IndipendenteMente dall’assenza

giovedì 17 marzo 2005, di Serena Maiorana

Cronaca di “IndipendenteMente”, giornata di studio sulla comunicazione, ragionando su come è andata e su come poteva andare.

(Catania). Giovedì 10 marzo. Mattina. Mi trovo nell’auditorium delle Facoltà di Lettere e Lingue (ex monastero dei Benedettini) in occasione di “IndipendenteMente”, giornata di studio su media e comunicazione, e subito un dato mi salta agli occhi: questo posto è semi-deserto.

Il dato appare ancora più allarmante (o perlomeno triste) se si pensa che ci troviamo nella sede dei corsi di laurea in “scienze della comunicazione” e “comunicazione internazionale”. Chi frequenta corsi di questo tipo dovrebbe essere qui, e dovrebbe essere felice di esserci. O perlomeno incuriosito. Ed invece niente. O comunque poco. Sicuramente troppo poco.

Il punto è che, ammesso che un discorso sui media possa apparire ai più poco interessante, così non dovrebbe essere per chi (come questi studenti) ha deciso di dedicare all’argomento un minimo di tre anni della propria vita. Per non parlare della montagna di soldi spesi in tasse in nome di una presunta vocazione comunicativa... Eppure questa mattina in moltissimi hanno trovato di meglio da fare.

Il convegno ha comunque inizio. Forse seguendolo attentamente risulteranno evidenti anche le motivazioni di un’assenza così massiccia. Ho deciso: procederò per ipotesi.

Si comincia con un video sugli scontri del G8 di Genova. Sul maxischermo appaiono in sequenza scene raccapriccianti di violenza sistematica ed ingiustificata della polizia contro i manifestanti. A guardare queste scene non ci si sente affatto bene. E la situazione non migliora quando il filmato (realizzato da Indymedia) propone, con la coraggiosa crudezza di chi vuole documentare, suture e sanguinamenti dei feriti. Poi ancora scontri, e scontri, e scontri. Alla fine un ragazzo rimane a terra. Si chiamava Carlo. Il resto ormai è storia.

Eppure a vederlo di nuovo lì ,Carlo, a terra a sanguinare e morire, si sta male. Ancora ed ancora lo stomaco si rigira e si contrae. Ma non è mai abbastanza.

Ipotesi 1: forse qui gli studenti sono debolucci di stomaco?

Il convegno continua. La parola passa a Lucio Tomarchio (di Indymedia-Italia), poi a Riccardo Orioles (I Siciliani, ideatore della catena di San Libero), Gabriele “Asbesto” Saverio (co-fondatore di Radio Cybernet), Rocco Rossitto (Girodivite) ed un redattore di Step1. Tutte persone che (chi più chi meno) hanno provato a fare informazione muovendosi fuori dai contorti e censori cunicoli inposti dall’informazione ufficiale. Tutti raccontano la loro esperienza, comunque positiva perché comunque fortemente motivata.

Chi ascolta però non ha molto di cui gioire visto il desolante quadro che i relatori fanno dell’informazione italiana, sicuramente scoraggiante per chi avesse l’intenzione di trovare in questo ambito paga ed appagamento.

Ipotesi 2: forse qui gli studenti sono facilmente deprimibili?

La conferenza continua, è il momento del question-time. I ragazzi domandano, i relatori rispondono. Ed in particolare chi fa le domande ci tiene ad esprimere l’impossibilità di svolgere concretamente l’attività giornalistica in una regione che non offre niente, dove anche la Facoltà di Lettere non finanzia, né propone, né promuove un giornale interno alla facoltà.

Ipotesi 3: ho capito, forse si sono già arresi...

A rispondere loro ci pensa Riccardo Orioles, che fa subito presente come per fare informazione non servano strutture, autorizzazioni e finanziamenti. Chi vuole fare informazione ha bisogno solo di una risma di carta e di un po’ di inchiostro. Il resto sono solo scuse.

Ipotesi 4: ...o forse non hanno mai cominciato a lottare?

Ipotesi dopo ipotesi l’unica certezza che rimane è che fino a quando chi può scegliere preferirà i balletti di Vespa ai documentari, Verissimo al telegiornale ed essere altrove piuttosto che qui, tutto ciò che cambia lo farà sempre in peggio.

Rispetto a chi non c’era chi ha deciso di essere qui oggi ha certamente guadagnato, forse per contagio o forse per condizione, l’ansia di scrivere, di raccontare. Il resto l’avete già letto.


Serena Maiorana

Comunicazione

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