Quelle ceneri che abbiamo dentro

giovedì 27 ottobre 2005, di Sergej

Cenere : poesie / Giovanna Nastasi ; premessa di Renato Pennisi. - Mascalucia : Edizioni Novecento, 2005.

La poesia come attitudine alla riflessione, a ritagliare uno spazio interiore rispetto a ciò che ci accade. Il tono, quello del sussurro. La misura, quella della piccola raccolta - e “raccolta” è già un termine sintomatico associato alla poesia. E’ sempre complicato recensire libri di poesia, specie se di poeti alla prima prova. Il recensore si ritaglia un mestiere improprio, che è quello del giudice o del raccomandante. Entrambi attitudini che ci sono estranei. Siamo però dei lettori, e leggiamo poesia, e di libri di autori alla prima opera. Notiamo come troppo spesso l’acerbità prevale sulla scrittura, il rifugiarsi nel luogo comune frutto di carenza e poca o nessuna lettura. Si scrive poesia - questo è onorevole -, troppo spesso non si legge poesia o non si legge affatto - e questo, quando si scrive, si sente alla lettura. "Bisogna prendere speciali precauzioni contro la malattia dello scrivere, perché è un male pericoloso e contagioso" scriveva Abelardo. Quella del poeta “originale e incolto” è una balzana idea scolastica che ha trovato coltura funghesca nel retaggio ottocentesco. Poi, ogni tanto, troviamo una scrittura che attira l’attenzione, senza essere becera né parolaia, riesce a ritagliarsi una misura, un carattere.

“Cenere” opera prima di poesia di Giovanna Nastasi riesce nel difficile equilibrio. E benissimo ha fatto la piccola casa editrice Novecento a pubblicarla. Se l’esteriorità della raccolta è data da quelle ceneri che tra il 2001 e il 2002 hanno colpito la Sicilia orientale e tutto hanno coperto - tetti delle case, strade, teste delle persone - tutto ovattando, l’interiorità della scrittura di Nastasi è nella essenzialità di scrittura, l’ironia che sottostà al verso. Con dolente ironia Nastasi si libera dalla retorica autocommiserativa, dal lamento fine a sé stesso. Il centro sono le persone care, la morte, la condizione comune di smarriti. Scrive Pennisi nella presentazione: la scrittura di Nastasi è “su una posizione fortemente problematica, carica di irrequietezza e di tensioni, in cui la stessa poesia prova a fare i conti con sé stessa” (p. 8). Attraverso il guizzo ironico, Nastasi riesce a salvare sé stessa e la sua scrittura. Ciò che rende riuscita questa raccolta, e da leggere queste poesie.

“I pensieri / scivolano / cadono / sbattono / sfuggono / si rompono il collo. / Minuscoli / e sudati / non li trovo / e... / e non si reggono / in piedi” (p. 18).

“Mi sono svegliata / che ero già sveglia. / Non so se / ho dormito” (p. 42).

“Spade / spade / sempre / spade / in questo mazzo / di carte!” (p. 25).

“Mi sono crocifissa / ho infilzato / gli occhi nelle spine. // Non ho più debiti / da pagare” (p. 60).


Giovanna Nastasi è nata a Carlentini (Siracusa) nel 1972, vive a Catania. E’ autrice di testi teatrali: “Tommaso” (in Siciliomi, Prova d’autore, 2002), “Le stanze del piacere”.

Cenere : poesie / Giovanna Nastasi ; premessa di Renato Pennisi. - Mascalucia : Edizioni Novecento, 2005. - 64 p., br. - (Costellazioni ; 1). - 10 euro


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