martedì 14 dicembre 2010, di Alessio Di Florio
Non s’intravede all’orizzonte
alcun progetto programmatico, alcuna visione del futuro. E intanto prosegue
la colonizzazione e il saccheggio del territorio da parte delle mafie
e della speculazione. Si cancella la parte migliore del territorio,
si bloccano progetti come il Parco della Costa Teatina, si devastano
fiumi e valli, milioni di euro vengono letteralmente gettati via in
mega progetti inutili per la collettività. Tutto in nome del profitto
di pochi.
"L’Abruzzo è una regione
camomilla, facilità di penetrazione, costi d’insediamento minimi e
zero conflittualità". Sono le parole con le quali un dossier
di qualche anno fa della multinazionale scozzese Petroceltic
descriveva l’Abruzzo. Queste parole sono diventate negli anni la condanna
dell’Abruzzo. Perché, nonostante i tantissimi tentativi di resistenza
e di rivolta morale e civile di larga parte della popolazione, dei movimenti
e di molte associazioni, restano da scolpire nella pietra per quanto
riguarda la classe politica, troppo spesso totalmente prona agli interessi
privati e speculativi e interessata da gravissimi casi di corruzione.
Anche con la complicità di parte della stessa società civile che,
ben lungi dal svolgere il suo dovere di critica e sorveglianza civile
e sociale, si lascia letteralmente comprare dai poteri forti, tradendo
i cittadini, per un piatto di lenticchie o per molto meno di trenta
denari, rappresentati spesso da lauti finanziamenti o da cooptazioni
nelle stanze dei bottoni.
Da tanti troppi anni colate
di cemento, mega progetti dispendiosi quanto inutili, infiltrazioni
malavitose, stanno ipotecando e devastando il futuro dell’Abruzzo. E
la classe politica è, nei fatti, connivente. Sempre più ostaggio di
un far west dove imperversano consorterie e comitati d’affari, mentre
un coacervo di illegalità e devastanti speculazioni si stanno impossessando
del territorio. In tutto questo le infiltrazioni delle varie mafie e
di note multinazionali stanno disegnando una vera e propria colonizzazione
della Regione, che favorisce il business di pochi (esemplare la situazione
della "deriva petrolifera", la cui cartina delle concessioni
somiglia sempre più all’Africa coloniale) e impone il totale saccheggio.
IL MASSACRO CONTINUO DEI
FIUMI
Nelle scorse settimane grande
preoccupazione hanno destato le esondazioni di molti fiumi, soprattutto
nell’alto pescarese e nell’aquilano. Abbiamo assistito a scene che,
per alcuni giorni, hanno ricordato le gravi emergenze di Sarno di alcuni
anni fa e di Vicenza dei mesi scorsi. Non sono calamità naturali, come
spesso vengono etichettate, o decise da chissà quale fato avverso.
Sono il frutto di una scellerata mancata gestione del territorio che
ha permesso di devastare alvei dei fiumi, cementificando ovunque. Recentemente
il mensile Focus si è occupato di 7 dei fiumi più inquinati
d’Italia, due di questi sono abruzzesi: il fiume Saline
e il fiume Aterno-Pescara. Augusto De Sanctis, referente
acque del WWF Abruzzo, in occasione della pubblicazione del mensile
ha ricordato che "nel Piano di Tutela delle Acque recentemente
adottato dalla Giunta Regionale per il 25% dei fiumi abruzzesi si rimanda
al 2027 il risanamento" e sul fiume Saline "invece
di pensare alla bonifica, si vogliono realizzare nuove strade e ponti
per circa 16 milioni di euro".
Il WWF Abruzzo ha recentemente
denunciato il massacro di un bosco di salici e pioppi "grande quanto
30 campi di calcio" sul fiume Tronto
per... scoraggiare la prostituzione sulle sue rive, e la devastazione
del fiume Treste (dove è stato riconosciuto un Sito di Interesse
Comunitario per la presenza di una rarissima testuggine) ridotto in
"uno stato pietoso, alterando completamente in quel tratto qualsiasi
processo ecologico e interrompendo la connessione ecologica tra aree
di valle con le aree di monte" da ruspe che sono state viste
"scorazzare e sbancare direttamente in alveo".
