Trapani: bandita la parola mafia

martedì 5 giugno 2012, di Antonio Carollo

"Non bisogna parlare di mafia perché si rischia di darle importanza".

Secondo il neo sindaco di Trapani.ex generale dei carabinieri in pensione Vito Damiano, nelle scuole “non bisogna parlare di mafia perché si rischia di darle soltanto troppa importanza, i progetti dove si parla sempre e solo male della mafia, in realtà danno importanza ai mafiosi”, meglio fare corsi sui prodotti locali che sull’antimafia. Questa singolare dichiarazione ha innescato una tempesta di polemiche, come c’era da aspettarsi. Poi, in perfetto stile berlusconiano, il neo Sindaco ha controbattuto dicendo di non aver pronunciato quella frase e ha ricordato di aver svolto le funzioni di colonnello a Catania, sottintendendo che lui la mafia la conosce e l’ha combattuta. Ma la questione è: con quale disposizione d’animo, con quali provvedimenti il nostro neo sindaco intende perseguire la trasparenza nell’azione di governo e lo sviluppo della città tanto ripetuti in campagna elettorale . Ebbene, nel programma con cui si è presentato agli elettori, una serie di dichiarazioni sull’efficienza, sull’onestà degli amministratori, sull’attenzione alle varie categorie, sui giovani, sulle opere infrastrutturali, eccetera, con richiami alle ragioni del cuore, all’amore per le proprie radici (per la genericità degli enunciati il programma del nostro Generale potrebbe andare bene - si fa per dire - per cento altre città), non c’è un cenno, una parola, una sfumatura che faccia riferimento al fenomeno mafioso, certamente presente nell’economia trapanese. Lo stesso può dirsi per gli altri due documenti resi pubblici prima delle elezioni: il curriculum e la lettera aperta ai trapanesi. Neanche sfiorata l’idea di un ferreo concreto controllo degli appalti, terreno molto appetito dalle cosche. Con questo non si vuol dire che il sindaco Damiano non terrà fede ai suoi principi di onestà, onore, disinteresse personale, professionalità. Ma è perlomeno paradossale che in una città come Trapani un generale dei carabinieri, custode per antonomasia della legalità, non si ponga pubblicamente (per passare poi ai fatti), come sindaco, il problema di tenere a distanza ogni influenza mafiosa dagli affari della città e vada a dire agli studenti di mettere da parte la parola mafia, anziché concorrere, con la sua esperienza di servizio, alla diffusione tra i giovani della cultura antimafiosa e della legalità.

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