I problemi della politica del "pocodopo"

mercoledì 7 settembre 2016, di Sergej

Fa un po’ senso vedere che per risolvere i problemi politici di Roma debba intervenire un comico...

Fa un po’ senso vedere che per risolvere i problemi politici di Roma debba intervenire un comico, un guitto, uno che vive grazie allo show business - il sistema televisivo dominante.

C’è un problema reale di selezione di “classi dirigenti” in Italia, ovvero di addestramento e selezione del personale addetto all’amministrazione e alla politica, che ricopra le cariche elettive (e non solo quelle concorsuali). Prima erano i partiti a fare formazione, ma ciò richiede un sacco di soldi e di tempo. E una organizzazione “di lungo periodo” che i partiti attuali non sembrano avere. Un’altra strada sarebbe stata quella universitaria. Lo Stato democratico avrebbe potuto utilizzare strutture pubbliche per sopperire alle parzialità dei privati (in questo caso, i partiti): socializzando la funzione (e ripartendo alla collettività gli oneri). In questo senso, una facoltà come “scienze politiche” avrebbe potuto svolgere questa funzione.

Per quel che ne so, l’istituzione fu normata nel 1938 (tabella IV del regio decreto 30 settembre 1938, nº 1652, poi modificata dal decreto ministeriale 4 novembre 1995) nell’ambito della Riforma Gentile e poi ebbe la consacrazione con Giovanni Sartori che nel 1963 fu il primo docente di "scienze politiche" in Italia (vedi Wikipedia).

Quella di “scienze politiche” in Italia è stata una occasione persa. E’ probabile che c’entri il fatto che la politica sia stato (non solo in Italia) una faccenda di élite e classi ristrette, che mal vedevano questa immissione di “gente nuova” e senza storia familiare all’interno dell’amministrazione (alta dirigenza) e della politica. Insomma, un processo di democratizzazione che è stato nei fatti boicottato dalle élites. Di qui immediato il discredito che ha goduto questo corso di studi, e - nell’ambito dell’università di massa - coloro che uscivano con questo tipo di lauree. Si sarebbe potuto creare delle Facoltà specifiche d’élites, sul modello di quelle francesi, ma non si è avuto la capacità politica di decidere al riguardo: dire qual è la realtà, che esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B, laureati di serie A e laureati di serie B - questo perché la politica si è mostrata non in grado di mutare la realtà (e, a questo punto, ci si potrebbe chiedere a cosa serve, dato che non serve all’unico scopo per la quale è giustificata la sua esistenza) cioè la decostruzione di una società di classe a favore di una società altra (di merito? egualitaria? di pari opportunità? beh, questo era proprio quello che la politica era chiamata a decidere).

Quando i partiti sono implosi, privi del soldi da Stati Uniti e Russia, sono rimaste delle strutture transitorie (quelle dell’ex PCI) che hanno badato a salvare il salvabile ovvero dare stipendi da dirigenti ai propri funzionari e chi s’è visto s’è visto. Una coalizione transitoria di ceti nati attorno agli Ottanta grazie alle politiche inflattive e debitorie dello Stato socialista e democristiano ha trovato il sovvenzionatore che ha consentito una transizione di potere a questi ceti. Transizione che si è consumata per motivi d’età, senza aver seminato e prodotto nuovi ceti dirigenti. Ceti di rimessa e culturalmente monchi hanno prodotto strutture periferiche come Comuni Province e Regioni: da questi ceti hanno pescato nel corso dei primi anni del Duemila. La pochezza politica del Movimento 5 Stelle paga la pochezza stessa della politica italica. Per costruire ceti politici occorrono anni, una selezione (feroce) e una direzione (esperta).

Occorre un sistema di ripartizione, che consenta a quelli che vengono selezionati come “migliori” di salire, ma a quelli che vengono bocciati di trovare una funzione e un posto che permetta loro un “lavoro” che faccia meno danni possibili (al “partito” di cui si è parte e al corpo sociale). Oggi D’Alema è un problema, allo stesso modo della mancanza di politici esperti e aggiornati.

Non è possibile pensare che i ceti professionali (medici, avvocati ecc_) possano continuare a fornire personale politico. Non è possibile che a fornire personale politico possano essere imprenditori o produttori dei vari settori economici. Tutti questi possono fornire rappresentanza (provvisoria) e controllo sui meccanismi di massima, ma non possono “fare” ceto politico. Quali altre strade sono possibili?

Per il M5S la strada sembra essere quella in parte del vecchio PCI (ma mancano i soldi), in parte quella di utilizzare i militanti che via via ricoprono cariche elettive per farne i quadri. Ma è un processo lungo e non lineare. Può un organismo auto-assemblarsi, auto-scegliere di volta in volta chi assegnare alla funzione direttiva e chi no? Nella fase Grillo-Casalegno si è visto che c’è stato bisogno del solito intervento dei Padri Fondatori (si veda il processo di selezione del personale politico all’interno della Lega, con Bossi/Miglio; o nel PCI con Longo/Togliatti). Ma nel “poco dopo”?



Sergej

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