CONSUMO DI SUOLO E STATO
DEL PAESAGGIO: I DOSSIER E LE DENUNCE DI WWF E ITALIA NOSTRA
Il 29 Ottobre scorso il giornalista de La Stampa Giuseppe Salvaggiulo
ha presentato a Pescara il suo libro "La Colata", sul saccheggio del territorio italiano. Un saccheggio che sta letteralmente cancellando il futuro dell’Italia (e che vede anche nell’Abruzzo una delle sue avanguardie). Nell’occasione il WWF Abruzzo, che ha invitato Salviaggiulo, ha presentato un dossier sul consumo di suolo in Abruzzo e un possibile decalogo per salvare quel che resta. Denuncia Camilla Crisante, presidente del WWF Abruzzo, che "il modello insediativo abruzzese...sta determinando una vera e propria crisi del paesaggio". Infatti "poche sono le aree libere da strade e centri abitati. In un territorio poco industrializzato le falde e i fiumi sono pesantemente compromessi da quasi 1200 siti inquinati" e "sono state aggredite le colline e anche le pregevoli aree montane". Secondo lo stesso Salvaggiulo
"L’Abruzzo segue un modello che sta letteralmente impoverendo l’Italia" e gli amministratori "nei fatti hanno premiato pochissimi costruttori a svantaggio della qualità della vita dei cittadini". Tra le altre, leggiamo nel dossier che i boschi di querce secolari dell’Alto Vastese "sono ormai dominati da una disordinata e onnipresente selva di torri eoliche che hanno ormai connotato questo territorio in senso industriale", nelle piane dell’Aquilano "gli splendidi mandorleti tradizionali sono ormai intervallati da cave" e "le aree dello zafferano descritte da Silone come Navelli e S. Pio delle Camere sono assediate da capannoni industriali ed artigianali sparsi, autorimesse e strade degne di periferie di metropoli (vedi il raddoppio della SS. 17)", le "aree costiere sono fragilissime, segnate dell’erosione e dall’impossibilità di evolvere naturalmente a causa della cementificazione imperante". Su quest’ultimo punto citato viene chiesto "di tener conto dei potenziali effetti dei cambiamenti climatici e dell’erosione, cercando di ripristinare la mobilità della linea di costa e ricostituzione di ambienti dunali che ostacolano i processi erosivi". A corredo di questo viene allegata la foto degli ambienti dunali, totalmente in stato di abbandono e incuria, della spiaggia di Casalbordino. Una spiaggia interessata nei mesi scorsi da un milionario ripascimento di sabbia, su cui è tornato nei giorni scorsi il WWF Zona Frentana e Costa Teatina, denunciandone il totale fallimento. Già il 31 ottobre scorso gli attivisti dell’associazione hanno rilevato l’arretramento della linea di battigia fino a 10 metri. A metà dicembre l’arretramento è ormai totale, vanificando totalmente i milioni spesi. Da non dimenticare che il prelievo della sabbia era previsto al largo della spiaggia di Punta Penna, all’interno della
Riserva di Punta Aderci. Uno dei pochi luoghi di pregevole bellezza
e integrità rimasti (grazie soprattutto al lavoro e alla passione di
chi ci lavora e la difende quotidianamente) che ne sarebbe uscito devastato.
La mobilitazione civile ha impedito che questo scempio avvenisse. Nel
dossier del WWF Abruzzo viene, tra l’altro, anche chiesto di "dare
attuazione alla Direttiva SEVESO
sulla pianificazione delle aree attorno agli impianti industriali
a rischio di incidente rilevate (che sono circa 25 nella Regione)."
Parole che ben si adattano a diversi di questi impianti, come per esempio
quello della stessa Casalbordino che (oltre a suscitare immensa
preoccupazione in parte della cittadinanza e ad essere stato teatro
negli anni di diversi incidenti gravissimi, l’ultimo l’anno scorso,
alcuni anche mortali), a causa di una pessima programmazione urbanistica,
ha reso complicatissima l’approvazione del Piano Regolatore Comunale.
Il 21 Ottobre 2010 Italia Nostra ha presentato il suo Primo Rapporto Nazionale sulla Pianificazione Paesaggistica. L’Associazione denuncia che l’attuale Piano Paesistico dell’Abruzzo (approvato nel 1990) "è stato caratterizzato dalla soccombenza della tutela del paesaggio ai differenti interessi economici" mentre il redigendo nuovo Piano
presenta "gravi carenze nei contenuti e preoccupanti negligenze
nell’impostazione". E’ assente "qualsivoglia
politica di tutela paesaggistica nel territorio dell’Abruzzo colpito
dal terremoto dell’aprile 2009....il commissariato per la ricostruzione
propone illegittimamente come riferimento-base di tutela, non il piano
regionale paesistico vigente, ma il controverso nuovo piano paesaggistico
in elaborazione (a cura di Ecosfera-Inu) e, soprattutto la sua devastante
e liberatoria Carta dell’armatura urbana".
Il 7 dicembre scorso WWF,
Mila DonnAmbiente, EcoIstituto Abruzzo, Comitato Abruzzese per il Paesaggio,
Italia Nostra e Ville e Luoghi Dannunziani
hanno denunciato la cancellazione in corso della storia di Pescara.
