Il Clown Dottore...

martedì 5 settembre 2006, di Enzo Maddaloni

ll Clown Dottore non fa dunque animazione, ma opera il cambiamento terapeutico utilizzando la clownerie, la magia, il gioco comico o poetico, come metafora terapeutica per far scaturire l’energia vitale del ridere

La figura del Clown, e qui ci metto anche un pò della mia “aspirazione” a diventare Clown Dottore, è legata alla storia ed al mondo del circo la quale a sua volta, ha radici molto più antiche, radici che sono da ricercarsi in tutti quei personaggi che nella storia, hanno avuto l’arduo compito di far ridere e di esorcizzare la realtà e tra loro spiccano il giullare di corte e lo sciamano.

La stessa storia del Gobbo di Notre Dame, brutto e goffo, a cui si affida il potere per un giorno, affonda la sua storia proprio nelle tradizioni popolari in cui c’era l’usanza di affidare, anche se solo per un giorno, allo "scemo del villaggio", il ruolo del “comando” diventando così giullare e quindi figura a cui è permesso tutto “tanto e scemo” ed è sempre ( e solo) qui che possono arrivare, in maniera indolore, i cambiamenti.

Prima però di parlare del Clown Dottore ed anche del percorso con il quale sono arrivato ad aspirare a ciò vorrei, insieme a voi, fare un piccolo passo indietro.

Il Clown, così come lo intendiamo noi oggi, risale al 1800, nel loro libro, “la Terapia del Ridere” Ed. RED, Sonia Fioravanti (Psicoterapeuta) e Leonardo Spina (Gelotologo) tracciano una breve storia “dell’arte” che la risata ha avuto attraverso anche il “trasferimento sulla carta” diventando satira politica e di costume, anche se in molti casi “...dovendo sottostare a regole mortificanti, perdendo la sua vera forza, liberatoria e terapeutica.....solo alla fine del secolo dall’Inghilterra sbarca il Clown (tale Andrew Ducrow con altri), portando con sé la novità e la duttilità di questa nuova figura, con la conseguente impossibilità di poterla incasellare; questa la motivazione per la quale il clown cominciò a trovare spazio in teatri di diversa natura, ma soprattutto in quegli spazi in cui si esibivano cavalli ed altri animali, prototipi dei circhi.”

Lucia Angrisani (Psicologa) nella sua tesi di laurea - sperimentale - sulla comico-terapia ci ricorda che “...di inglese a ben vedere il clown non ha molto, prima fra tutte la sua modalità di truccarsi, molto accentuata e grottesca, ed il nome, discendente probabilmente dal latino colonus - contadino, lo zotico inurbato che nella Commedia dell’Arte veniva chiamato Zanni - da Giovanni, o Zuanni, Zane; colui che sta mostrando le “zanne”, i denti, per il suo modo di ridere - (Pafundi, N, 1999). Le discendenze del clown quindi sono da ricercarsi per la maggior parte in Italia, in Spagna e nella stessa Francia, in quei servi sciocchi della Commedia quali appunto gli Arlecchini e i Pulcinella (Apollonio, M; 1982).”

Oggi tutti pensano che il padre della cosiddetta clown-terapia sia Patch Hunter Adams, ma questo non corrisponde alla realtà. Patch in realtà, raggiunge la sua popolarità attraverso il film con Robin Williams nel 1990, è un clown e un medico insieme, è un abile teorizzatore ed attivista della nuova ed importantissima frontiera della medicina, che oggi sintetizziamo nello slogan: “curare la persona, non la malattia”.

In effetti lui ha “usato” la figura del clown per avere, come medico, una veste accettabile da tutti. Patch Adams non utilizza, a differenza della nostra “scuola europea”, il termine “comico-terapia”, ma semplicemente individua la sua azione in un rapporto di “amore/amicizia” con l’ammalato, unico supporto, secondo lui, per “...la reale guarigione che è nell’anima ed è operata da una comunità in cui il paziente è integrato.”

