La caporetto dei comuni italiani

martedì 8 ottobre 2013, di Emanuele G.

Lo stato di salute dei comuni italiani si fa sempre più precario. Fra conti sballati, evasione fiscale alle stelle e tassazione oppressiva.

In questo ultimo periodo si stanno susseguendo notizie davvero poco rassicuranti sullo stato di salute dei comuni italiani. Mai come oggi la loro situazione sembra essere sul punto di non ritorno. Punto di ritorno che fa paura poiché i comuni rappresentano l’anello territoriale di congiunzione fra lo stato e i cittadini. Capirete che se salta questa componente fondamentale si corre il pericolo che possa saltare tutto il sistema nel suo complesso. Ma come si è arrivati a tale caporetto? Le cause sono da suddividere in tre grandi categorie: conti sballati, evasione fiscale e tassazione oppressiva.

• Conti sballati

Di recente il Sindaco di Roma Ignazio Marino ha lanciato l’allarme sulla tenuta dei conti della capitale. Ci sarebbe un buco di bilancio che dovrebbe aggirarsi sugli 863 milioni di euro. Una somma enorme. Ma se poi si legge quanti soldi il Comune di Roma incassa dalla fiscalità locale cominciamo a capire che qualcosa non quadra. Infatti, ogni anno il Comune di Roma riceve ben 5,5 miliardi di euro sotto forma di tassazione locale. Orbene ci si deve porre una domanda alquanto banale: come vengono spesi i soldi del contribuente romano? Il dubbio è lecito. Anche alla luce degli innumerevoli scandali che hanno coinvolto la sindacatura Alemanno. Dubbio che si rafforza viepiù spulciando qualche dato sull’organigramma del comune capitolino. Il Comune di Roma ha 25.000 dipendenti a cui si devono aggiungere altri 37.000 in qualità di personale dipendente delle famigerate partecipate. Un apparato enorme che da un lato agevola lo sviluppo di estese pratiche clientelari e dall’altro – e ciò importa realmente al cittadino – fornisce un servizio piuttosto scadente alla collettività. Prendiamo ad esempio l’ATAC (la partecipata che assicura i servizi di mobilità urbana). Ha ben 12.000 dipendenti e accumula perdite di bilancio dal 2008 che raggiungono la cifra di 600 milioni di euro. Domandate a un qualsiasi cittadino romano se è soddisfatto del servizio espletato dall’ATAC. Altro comune sull’orlo dell’abisso è quello di Napoli. Anche qui l’ammontare del buco dovrebbe aggirarsi sugli 800 milioni di euro. Qui la situazione è forse ancora più tragica in quanto si sono alterati i conti del bilancio. Come voi tutti saprete il bilancio deve essere portato per obbligo di legge a pareggio e tutte le somme ascritte per cassa. Cosa vuol dire somma ascritta per cassa? Una cosa semplicissima: se si mettono 300.000 euro su una funzione di costo o di spesa questa somma ci deve essere realmente. E proprio qui che casca l’asino. Il Comune di Napoli ha falsificato i conti facendo credere di aver incamerato tutte le spettanze dovute dalla tassazione locale. Mentre non è così. Solo una parte di essa è stata realmente incassata. Il resto è simile a una speranza. Il caos nei conti non finisce qui. Con una nota (numero di protocollo Pg/2012/695769) l’Avvocatura Generale del Comune di Napoli certifica che il contenzioso accumulato raggiunge la stratosferica cifra di 750 milioni di euro. Il contenzioso è generalmente l’insieme delle liti che il comune ha con i propri cittadini (danno arrecato ad automobili per buche presenti nel manto stradale) oppure con ditte fornitrice (fatture non pagate andate in giudizio). Sia nel caso di Roma che di Napoli si è in presenza di conti pubblici sballati non per caso. I motivi di tale disastro sono molteplici, ma due sono da indicare con particolare evidenza: il clientelismo diffuso in riferimento alla “governance” dei bilanci comunali e l’incapacità cronica dei comuni di adempiere ai principi di una corretta amministrazione economico-finanziaria-patrimoniale.

