciali: lì se un tifoso prova ad entrare allo stadio con un fumogeno...

Dopo la tragedia avvenuta fuori dallo stadio Massimino di Catania, dove l’esplosione di una bomba carta ha causato la morte dell’ Ispettore capo Filippo Raciti, assistiamo ad una serie di dichiarazioni da parte di esponenti del mondo politico e sportivo: il commissario della Figc Luca Pancalli parla di sospensione del campionato a tempo indeterminato, il ministro dello Sport Giovanna Melandri è per l’adozione di una linea dura, così come Prodi e Amato. Tante parole, peraltro condivisibili, pronunciate sull’onda dell’emotività e della commozione per la morte di un giovane che ha perso la vita mentre svolgeva il suo lavoro. Il calcio si ferma, almeno per un po’, il tempo almeno per metabolizzare un’altra vittima. Pochi giorni prima il dirigente di una società dilettantistica, Licursi della Sanmarinese è stato ucciso a calci da due giocatori, ma in quel caso i leader del calcio e della politica non hanno ritenuto opportuno spendere qualche parola in merito: evidentemente non tutti i morti sono uguali, e non tutti fanno notizia.

Ma quali sono le misure drastiche che si potrebbero adottare per evitare che tali tragedie si ripetano? Molti indicano l’Inghilterra come modello da seguire nella lotta ai teppisti: dopo la strage di Hillsborough dell’ 89 che causò 95 morti, furono varate leggi speciali: lì se un tifoso prova ad entrare allo stadio con un fumogeno o più in generale con un’arma impropria viene fermato, processato e condannato. In Italia il massimo della punizione è che la domenica successiva non puoi andare alla partita… Ma non di più perché, si sa, son ragazzi…

Ma perché in Italia le pene verso i delinquenti degli stadi sono così morbide? Perché la polizia non riesce a gestire un manipolo di violenti esagitati? Forse perché i nostri ultrà sono più cattivi degli hooligans? Proviamo a ricordare le immagini del G8 di Genova, quelle dei manifestanti ingiustamente massacrati dalle forze dell’ordine, che in quell’occasione usarono la mano pesante anche con chi era andato lì pacificamente, e paragoniamole alle immagini viste tante volte fuori e dentro gli stadi. Chi sono dunque questi ultrà intoccabili e ingestibili? Quelli che vanno allo stadio scortati dalla polizia, magari su pulmann speciali o su treni che devastano sistematicamente senza pagare i danni. Che possono picchiare, insultare, inneggiare al nazismo. Perché non vengono fermati, schedati, processati e mandati in galera? E soprattutto quali sono i rapporti fra le società e le tifoserie organizzate?

Fino a che le società calcistiche continueranno ad avere rapporti con questi criminali travestiti da tifosi e lo Stato starà a guardare perché gli interessi dei potenti non si toccano, la violenza non si fermerà mai, e tutte le dichiarazioni di cordoglio e sdegno che abbiamo sentito in questi giorni non saranno altro che vuota retorica e pura demagogia. Proviamo a delegare il problema della sicurezza alle società, privatizziamo gli stadi e facciamo pagare a loro il servizio d’ordine pubblico: magari potrebbero contribuire alle spese anche i calciatori devolvendo una piccola percentuale dei loro enormi guadagni.

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Elisabetta Corsini

:.: Città invisibili

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