Ma la guerra è tutta un’altra musica

domenica 15 maggio 2022, di Sergej

Goooood Morning Vietnaaaaam! Ehi, non è una prova questa, questo è rock-n-roll! (Adrian Cronauer) [L’apertura del suo spazio radiofonico, in Good morning Vietnam, film]

La musica è un prodotto culturale e si diffonde per vie culturali. Ma come si impone l’innovazione musicale? Com’è che determinate "cose" musicali diventano all’improvviso patrimonio di una comunità più estesa?

Ho seguito con molto interesse, il 14 e 15 maggio 2022 una trasmissione radiofonica: su radio RaiTre le "Lezioni di musica" condotte da Giovanni Bietti e riguardante la musica del Quattrocento [1]. Bietti analizza il punto di passaggio tra la musica "medievale" del Trecento e quella che comincia ad essere "moderna" a partire dal Quattrocento. E sottolinea come alla base dei primi vistosi mutamenti all’interno della musica "europea" - cioè continentale e coinvolgente l’area sud-occidentale tra Catalogna, Francia e Italia -, vi sia proprio la guerra dei cent’anni e la presenza inglese nella Francia del nord. È dai musicisti inglesi - in particolare Bietti parla di John Dunstable [2] confrontato con il trecentesco Landini - che avviene la "rivoluzione". E davvero per certi versi, confrontando le due tipologie musicali è come sentire le canzoni della nostra memoria musicale spiccia prima e dopo i Beatles. Gli inglesi hanno cambiato la musica continentale europea nel Quattrocento così come i Beatles e i Rolling Stones hanno fatto nel Novecento.

Sulle innovazioni inglesi relativa all’intervallo di terza, o al falsobordone rimando all’ascolto del podcast di Bietti. Così come alla descrizione di alcune particolarità dell’anonima Missa Caput [3].

Che la guerra, e in particolare la cultura dei vincitori, abbia un decisa influenza sugli sviluppi e sul "successo" musicale, questa è una notazione non secondaria. Subito dopo la prima guerra mondiale in Europa la scoperta degli Stati Uniti ha fatto affluire lo swing e le prime contaminazioni jazzistiche. Dopo la seconda guerra mondiale siamo tutti infarciti di rock & roll e della koiné musicale anglofila. Ma si pensi a quando, a latere del lungo congresso di Vienna si decise un valore uniforme (più o meno) alla frequenza di risonanza del diapason. Determinando così da allora il nostro "orecchio musicale". Si disse, all’epoca, che fu lo zar Alessandro, amante delle fanfare e delle marce frizzanti dei soldati al suono della musica tarata a quella frequenza, a imporre dall’alto della vittoria russa sulle truppe napoleoniche il nuovo valore. Le classi dirigenti, sovrani in testa e per imitazione i loro cortigiani, amavano molto la musica e prima dell’arrivo dei nuovi facoltosi borghesi, furono loro i primi a riempire (e a creare) i teatri musicali europei.

Se la cultura dei vincitori incide sulle tecniche musicali, l’amore per la musica ha un senso interindividuale, collettivo. Qui non esistono più Stati. Nelle trincee della prima guerra mondiale si cantava - si narra della famosa tregua natalizia con l’incontro tra soldati delle diverse nazioni in guerra sul fronte francese; o il gradimento dei melomani austriaci una sera per una canzone di Angelo Formisano, secondo quanto raccontavano i reduci catanesi dal fronte austriaco -. Nella seconda guerra mondiale tutti conoscevano Lili Marleen e venivano avvolti dalla malinconia.

In musica coesistono permanenze e residui del passato, e punti di improvvisa accelerazione in avanti - Rabagliati e Nilla Pizzi... -. E naturalmente esistono le canzoni collettive in cui gruppi sociali si riconoscono, a partire dalla Marsigliese per arrivare a Bella Ciao. In età moderna sembrerebbe che la canzone politica sociale sia nata proprio con gli sconvolgimenti del 1789 (per non dimenticare il canto sardo più famoso, quello di rivolta antipadronale Barone sa tirannia), con una divisione tra musiche di regime e musiche rivoluzionarie. Esistono i tradizionali inni di partito o religiose o d’ordine professionale. Ed esistono sonorità musicali di cui si appropriano determinati ceti sociali, rivendicando in qualche modo la propria identità culturale di contro quella dominante, il grado di una insubordinazione permanente (che significato ha l’uso della canzone napoletana per i ceti medi non borghesi siciliani?)...

Nella guerra dei droni e degli attacchi informatici, gli "operatori" - come vengono chiamati questi nuovi soldati - mettono gli auricolari e ascoltano musica a tutto volume. Mentre sotto i loro occhi scorrono cifre e dati - e nel mondo reale la gente crepa -. Chissà che tipo di musica uscirà fuori da questa guerra in corso.

Termino questo articolo con la lista di una colonna sonora. Quella del film Good morning Vietnam (1987), protagonista Robin Williams:

Around the World in 80 Days Lawrence Welk
Baby Please Don’t Go Them
Ballad of a Thin Man The Grass Roots
Beach Blanket Bingo Frankie Avalon
California Sun The Rivieras
Cast Your Fate To The Wind Sounds Orchestral
Danger! Heartbreak Dead Ahead The Marvelettes
Don’t Worry Baby The Beach Boys
Dream On Little Dreamer Perry Como
Five O’Clock World The Vogues
Game of Love Wayne Fontana & The Mindbenders
There’ll Be a Hot Time in the Old Town Tonight Lawrence Welk & Myron Floren
I Get Around The Beach Boys
I Got You (I Feel Good) James Brown
I’ll Never Smile Again Lawrence Welk
In the Midnight Hour Wilson Pickett
It’s Alright Adam Faith
Kit Kat Polka Lawrence Welk & Myron Floren
Liar Liar The Castaways
Acapulco Herb Alpert & The Tijuana Brass
Lollipops and Roses Jack Jones
Nowhere to Run Martha Reeves and the Vandellas
Smoke Gets in Your Eyes Ray Conniff
Sugar and Spice The Searchers
The Warmth of the Sun The Beach Boys
What a Wonderful World Louis Armstrong
Yeh Yeh Georgie Fame & The Blue Flames
My Boyfriend’s Back The Angels
Puff, the Magic Dragon Peter, Paul and Mary
Rawhide Frankie Laine
You Keep Me Hangin’ On The Supremes
Like Tweet Joe Puma & Eddie Hall
Get a Job The Silhouettes

Buon ascolto per chi riesce a trovarla in Cd, in vinile o su qualche canale streaming. Io ho una edizione CD con custodia in scatola tonda di latta.

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Good Morning Vietnam locandina del film

Note

[1] Link alla pagina del programma Lezioni di musica. Per quanto riguarda i podcast: la prima e la seconda parte.

[2] Rimando per facilità a Wikipedia.

[3] Su Wikipedia inglese.


Sergej

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