Presentazione del quarto numero di CongiunturaRes

mercoledì 27 luglio 2011, di Emanuele G.

Uno sguardo attento e severo sulle criticità dell’economia siciliana

La crisi è ancora in atto e colpisce duramente le famiglie e le imprese. È quanto emerge dalla presentazione del quarto numero di CongiunturaRes, pubblicazione dell’Osservatorio Congiunturale della Fondazione Res.

Lo scenario di previsione, con un focus dedicato alle conseguenze della crisi sulla geografia delle imprese – online su www.congiunturares.com – è stato presentato oggi a Villa Zito alla presenza di Pier Francesco Asso, Coordinatore Scientifico della Fondazione Res; Adam Asmundo, Responsabile delle Analisi Economiche della Fondazione Res e di CongiunturaRes; Marco Venturi, Assessore Regionale alle Attività Produttive; Mariella Maggio, Segretaria Generale CGIL Sicilia; Zeno Rotondi, Responsabile dell’Ufficio Studi Divisione Retail del gruppo Unicredit; Salvatore Butera, Presidente della Fondazione Salvare Palermo.

“Le famiglie subiscono la crisi in maniera fortemente diseguale: la crisi accentua le diseguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza – spiega Adam Asmundo, responsabile del modello dell’economia siciliana – e da un punto di vista produttivo è in atto dal 2007 un processo di destrutturazione del sistema regionale: il rapporto evidenzia che il numero di imprese attive è diminuito di circa 16 mila unità e dopo la caduta del 2007 gli investimenti in macchinari e attrezzature non hanno ancora recuperato i livelli di inizio periodo”. “Le imprese esportatrici – prosegue – riescono tuttavia a realizzare buone performance sui competitivi mercati internazionali e una nuova domanda di servizi turistici percorre positivamente l’Isola, segno che esistono almeno due vie di uscita dalla crisi: l’espansione e la diversificazione funzionale delle imprese, con l’accorciamento delle filiere produttive e commerciali, e la valorizzazione delle risorse del territorio”. Secondo l’Assessore Marco Venturi “il dato allarmante, confermato oggi, è che il sistema soffre sia una crisi congiunturale, sia una crisi strutturale endemica, tanto sull’Isola come in Italia. L’impresa più grossa che c’è in questa regione è la Regione stessa. Abbiamo un ritardo strutturale di 40 anni: su un totale di 500mila aziende siciliane, circa l’80%, ovvero 400 mila, ha un fatturato inferiore a 100 mila euro all’anno”.

“Il tessuto territoriale in Sicilia – prosegue – non esiste: è necessario farlo crescere rendendo attrattivi i nostri territori e competitive le nostre aziende, attraverso il lavoro e non con l’assistenzialismo. I fondi perduti creano solo corruzione”.

“Molte conferme e qualche certezza dall’ultima analisi di Congiuntura Res – sottolinea Pier Francesco Asso - fra le prime emerge il ritmo ancora assai modesto della ripresa, l’ulteriore rallentamento delle componenti interne della domanda, la crisi occupazionale resa ancora più drammatica dall’aumento di persone che rinunciano a cercare attivamente un lavoro. Fra le seconde, la buona tenuta delle esportazioni soprattutto nei settori tradizionali del made in Sicily e una promettente ripresa di attività legate al turismo sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta”.

“Il quadro complessivo – prosegue – è critico ma, come dimostra il focus, a "macchie di leopardo". Esistono imprese di eccellenza e territori maggiormente dinamici che hanno saputo affrontare in maniera più efficace l’impatto della crisi”.

Mariella Maggio evidenzia come sia importante “invertire la tendenza di questa regione che si sta avvicinando a un punto di non ritorno. Azioni improcrastinabili non sono state né progettate, né adottate dal governo nazionale, come ad esempio le risorse dei FAS, fondamentali per superare quel delta che drammaticamente ci divide dal resto del Paese, per innestare sviluppo e occupazione e risollevare la nostra economia regionale”.

“I dati sull’occupazione – prosegue – sono più sconfortanti di quelli sulla disoccupazione: la Sicilia è al 42% di occupati, mentre il resto d’Italia al 56%. I dati relativi alla disoccupazione, quella femminile in particolare, sottolineano come lo stato sociale siciliano non aiuti le donne: coloro che hanno figli e lavorano non ricevono alcun supporto nel farsi strada nella giungla degli asili nido, tanto pubblici quanto privati. Ciò accentua il divario con il resto d’Italia”.

Per Salvatore Butera “l’immagine che emerge da questa analisi ci mostra che l’economia siciliana è ferma, segna il passo, pur essendo immersa in una società in movimento che manda molti segnali, come la trasformazione radicale del commercio, il declino della mafia, l’interesse sempre maggiore dei siciliani a eventi di stampo culturale. Si tratta di fatti di importanza straordinaria, che denotano segnali di forte cambiamento. Resta il dubbio sul perché ancora l’economia non sia riuscita a recepire questi segnali”.

Infine secondo Zeno Rotondi “Regioni come Basilicata, Molise, Sardegna e Calabria, pur avendo un indice di competitività globale più basso di quello siciliano, riescono ad agganciare la ripresa economica molto meglio della Sicilia. La Sicilia è persistentemente in riduzione rispetto all’attività economica dello scorso anno”.

[In allegato al presente articolo la presentazione in Powerpoint di CongiunturaRes]

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Emanuele G.

:.: Città invisibili

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