Prima di Pach Adams già negli anni ottanta Michael Christensen (clown professionista) e Paul Binder decisero di portare il sorriso e la fantasia negli ospedali, fondarono così la "The Clown Care Unit" (l’unità di clown-terapia). Oggi questa fondazione senza scopo di lucro ha sviluppato le sue attività nel territorio dello stato di New York, dove è attiva con 90 "dottor clown" in otto ospedali e poi ad Atlanta, Baltimora, Boston, Chicago, Miami, New Haven, Seattle, Washington. La figura del clown ne esce vittoriosa, certo fare un “giro visite”, proprio come fanno i medici dovette sembrare all’inizio eccentrico, ma certamente efficace, poiché questa sana follia si propagò anche in Europa con le sue diverse “scuole di pensiero” come abbiamo visto nel caso di Pach Adams.

Nel 1990 Leonardo Spina e Sonia Fioravanti attivano a Roma (nei luoghi del disagio sociale) i primi laboratori di “Comicità è Salute” in Italia. Nel frattempo, nel 1991 nasce anche in “Le Rire Medicine” in Francia, due anni dopo Theodora in Svizzera e poi i Klinik Clowns in Germania ed Austria, poi in Olanda ed in altri Paesi. L’associazione “Ridere per Vivere” www.riderepervivere.it si costituisce ufficialmente solo nel 1995, dopo un lungo percorso ed esperienze sul campo. Oggi è una Federazione Internazionale ha sette sedi regionali in Italia ed una in Svizzera nel Canton Ticino.

Sonia e Leonardo nel loro libro la “Terapia del Ridere” sottolineano che “...il Clown Dottore non fa dunque animazione, ma opera il cambiamento terapeutico utilizzando la clownerie, la magia, il gioco comico o poetico, come metafora terapeutica per far scaturire l’energia vitale del ridere come emozione -sfondo e stato alterato di coscienza”. L’efficacia di questo tipo di intervento è straordinaria, proprio perché: “La medicina non è divertente, ma c’è molta medicina nel divertimento” (da A. ed L. Cowan).

Le modalità di intervento del Clown Dottore di Ridere per Vivere, sono sempre a stretto contatto con l’equipe della struttura o della corsia; lavora quasi sempre in coppia, un binomio che consente sia di improvvisare nella contraddizione del meccanismo di ruolo tra la figura del Clown “Augusto” che rappresenta la sregolatezza, con il Clown “Bianco” che al contrario è la regola; sia di operare su più fronti bambino/mamma o altra persona o parente; sia di sostenersi vicendevolmente in momenti difficili.

I due operatori ancor prima di indossare gli abiti da clown si recano nella stanza della caposala o del responsabile del reparto e s’informano sullo stato e il numero dei pazienti e sulla esistenza di casi particolari per poter calibrare l’intervento.

Sia Sonia che Leonardo nel loro libro ma anche Lucia nella sua tesi, riprendono l’aspetto metologico dell’intervento del Clown Dottore. Nella sostanza si può tracciare in estrema sinesi questo profilo: l’intervento dei Clown Dottori (coppia), che inizialmente è di distrazione, mette in moto un meccanismo psicofisiologico molto più profondo, studiato in ipnosi clinica, detto della dissociazione, secondo il quale l’investimento emozionale su stimoli esterni diversi dal proprio corpo (ad esempio le bolle di sapone soffiate dal Clown, una gag...), porta ad uno spostamento dell’attenzione e ad una particolare focalizzazione della coscienza sullo stimolo stesso. "...Possiamo dire che si crea un vero e proprio stato alterato di coscienza e un distacco dal corpo, nel quale la percezione fisica del dolore viene ridotta o eliminata....".

Il lavoro del clown-dottore abbraccia quindi tre competenze strettamente legate: •Artistica; •relazionale (ascolto, percezione del contesto, relazione con il personale medico, comprensione della struttura familiare e delle necessità del bambino e delle sue figure di riferimento) •terapeutica (la comicità come terapia e come differente visione del mondo).

Alessandra Farneti, Professore Associato presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna, si è occupata del recente fenomeno dei clown negli ospedali e nelle situazioni di disagio. E’ nata l’idea di organizzare un Corso di Alta Formazione Universitaria dal titolo “Il clown al servizio della persona” per la preparazione di laureati che intendano usare il clowning in situazioni di disagio o come training psicomotorio nella scuola. Quindi si confermano e si delineano in maniera più ampia anche gli stessi ambiti in cui la figura del Clown Dottore e della "comino terapia" viene e può essere utilizzate, già molte esperienze ci confermano l’utilità nell’ambito della scuola, delle carceri, delle strutture riabilitative, ecc.