Le associazioni denunciano "l’abbattimento, per ricostruzione
ex novo, e in cemento, di un elenco sempre più lungo di palazzi d’epoca
otto-novecentesca, segni importanti, anche esteticamente, del tessuto
urbano; la possibile cancellazione di ogni memoria di Borgo Marino nord,
uno dei luoghi fondativi e identitari di Pescara; le sorti troppo aleatorie
del Quartiere Pineta, dove, villino dopo villino, si procede verso la
devastazione dell’architettura di pregio e la banalizzazione dell’ultimo
quartiere pescarese di forte qualità urbana" mancando di rispettare
anche stringenti vincoli di conservazione e tutela (come sui villine
del "Quartiere Pineta") imposti dalle leggi e dai Piani vigenti.
Nessuno ricorda più, anche
se non sono passati molti anni, la battaglia intrapresa da pochi coraggiosi
ambientalisti per impedire la costruzione di Megalò, l’avveniristico
centro commerciale di Chieti Scalo
sorto in una zona a fortissimo rischio idrogeologico a pochissimi
passi dalle sponde del fiume Pescara dove la legge vieta tassativamente
di costruire. In caso di esondazione del fiume la catastrofe
sarebbe immensa. Nel 1992 il fiume Pescara sfondò ogni barriera distruggendo
tutto quello che la marea incontrò. Nel 1888 l’acqua sommerse interamente
le case, trascinandosi via le persone che avevano trovato rifugio sui
tetti. Eppure abbiamo, neanche molto distanti l’uno dall’altro, due
ipermercati, "Auchan Mall" e il già citato "Megalò".
A Francavilla la
linea Maginot di appartamenti costruiti con vista mare ha dato origine
al termine "francavillizzazione", per indicare un fenomeno
di così esasperata cementificazione della costa. Clamoroso, tra i tanti,
il caso del Fluenti. I lavori del resort, costruito letteralmente
sulla sabbia (con i lavori che l’anno scorso fervevano a pochi passi
dai bagnanti), sono proseguiti fino a pochi passi dalla conclusione
senza le autorizzazioni della Capitaneria di Porto
e dell’Agenzia del Demanio. Come sia stato possibile che nessuno
si sia accorto prima di un pachiderma del genere?
Il 31 luglio 2008 un vasto
incendio interessò Chieti Scalo, a pochi passi da un centro
commerciale e da una zona residenziale. L’incendio evidenziò la presenza
di una discarica abusiva lungo il fiume Pescara. Le fiamme colpirono
materiale plastico, che sprigionò una densa nube tossica. Dopo l’immobilismo
iniziale, l’amministrazione si è concentrata nell’attaccare il WWF,
reo di aver scoperto e denunciata la presenza di veleni cancerogeni
nell’aria (benzene, considerato dall’OMS "cancerogeno certo",
e la cui concentrazione era superiore 276 volte al limite di legge).
LA DISCARICA DI BUSSI E
LAVORI SEMPRE PIU’ CONTESTATI
E’ ormai universalmente nota
la storia della discarica di rifiuti tossici di Bussi, probabilmente
la più grande d’Europa. Un campo da calcio alto 130 metri di quasi
due tonnellate di Arsenico, benzene, cromo esavalente, piombo, mercurio
e decine di sostanze cancerogene e tossiche che, per almeno vent’anni,
ha avvelenato i pozzi che rifornivano le reti idriche di tutta la Val
Pescara. Nei mesi scorsi è diventata ufficiale la notizia
della presentazione di un progetto dell’imprenditore pescarese Toto
di costruire un un cementificio che andrebbe ad insistere proprio sull’area
contaminata. Lo stabilimento prevede, tra le altre, una discarica di
rifiuti per il deposito del materiale di risulta delle lavorazioni e
una cava estrattiva di argilla e calcare. Il quotidiano abruzzese "Il
Centro", nel riportare la notizia, evidenzia gravissimi rischi
ambientali: la cava sarà sfruttata per 30 o 40 anni, al termine del
quale la collina sarà più bassa, e si potrebbero causare "alterazioni
della potabilità dell’acqua". Una sorta di infernale coazione
a ripetere, lì dove giacciono veleni si rischia di continuare a inquinare
le acque.
Dopo anni di inerzia è stato avviato un progetto di "capping", fortemente contestato e che non risolverà quasi certamente nulla.
Un progetto per la cui realizzazione
l’appalto è stato vinto da Carlo Cericola, imprenditore di
Mozzagrogna, grazie ad un ribasso del 15%. I lavori sono iniziati
il 10 dicembre scorso. 3 giorni prima l’imprenditore è stato arrestato
dalla Guardia di Finanza di Chieti per frode fiscale. L’arresto
è stato eseguito a seguito di un’inchiesta totalmente diversa da quella
sulla discarica di Bussi e partita oltre un anno fa.
