Tempi della città, tempi della politica

domenica 9 giugno 2019, di Sergej

Una questione sull’arretratezza. Quando un politico italiano tira fuori dal cappello a cilindro il minibot, fa un’operazione di retroguardia i cui “tempi” denunciano l’arretratezza culturale in cui si trova il politico. Siamo addirittura - nell’età ormai avanzata del Web e del digitale - all’uso dei mini assegni di carta, quelli che si usavano negli anni Settanta per fronteggiare la crisi petrolifera.

La politica viaggia sempre su un “tempo” diverso e arretrato rispetto ai tempi più avanzati della società nel suo complesso. Dà sempre risposte di retroguardia. Da questo punto di vista qualsiasi realizzazione politica sarà sempre più arretrata rispetto a quel che servirebbe o che è nelle possibilità di un dato tempo storico. Quando Truman utilizzò le bombe atomiche, il suo “tempo” era indietro rispetto al tempo esistente, l’era atomica che era appena iniziata: era il troglodita che utilizzava la bomba atomica senza neppure sapere quello che stava realmente facendo - se non rispondere agli istinti trogloditici propri del proprio “tempo” arretrato. Non si può fare colpa alla politica per questo, è un fattore strutturale e quando accade che la politica fa qualcosa al passo con i tempi reali, risulta “troppo avanti” rispetto al tempo della politica nel suo complesso e viene sanzionato in maniera disastrosa. Il politico deve saper mediare tra il tempo avanzato della società e il tempo arretrato della politica, rimanendo sempre un passo indietro altrimenti viene fatto fuori.

tempo8 Quando un politico italiano tira fuori dal cappello a cilindro il minibot, fa un’operazione di retroguardia i cui “tempi” denunciano l’arretratezza culturale in cui si trova il politico. Siamo addirittura - nell’età ormai avanzata del Web e del digitale - all’uso dei mini assegni di carta, quelli che si usavano negli anni Settanta per fronteggiare la crisi petrolifera (a sua volta parto della politica finanziaria di un personale politico che era ancora fermo ai razionamenti degli anni della guerra, l’imitazione che poteva fare un bambino di quello che aveva visto utilizzare ai grandi). Per chi vive il tempo odierno del digitale sarebbe stato naturale pensare a qualcosa di digitale; il politico (arretrato) invece pensa alla carta.

È una dissonanza tanto più stridente se si pensa che persino un rappresentante della classe politica e bancaria italiana, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che certamente di tutto può essere accusato ma non di essere "troppo avanzato" rispetto ai tempi, in una sua ultima comunicazione suggeriva che il problema dell’evasione e della redistribuzione dovevano essere affrontati con il maggiore uso della virtualizzazione della moneta che permette incroci e controlli altrimenti più dispendiosi con la carta.

tempo7 Uno dei problemi italiani sta anche in questo: lo jato o gap esistente tra i tempi che vive la società reale e il tempo della politica. Né basta parlare di “digitalizzazione” per essere nel tempo del digitale: lo si è visto con un Grillo o un Casaleggio senior che finivano per denominare “sistema operativo” il loro sito web, sbagliando terminologia da orecchianti della tecnologia, arrivati alla tecnologia tardi e dall’esterno (per questioni di età, di mestiere ecc_).

L’orecchiante della modernizzazione riesce magari ad adottare denominazioni accattivanti per indicare cose diverse da quello che sono (tipico il caso del “reddito di cittadinanza” che è in realtà un sussidio di disoccupazione), aggiungendo confusione a confusione e pressapochismo a pressapochismo. Ma la realtà poi ha la sua durezza e autonomia, procede per suo conto e non sente neppure le formicuzze che ciarlano ai suoi piedi.

tempo6_gallo_Messina Gli studi sociali sul Medioevo hanno (ormai un cinquantennio fa) individuato l’esistenza diversi dei "tempi": il tempo della città, nel Trecento italiano del Centro-Nord, era diverso dal tempo della campagna. Non occorre andare su un’astronave per sperimentare la differenza dei "tempi" esistenti (l’effetto einsteiniano è stato di recente verificato mandando uno di due gemelli sulla Stazione Internazionale e verificando i cambiamenti rispetto all’altro gemello rimasto sulla terra). Tra chi vive la vita di tutti i giorni e chi siede alla poltrona di ministro o di sottosegretario esiste un gap quantistico che nessun wormhole riesce a colmare. Il problema non è questo, se "la politica" riesce comunque a mantenere il passo, a seguire (seppur da lontano) la modernizzazione. Il problema è quando il tempo della politica si ferma.

Al potere politico arrivano oggi quello che abbiamo allevato una quarantina d’anni fa. Il marketing che pensa i cittadini come consumatori e come segmenti (categorie) cui dare il peggio possibile dei prodotti; il marketing stesso inteso come raccontaballe, la valorizzazione dei punti positivi del prodotto diventato mistificazione permanente menzogna. Nella fase precedente la politica aveva tenuto a rappresentare la presa al potere della conservazione borghese; oggi il precariato, frutto delle politiche di disfacimento della classe media italiana nell’ultimo trentennio, prova ad avere una propria rappresentanza politica, sconvolge i giochi tradizionali. Ma ha forza, la cultura, la coscienza dei “tempi” che è chiamato a rappresentare e portare nel tempo della politica?


Sergej

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