Non tutti però sono d’accordo che il Clown Dottore possa uscire "oggi" dalle Università o meglio da queste università (non è certo il caso dell’esperienza di Bologna a cui mi riferisco, anche a Roma è stato avviato un Master) ma, per tutta una serie di motivi che in questo caso non affronterò, accennando solo al fatto che la figura del Clown Dottore nasce sostanzialmente da un lungo percorso personale che diventerebbe “forzato” se semplicemente portato in campo universitario senza le dovute “regole” o meglio se volete con la "sregolatezza" infinita della "costruzione di questa "figura altamente professionale".

Su queste motivazioni a Dicembre del 2005 a Roma si è costituita la Federazione Nazionale dei CLOWN DOTTORI http://www.clowndottori.it/fnc/main.html

Nel campo della Gelotologia e della Comicoterapia diventa sempre più forte l’esigenza di tutelare non solo l’utenza, nell’offrire “professionalità”, ma anche per coloro che vogliono fare di questa scelta una vera e propria professione con diritti e doveri, oneri e onori, anche se (putroppo) molti credono, ancora oggi, che possano bastare poche ore, una parrucca, un naso rosso e qualche ora passata in un ospedale, per poter inviare dei volontari in corsia (essere volontari, a parità di "mansioni", non significa essere meno formati) o Clown Dottori.

Sonia, Leonardo e la stessa Lucia nella sua tesi ci ricordano che: "..bisogna avere consapevolezza del “potere” che si ha in quel momento, della forza che ha il clown nello “sdrammatizzare” l’iter ospedaliero, nell’esorcizzare le pratiche mediche, nel rendere possibili dei comportamenti che solo al clown (che diventa il mezzo, o il prolungamento di noi stessi) possono essere concessi."

Le competenze che un clown dottore deve avere sono quindi sia artistiche sia psicologiche. Nella formazione di Ridere per Vivere le ore si alternano, si cerca di insegnare le arti della clownerie come metafore terapeutiche; è importante l’ascolto, l’osservazione, l’empatia, per capire che tipo d’intervento è più appropriato, non solo in base all’utente con il quale si sta lavorando, ma anche all’esigenza che in quel momento è maggiormente emergente.

Sonia Fioranti e Leonardo Spina comunque tengono a precisare che “..i Clown Dottori non sono i “forzati della risata”, in certe occasioni il riso e persino il sorriso appaiono francamente fuori luogo, stonati. L’esempio limite è dato dall’imminenza dell’evento estremo.....Lì il Clown può togliere il naso rosso e restare, se è il caso, lì a disposizione nell’autenticità del suo essere persona. Spesso, in queste situazioni, dato il rapporto affettivo preesistente è la famiglia a chiedere conforto al Clown, a maggior ragione fuori dal suo ruolo. Sono momenti di un’intensità emotiva quasi insostenibile e può essere di conforto soltanto la consapevolezza di una condizione trascendente della vita. C’è da ricordare che questi operatori, come qualsiasi altra persona che lavora a contatto con gli individui ( insegnanti, operatori sociali, medici, infermieri...) lavora con e sulle emozioni, sia sue che quelle del paziente.”

