Luce del porto

domenica 6 novembre 2022, di Sergej

Catania, 6 novembre 2022. Immagini della luce del porto.

Càpita di tornare in posti in cui si è già stati. Il posto è quello, ma le cose nel frattempo sono cambiate. Niente è al suo posto - rispetto alla memoria. Le cose cambiano. Tornare al porto di Catania dopo alcuni anni fa cogliere i mutamenti, e le cose stese che sono rimaste hanno una luce diversa.

Nella mattina del 6 novembre 2022 sono tornato al porto di Catania. Transenne e camminamenti cambiati, persino l’entrata - per alcuni lavori in corso alla cancellata - mutata. Giro in parte in auto ma soprattutto a piedi. È una splendida giornata di luce, si sente persino caldo. Il porto, con le sue attività domenicali. Dicono che sia approdato al porto di Catania una nave carica di migranti, che alcuni sono stati fatti scendere altri no [1]. Il porto è un organismo molto grande, non si accorge neppure di quello che gli accade.

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Un porto è sempre un’ansa, un seno. Accoglie le barche ma anche la vita delle persone che giungono al limitare, tra terra e mare. Catania ha sempre avuto un rapporto problematico con il mare. Dopo il 1945 si è chiusa al mare, costruendo una cordata sanitaria attorno per impedirsi di pensare al mare. Solo in anni recenti ha cercato di divincolarsi da questo rifiuto del mare: la ferrovia è stata in parte intubata e ha permesso al lungomare di via Europa di affacciarsi sul mare: la frequentazione domenicale di piccole famiglie e di atleti domenicali, ma al sicuro, dall’alto della scogliera. Il mare lo si guarda da lontano. È nell’incavo del porto che si ha la possibilità di toccare (quasi) il mare, ma anche qui con i piedi nella banchina. D’estate certo c’è la lunga plaia, visitata da frotte di famiglie che si accampano negli stabilimenti (che chiudono gli accessi al mare, se non per pochi varchi pubblici, imposti per legge), e solo allora è concesso il carnevale del mare, ma a patto delle regole della balneazione e della tradizione recente (tardo ottocentesca) del "bagno a mare". Con la navigazione Catania ha avuto il problema del vulcano, uso a riempire di massi e lava i fondali e rendere impraticabile l’esistenza di una rada sicura per le navi - come invece a Messina, oppure ad Augusta o Siracusa: lì ci sono i veri porti "mediterranei" sviluppatisi dopo la conquista normanna. Nelson quando arrivò a Catania, lasciava la nave al largo e scendeva con la scialuppa a incontrare le sue amanti. Per lunghi decenni Catania era Ognina, era San Giovanni Li Cuti, era la Civita (almeno prima di essere fortificato e quando l’Amenano sboccava non ingrottato nell’area di Villa Pacini), era una serie di porticcioli di pescatori non diversamente da Acitrezza; lo scaricatore per le merci era quello di palazzo Biscari costruito un po’ come fortezza e un po’ come simbolo della potenza barocca della casata. Poi la ferrovia ottocentesca, che separò il porto le cui acque si incuneavano tra i piloni, dalla città.

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Negli alti e bassi della storia, anche i porti respirano del respiro delle diverse epoche. Dopo il 1945 l’Italia ha vissuto lo sviluppo di pochi grandi porti specializzati nei commerci internazionali, e tutto il Sud è rimasto fuori dai contatti tradizionali con la sua sponda più vicina, il Nord dell’Africa e il Vicino Oriente. Una separazione resa ancora più netta dopo il 1972. I pochi porti rimasti sono sopravvissuti con le comunicazioni con altri porti italiani. A Catania il servizio "espresso" delle navi della compagnia prima statalizzata e poi privatizzata. Poi, in "Era Bianco", l’ambizione del "porto commerciale" e poi delle grandi navi da crociera. Un turismo mordi & fuggi, ma in tempi di crisi meglio che niente. Si arrivò persino, in tempi recenti, a ristrutturare l’antica Dogana per farne una specie di emporio - ristoranti, iniziative culturali, vendita di perline per turisti -, e ora dopo l’ennesima crisi lo vedo sbarrato proprio nel suo prospetto volto al porto. Segni indicativi. E nel frattempo ristrutturazioni varie prima provano ad aprire gli spazi alla libera fruizione dei visitatori e ora nuove chiusure - cancelli, barricate, no-limits zone... segni di degrado (la spazzatura) e segni di vita: le ragazze che fanno jogging al porto, i pescatori, i ragazzi che frequentano la locale "canottieri" (a imitazione di quel che avviene nelle grandi città: Catania dopotutto ha ancora voglia di essere città simile a quelle continentali). E i gabbiani che planano placidi e giocano tra le barche.

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Le foto sono state scattate con un telefonino Oppo Find X2 Neo, versione Android 12, fotocamera 48 Megapixel. Le foto sono state ridotte e riadattate per il web.


Note

[1] Si trattava della nave Humanity One.


Sergej

I viaggi di Cartamenù

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