Morte al Petrolchimico

mercoledì 4 maggio 2005, di Vincenzo Raimondo Greco

Anche a Brindisi parte il processo penale contro i danni procurati dal petrolchimico. Con una novità: Medicina democratica è stata ammessa tra le parti civili.

Francesco Caiulo per più di vent’anni operaio del Petrolchimico di Brindisi; dal 1998 lotta, con i denti, contro il tumore alla vescica provocato dalle inalazioni di cloruro di vinile. “Quando hanno scoperto la malattia - dice - mi hanno isolato, il capo reparto diceva che non era più responsabile. Sono atteggiamenti che ti fanno male al morale perché ti senti un numero; abbandonato e umiliato”.

La fabbrica, che sembrava il rifugio per quanti cercavano lavoro, è stata la bara per molti operai. Amici che Caiulo ricorda a memoria. “Fu Luigi Carretta nel 1995 a presentare un esposto alla Procura ma dopo la sua morte nessuno ha continuato la sua battaglia. Oggi non si può tacere”. E’ deciso a lottare per la dignità di quanti sono stati costretti a lavorare per la morte in una fabbrica dove i sistemi di sicurezza erano pressoché inesistenti. “Quando succedevano dei problemi, vi erano delle perdite, scoppiavano tubazioni, ci si rivolgeva ai sindacati che, purtroppo, scrollavano le spalle”. La risposta era sempre la stessa: “dobbiamo andare avanti, se alziamo il polverone chiudono la fabbrica e ci mandano a casa”. Caiulo non capisce il silenzio, l’insensibilità, il menefreghismo di quanti dovrebbero per vocazione essere vicini alla gente bisognosa. Ormai tutti conoscono la vicenda ma c’è un muro da abbattere. “Sanno che ogni tre mesi muore un collega, non solo quelli che stanno dentro, ma anche coloro che sono andati in pensione, che hanno avuto la pensione anticipata. Conosco 100 persone che sono morti; come mai nessuno ha speso una parola?”.

Il riferimento non è solo ai responsabili sindacali, ma anche ai mass media, alle autorità, alla chiesa, ai politici pronti a spendere parole di comprensione e di trepidazione per la sorte dei tre italiani sequestrati in Irak. “Ma anche noi siamo persone come loro”, si lamenta Caiulo. “Ma lasciamo perdere”, aggiunge subito dopo.

Non vuole sollevare polveroni; e torna a parlare del suo Petrolchimico. Degli anni trascorsi all’inferno. Anche quando qualcuno osava contestare c’erano i “capetti” che prontamente spifferavano le lamentele ai capi reparti. Il risultato era “una tirata d’orecchie” e un monito: “tu devi fare il tuo lavoro, non sei pagato per fare altro”. Quando arrivava qualche Commissione di controllo “ero il primo - racconta Caiulo - ad essere allontanato. I miei capi mi invitavano a uscire per prendere un caffè, o per fumare una sigaretta. Sapevano che avrei parlato anche se la paura di perdere il posto di lavoro era grande”.

Un lavoro che sfamava migliaia di famiglie ma ad un prezzo altissimo: la vita. Reparti contrassegnati da sigle, ma uno ben conosciuto come il “Braccio della Morte”.

Ho lavorato anche nel reparto T70, il famoso braccio della morte, dove c’erano sostanze mortali solo a respirarle. In quel reparto dopo due anni dal loro ingresso tanti giovani avevano tracce di sangue nelle urine. Adesso sono ancora giovani e hanno tutti dei problemi. Cosa succederà quando diventeranno anziani come me?”. Brindisi è avvolta da uno scetticismo che Caiulo non sa spiegare. “Quando chiamo i giovani e li invito a partecipare ad un incontro, ad una manifestazione sono gli unici che non vengono perché si vergognano anche se i loro genitori sono morti”. Eppure lui non smette di combattere. E’ stato eletto responsabile del comitato che insieme al comune si è costituito parte civile nel processo in corso. Il Procuratore ha garantito il massimo impegno anche se spiace che venga considerata superata “ la perizia effettuata a suo tempo dal prof. Maltoni, trovato morto nel 2002 in un albergo di Brindisi”.

L’esperto aveva documentato un significativo incremento di morti per epatocarcinoma. Oggi, altri tecnici hanno ribaltato la sua perizia. C’è la paura che tutto si sciolga come neve al sole. “Tutti dicono che sono sostanze pericolose ma poi in Tribunale si cambiano le carte”.

A sette anni di distanza dalla scoperta del tumore, Caiuolo continua a lottare. Fibra dura e pugliese testardo come pochi. Anche se ammete: " Io non posso fare niente, aiuto mia moglie a fare la spesa, la pensione è poca cosa rispetto alle spese che sono altissime; 500 euro solo per recarmi a Padova. Non nascondo - aggiunge Caiulo - di aver chiesto dei prestiti". Ma questo non riduce il suo impegno in questa lotta contro il gigante della chimica. “Che dirle è una storia lunga. I miei colleghi sono morti, io cerco di farmi forza e andare avanti”.


Una collaborazione : Girodivite.it e Oltrenews.it


Vincenzo Raimondo Greco

:.: Città invisibili

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