Il Clown-persona-Dottore quindi fa un percorso su sé stesso; per questo é indispensabile avere coscienza della propria storia di vita, e saperne gestire gli eventuali riflessi nel presente. “....i clown dell’Associazione Ridere per Vivere sono invitati a tenere un diario dei propri interventi (è un primo immediato momento di elaborazione), a commentare con il compagno (Clown) l’intervento scambiandosi i reciproci vissuti, ricevendo una supervisione psicologica periodica”. Lucia Angrisani (Psicologa ed aspirante Clown Dottore di Ridere per Vivere) dice : “...nella mia tesi ho spiegato che la dimensione della finzione e del gioco in generale offre notevoli spunti per riflettere sul potenziale terapeutico della dimensione del racconto e della narrazione (in particolar modo nelle situazioni di lungo degenza). La Realtà, che ci appare come oggettiva, è sempre percepita da un punto di vista che è anche punto di vista narrativo, poiché i fatti e gli eventi si legano tra loro solo in quanto io, interpretandoli da loro un senso, un rapporto di causa-effetto ed uno sviluppo temporale. Fare un palloncino a forma di spada e lottare contro i mostri immaginari della fantasia di un bambino, che in quella occasione sono causa del suo male, nel periodo pre-operatorio, permettono al bimbo non solo di scaricare la sua “aggressività repressa” ma anche di dare un senso al suo star male; e attraverso la sua storia magari capire che con un po’ di pazienza, ed essendo un bravo guerriero, lui vincerà, magari non tutte le battaglie, ma la guerra!”

Ecco anche il “mio".. aspirante Clown Dottore si è trovato a verificare quanto sia vero tutto ciò:

Luglio 2006, Napoli, Ospedale San Paolo-Pediatria

Sto andando via con il gruppo di Volontari del Sorriso Enzo, Chiara e Stefano affiancati tutti dall’esperto Clown Dottor Follicchio (Diego - medico per davvero ma in incognita). Il Dr. Masini (pediatria), in servizio al pronto soccorso del reparto quel giorno, nel vederci passare davanti al Pronto Soccorso ci chiede se accompagniamo un bambino giù a fare un ecografia. Età 9 anni, bloccato sulla sedia a rotella da un forte dolore all’addome e/o dallo spavento (?) aveva avuto un collasso mentre giocava a pallone ...... Faceva molto caldo quel giorno a Napoli. Andiamo giù con l’ascensore io "Nanosecondo" e "Follicchio" e già li inizia il nostro intervento “Clown”.... dopo aver fatto l’esame diagnostico risaliamo. Ecografia addome negativa. Il disturbo permane. Dopo cinque minuti anche di giochi magici del Dott Follicchio con lui ancora seduto e sempre bloccato sulla sedia a rotelle, gli proponiamo di trasformare la sedia in aereo al suo si, iniziamo a farlo volare per il corridoio del reparto. Dopo un po’ ci dice: adesso spingo io! ...con il Dottor Follicchio ci guardiamo un’attimo interdetti anche noi ..... meravigliati della richiesta ci consultiamo un attimo e gli diciamo si! .. gli facciamo segno di scendere dalla sedia..adesso è lui che spinge prima me e poi il Clown Dottor Follicchio pilotando l’areo ....esce dalla sala del pronto soccorso il Dr. Marino - forse allarmato dal caos che si stava verificando fuori - e rivolgendosi alla mamma le dice: “...Signora... non si preoccupi... sa... Lui - e fa segno con il dito Follicchio - è medico per davvero lo sà!”.

A quel punto rivolgendomi (anch’io) alla mamma del bambino - ricapovolgo la situazione: “...a sì è vero ....Lui (Follicchio) è propretamente un Medico, ma sa com’è, voleva fare il Clown Dottore e siccome che il Dr. Marino... che è un Clown Dottore voleva fare il Medico si sono scambiati il posto ed i vestiti”. ...........sento tutto lo smarrimento della mamma......ripresasi dopo alcuni minuti di sguardi increduli nonostante lo sviluppo della situazione che si stava svolgendo sotto i suoi occhi...e rassicurata del risultato terapeutico dell’intervento di "comico-terapia" ...in rapporto alle visibili condizioni del figlio.........., che nel frattempo continuava a far volare Follicchio per il corridoio del reparto,......... mi guarda...... tra il preoccupato ed il serioso e mi fà: “...ma, scusate, io non ci capisco più niente! Mi dite per favore chi è il medico vero? Beh! ...comunque siete bravissimi,... complimenti! ...ma, come faccio per rintracciarvi se ho bisogno di voi ?". Gli risposi al volo: "Il sorriso non lo passa la mutua, siamo volontari....,.... in ogni caso...per qualsiasi cosa si rivolga al Primario!”

P.S. Il bambino fu ricoverato per ulteriori controlli, ci risulta che non gli sono state riscontrate patologie.


Enzo Maddaloni

:.: Città invisibili

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