• Evasione fiscale

Molti di voi sono a conoscenza dell’interminabile “via crucis” rappresentata dai rifiuti in Sicilia. Una “via crucis” che ci sta lasciando in eredità un debito di ben 1 miliardo e più di euro che non sarà facile far rientrare. E’ il risultato di una sconsiderata azione amministrativa che – more solito – ha preferito puntare alla creazione di carrozzoni clientelari piuttosto che a fornire un servizio realmente efficiente e funzionale. Tuttavia, c’è un altro dato che vorrei porre all’attenzione dei lettori. L’incredibile evasione fiscale in riferimento al pagamento della tassa dei rifiuti che c’è in Sicilia. Da ricerche poste in essere dall’ANCI, ma anche da parte di altri enti di ricerca, si è evinto che in provincia di Enna appena il 3 % dei cittadini iscritti a ruolo pagano la tassa sui rifiuti. Mentre la percentuale sale all’ottanta per cento e più a Torino e in altre città del Nord Italia. Un altro dato. Il neo-Sindaco di Messina Renato Accorinti ha disposto un’attività di ispezione sul bilancio comunale. E ha fatto una scoperta sconvolgente. Nel 2012 il Comune di Messina si aspettava un gettito in riferimento alla tassa sui rifiuti di ben 30 milioni di euro. In realtà la somma incassata è di appena 500.000 euro! Evidentemente qualcosa non va. Tutto questo ha un nome ben preciso: evasione fiscale. Se molti comuni non sono in grado di garantire servizi pubblici all’altezza ciò è dovuto ad un’estesa quanto gigantesca evasione fiscale. Evasione fiscale voluta da un ceto politico sempre alla ricerca del consenso facile facile. In sintesi, noi vi chiediamo il voto e – allo stesso tempo – vi assicuriamo l’impunità fiscale. Molte campagne elettorali in Sicilia sono andate proprio così. Poi i cittadini si lamentano, ipocritamente, che le cose non funzionano. Qui in Sicilia è avvenuto un cortocircuito fra amministratori pubblici irresponsabili e cittadini altrettanto irresponsabili. Con i risultato che anche questo contribuisce a rendere la situazione dei comuni più che precaria.

• Tassazione oppressiva

Secondo la CGIA di Mestre la tassa sui rifiuti è aumentata dal 2000 in poi del 67 %. Un dato che dovrebbe inquietarci nel senso che andrebbero rinvenute le cause di tale aumento. Un aumento inspiegabile perché i consumi sono calati e la percentuale di differenziata ha subito un bel incremento. Cerchiamo di addentrarci nella questione per comprenderla con maggiore compiutezza. Quando si dice che i consumi sono calati ciò significa che anche gli imballaggi – la stragrande maggioranza dei rifiuti prodotti in Italia – sono diminuiti. Quindi quando c’è minore produzione la tassazione dovrebbe diminuire di pari modo. Invece, così non è. Molti ci dicono che la differenziata in Italia è in costante crescita. Ma allora perché la tassa sui rifiuti aumenta? O i dati della differenziata sono falsificati oppure il sistema non è economicamente sostenibile. Il risultato finale è che la tassazione sui rifiuti continua a salire ogni anno che passa. Dovrebbe essere il contrario. Un altro osservatorio autorevole sulla tassazione locale – Confartigianato – ha diffuso dati di paragone fra l’Italia e la media europea. Orbene, dal 2000 al 2010 le tariffe dei servizi pubblici in Italia sono aumentate del 54,2 %. In Europa di ben 24 punti percentuali in meno rispetto al nostro paese. In particolar modo, la tassa sui rifiuti nel medesimo periodo di analisi si è accresciuta del 56,6 % contro un 32,2 % di media europea. Ancora una volta è evidente che qualcosa ci sfugge. Come mai la tassazione locale aumenta in maniera così prepotente in Italia quando la qualità dei servizi non è – diciamo – delle migliori? Ci viene il sospetto che si è voluto costruire un sistema di tassazione locale oppressivo per coprire le inefficienze lampanti del sistema e le relative spese clientelari. Insomma, i cittadini pagano salato e per di più hanno la netta sensazione dell’inutilità della cosa per via del crollo simmetrico sul versante della qualità del servizio ricevuto in controparte.

In questo marasma la parola “federalismo” appare come una immensa presa in giro che ha nascosto un incremento vertiginoso di pratiche afferenti a un’allegra amministrazione dei bilanci comunali. Capite, quindi, perché abbiamo intitolato l’articolo “la caporetto dei comuni italiani”?


Emanuele G.

:.: Città invisibili

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