Il silenzio degli imam

mercoledì 3 agosto 2016, di Sergej


Uno dei luoghi retorici tipici della destra reale in Italia è la frottola sul "silenzio degli imam" nei confronti degli atti di guerra contro civili europei portati avanti da singoli o da piccoli gruppi di "islamici".

Basterebbe, per noi tutti, andare a fare una ricerca su Google, e mettere come chiave di ricerca "dichiarazioni imam contro il terrorismo" per avere la risposta. Non esiste questa cosa del "silenzio degli imam".

Come per tutte le menzogne, si tratta di una frottola che fa parte della menzogna di guerra che stiamo subendo. E su cui, lo dico subito, non abbiamo alcuno strumento contrastativo. Chi vuol pensare che esista il supposto "silenzio degli imam" non si convincerà mai del contrario, neppure davanti a qualsiasi evidenza. Perché sono scattati i meccanismi tipici della guerra.

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E’ una spirale perversa che conosciamo: avevano voglia le gerarchie papali allo scoppio della Prima guerra mondiale di invocare la pace: i cattolici erano già sui campi di battaglia che si scannavano gli uni contro gli altri. Non è servito fare le marce pacifiste a Sarajevo per impedire ai criminali di sparare sulla folla pacifista e innescare la guerra. Davanti a chi fomenta odio e guerra le popolazioni sono del tutto disarmate. Proprio perché la guerra non solo è in atto, e non solo ha motivazioni che non sono mai ideologiche (ha voglia Bergoglio a dire che la guerra non è guerra di religione, ma guerra di interesse ed economica: sono i suoi stessi fratelli della CEI che lo sbeffeggiano, per non dire delle testate tradizionali della disinformazione italiana: Il Giornale, Libero, e collaterali).

Né la storia del "nostro" terrorismo, quello che l’Italia ha conosciuto negli anni Settanta del Novecento, può insegnarci qualcosa, dato che tutti sono pronti a dimenticare. Dimenticare gli "strani intrecci" tra servizi segreti e bombe, tra chi doveva tutelare incolumità e sicurezza dello Stato e cittadini. Dimenticare le "strane bombe" degli anni Novanta del Novecento: agli Uffizi e a San Giovanni a Roma, attribuite alla Cupola mafiosa di Totò Riina.

(La Guernica picassiana che stiamo re-imparando a conoscere, non è solo l’impatto delle bombe sulla popolazione civile, ma - proprio come nella guerra civile spagnola - la guerra della disinformazione, quella che rende tutto grigio e non permette più di conoscere e distinguere l’amico dal nemico).

Quando Gaetano Bresci viene in Italia, non viene per compiere un “attentato” ma un atto di (secondo lui) “giustizia” contro il potere. L’anarchismo bombarolo e sparatore aveva come obiettivo i rappresentanti massimi del potere, la guerra avveniva tra “pari”, quasi un duello in cui il “terrorista” era pronto a sacrificare la propria vita in nome dell’ideale. Nel “terrorismo” degli anni Settanta di sinistra, è avvenuto lo spostamento dai rappresentanti massimi (i capi di governo) ai “servi del potere”: in un certo senso, era una lotta tra servi. Nel momento finale, ultimo: l’uccisione di Aldo Moro, ma proprio in quanto “servo” e non capo di governo. Nella “guerra asimmetrica” di questi anni, guerra non tra Stati ma all’interno degli Stati e con uso di guerriglia e di bande, l’esportazione del “terrorismo” contro la popolazione civile diventa un luogo comune. Dalla guerra in Libano a quella in Jugoslavia, teatro di guerra sono i supermercati, le piazze, gli ospedali, i luoghi pubblici. Prima contenuta nello spazio che si vuole destabilizzare, la diffusione della tecnica terroristica - con l’uso non solo della bomba che colpisce alla rinfusa (vedi strage di Bologna) o con obiettivo mirato (Falcone e poi Borsellino), con il terrorismo ceceno e poi musulmano diventa e si accompagna al gesto annichilente: l’attentatore non solo è colui che uccide, ma è strumento della propria stessa uccisione, è bomba-umana, il gesto esemplare prevede il proprio annichilamento. E’ un gesto che è intimamente connesso alla disperazione della modernità: i suicidi, la droga, l’uccisione delle femmine che si accompagna al suicidio del maschietto uccisore, questa forma di terrorismo islamico da parte degli immigrati in Europa - tutte queste cose hanno un filo comune. La malattia del nostro sistema di vita (“civile”) produce queste forme. Non è un “attacco” dall’esterno, ma è la forma delle contraddizioni interne del sistema.

La realtà quotidiana, del nostro Occidente satollo e deflattivo, è la capacità di memoria che dura pochi minuti. Il tempo di una indignazione casuale, per una cosa o l’altra proposta dalla televisione (e ridiffusa sui social network che tanto registra tutto per le Forze di Polizia e per gli statistici della vendita, non certo per te: ché anzi tu devi dimenticare tutto, non devi avere memoria di lungo termine). Non serve chi la pensa diversamente né chi la pensa come tutti, non servono i piccoli gruppi che fanno atto di testimonianza (come può essere Girodivite). La guerra è già in atto, la guerra ha già vinto.

(Però su quest’ultimo paragrafo non sono sicuro di essere interamente d’accordo).


"La verità è quella che vi dicono. E poi il problema in Italia non è mai stato tanto di saperla, ma che saputala tutto resta uguale. Perché voi italiani siete come i Mimimmi, cui tutto passa sopra senza un fiato. Credete forse oggi voi d’essere liberi; votate per dieci volte l’anno gente che a volte neanche conoscete, e che una volta eletta, fa ciò che vuole: acciuccia e si spartisce. Sempre comanderà un’oligarchia che v’inganna col giuoco delle parti. E allora? Dov’è, povero o postero, il guadagno? La dittatura è un sistema per opprimere il popolo, la democrazia è un sistema per costringere il popolo ad opprimersi da solo. Ma ricordate, un popolo che perde la sua memoria…… cosa stavo dicendo? Ah sì".

da Fascisti su Marte (Corrado Guzzanti, 2006)



Sergej

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