Neve tutto l’anno

mercoledì 8 marzo 2006, di Piero Buscemi

La cronaca di Siracusa, in questi ultimi mesi, si è arricchita delle retate antidroga effettuate dalle forze dell’ordine. Una lunga scia di persone coinvolte. Tante, da poter parlare di supermercato della droga.

Li puoi incontrare tutte le sere. Se hai voglia di uscire dal guscio. Non occorre andare oltre ai limiti ideali della propria tranquillità domestica. Basta scendere per strada e percorrere qualsiasi stradina di qualsiasi quartiere di Siracusa. Non è necessario il buio. Non lo è più.

Li trovi riuniti in gruppi disarmonici dove, la legge del più forte, è l’unica che conta. Giacche a vento metallizzate. Tornate di moda dopo vent’anni. Jeans di dipendenza. Smunti e stracciati in più punti. Di solito, un’unica voce emerge dal vociare puerile. Basta qualche anno in più sulla carta d’identità, per sentirti un capo. Per accettare il “rispetto” degli altri.

Ma se li osservi attentamente. Cercando di rivivere i loro anni. Che sono stati i tuoi. Non molto tempo prima. Rivedi gli stessi pensieri. Le stesse arroganze. Ascolti le loro minacce indirette che aspettano una reazione, che tarda a venire. E hai solo voglia di ricambiargli uno schiaffo, che i tuoi padri si sono illusi, fosse educativo.

Scompaiono tra le luci del silenzio. Inseguendo un attimo di protagonismo, tra dimostrazioni di crescita nelle zuffe per strada. Talvolta soltanto simulate, a lanciare segnali della propria presenza in mezzo alla distrazione della gente. E della tua generazione.

Scompaiono per riapparire in luoghi preconfezionati. Gli stessi, da sempre. Allungano le mani in attesa della loro dose giornaliera. Hascisc, marijuana, coca. Differenze che vanno oltre le norme curative. Discusse e rielaborate, prima di una loro promulgazione. Da posti comodi delle teorie sociali, dove si incrociano le idee propositive. Forse risolutive. Da sempre, in attesa di una logica. Ogni tanto, qualcuno lo trovi disteso sul selciato. Accanto agli scarichi fognari. Rifiutano l’aiuto delle autoambulanze. Balbettano il loro nome e molti non li riconosci. Dopo una settimana, non ricordi più il loro volto.

Ma se li osservi attentamente. Si, se provi a capire oltre una storia di cronaca annunciata. Non distingui il carnefice dalla vittima. L’uomo che hai incontrato tutti i giorni, a raccogliere asparagi sulla scogliera. La donna che ti ha imbottito il panino, da dietro il banco della sua putia. Il medico che ti propone cure omeopatiche, da ultima moda. Il tuo istruttore palestrato che ti scrive la tua personale, ricetta miracolosa. Forse, anche il politico che ti ha promesso un posto da precario, in cambio del tuo voto. Tutti, divisi da una sottile linea di coscienza. E soldi in pronta cassa.

Si, se osservi il piccolo mondo di una città come Siracusa. Che circonda la tua vita e ogni tanto, la sfiora. Puoi pensare a 123.657 abitanti, censiti nel 2001, con i quali condividi le tue giornate astratte, i tuoi discorsi da bar, i problemi di una macchia invadente di disoccupati, le “certezze” di chi trova sempre una risposta alle tue incertezze.

Puoi soffermarti a pensare a quante auto nuove vedi a Siracusa. Puoi chiederti se le immatricolazioni, in contro tendenza con i dati statistici della Regione, celino una diversa interpretazione. Puoi considerare se, una città votata al lavoro nero, dagli stipendi che raramente raggiungono i mille euro, invogliano ad intraprendere attività sommarie che mille euro, te li garantiscono in una settimana.

Allora puoi spiegarti le scelte opportuniste di chi ancora si chiede, quali siano le fonti produttive della città. Di chi ha già deciso che, è poco remunerativo immaginare uno stile di vita innalzato alla legalità. Allora puoi ammetterti che, hai creato una società di “tutto e subito” per stupirti delle vie scelte per raggiungere questo obiettivo. E di questa realtà, Siracusa è la solita punta dell’iceberg.

Considerazioni che, occhi più interessati hanno fatto prima di te. E allora schiere di pusher insospettabili, degni del più classico “inquilino della porta accanto”, a seminare utopie e a farle proprie. Perché chi paga, al solito, è un pesce che sguazza nella sua stupida ingenuità. E’ colui che gode, poco, degli utili d’esercizio di queste attività collaterali. E’ colui che viene catturato con le mani nella marmellata, e la marmellata è il suo giardino botanico, curato e conservato gelosamente, nel suo misero appartamento.

E allora, tutto crolla in una “segnalazione” che era già davanti agli sguardi disattenti dei passanti. Rimangono le rate del motorino ultima generazione, da pagare. Rimangono le promesse di chi ti fa sapere che, prima o poi, ti farà uscire di galera. Rimangono le rivendicazioni economiche, rinchiuse dietro quelle sbarre. Rimangono le giustificazioni che dovrai inventare, per spiegare tutto alle domande di tuo figlio.

E allora, rimani senza risposte a chi ti informa dell’inasprimento delle pene. Di chi esterna lezioni di chimica applicata, per dimostrare teoremi di fumi e spade da abbandonare vicino ai cassonetti dell’immondizia. Di chi ti parla di centri di recupero e di didattiche di riabilitazione. E poi, solo soldi, soldi. Soldi. Che danno un senso a tutto.

Certe cose te le spieghi solo in parte. E a chi, assuefatto da un problema atavico, afferma chiedendoti: “Ma chi non ha mai fumato uno spinello?”, non rimane che dare una risposta: “Io!”


Piero Buscemi

:.: Città invisibili

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