Il comitato Bussiciriguarda
(dove partecipano le associazioni EcoIstituto Abruzzo, Mila Donnambiente,
Italia Nostra, Marevivo) denuncia che i veleni di Bussi continuano
"imperturbati a per-colare nelle falde e nelle nostre catene
alimentari da anni e anni" aggiungendo che "la legge dello
Stato sancisce - in attesa delle bonifica - il dovere, per tutti, della
messa in sicurezza di emergenza immediata di un sito inquinato , per
impedire che il danno continui. La scoperta ufficiale è del 2007 …
e noi siamo ancora qui. La tecnica per una reale messa in sicurezza
del territorio più popoloso d’Abruzzo esiste … ma il Commissario,
con tutti i poteri extra di cui dispone, dopo 4 anni continua a ripeterci
che non ci pensa proprio a usarla e che continueremo a bagnarci nei
veleni … Fino a quando, per favore …? E perché i soldi mancherebbero
per la discarica mentre avanzano per altri lavori discutibilissimi,
di cui parleremo a parte?"
Sicuramente tra i "lavori
discutibilissimi" possiamo annoverare il progetto che interesserà
il lago di Campotosto, promosso dal commissario per l’emergenza
nel Bacino dell’Aterno-Pescara (e che è sempre Adriano Goio,
lo stesso della discarica di Bussi). 91 milioni di euro per un progetto
che, tra l’altro, prevede la deviazione delle acque del lago verso il
fiume Aterno e la fornitura alle reti idriche che riforniscono L’Aquila
ma che, per stessa ammissione dei progettisti, perde il 49% dell’acqua
immessa. Il WWF Abruzzo denuncia che non è stata preliminarmente
classificata la potabilità dell’acqua del lago (nonostante i vari scarichi
zootecnici e civili non trattati), che la minore produzione
di energia idroelettrica che il progetto comporterà "equivale
ad immissioni in atmosfera per 7333 tonnellate all’anno di anidride
carbonica" aggiungendo che è "inaccettabile che si punti
prima sul "gigantismo ingegneristico" per portare più acqua
che si perderà in una rete colabrodo piuttosto che puntare subito sulla
diminuzione delle perdite della rete di distribuzione. E’ talmente evidente
questo fatto che i progettisti hanno provato a prevenire questa ovvia
osservazione evidenziando che vi saranno altri interventi del Commissario
che verranno fatti in un futuro non precisato"
L’AQUILA, IL TERREMOTO E
LE MAFIE
A pagina 236 di Gomorra, lo scrittore Roberto Saviano ha denunciato che, per anni, anche nell’aquilano e in Abruzzo, si è sostituito il cemento armato con la sabbia prelevata in Campania sulle sponde del fiume Volturno. Queste le sue parole: "Io so e ho le prove. So come è stata costruita mezz’Italia. E più di mezza. Conosco le mani, le dita, i progetti. E la sabbia. La sabbia che ha tirato su palazzi e grattacieli. Quartieri, parchi, ville. A Castelvolturno nessuno dimentica le file infinite dei camion che depredavano il Volturno della sua sabbia.
Camion in fila, che attraversavano le terre costeggiate da contadini
che mai avevano visto questi mammut di ferro e gomma. Erano riusciti
a rimanere, a resistere senza emigrare e sotto i loro occhi gli portavano
via tutto. Ora quella sabbia è nelle pareti dei condomini abruzzesi,
nei palazzi di Varese, Asiago, Genova." Alcuni degli edifici
costruiti con quella sabbia sono crollati nel terremoto del 6 aprile
2009.
Una fortissima denuncia della
violenza degli affari, delle mafie e della speculazione a L’Aquila è
venuta dal coraggioso e straordinario Angelo Venti
che, già nei giorni immediatamente successivi al sisma, ha levato alta
la sua voce. Una violenza che ha imprigionato L’Aquila in una gabbia
di autoritarismo e militarizzazione. La Protezione Civile
è stata il braccio armato di una continua violenza di Stato contro
L’Aquila, ancora oggi prigioniera e senza alcuna prospettiva di futuro.
Gli aquilani sono stati allontanati dalla loro città, incarcerati in
campi organizzati malissimo, con gravi problemi igienici (è incalcolabile
il numero di anziani morti solo nei giorni in cui il mondo aveva lo
sguardo sullo show di Obama con Stefania Pezzopane, all’epoca presidente
della Provincia, e del G8) sorti nei mesi e una militarizzazione assurda
e inconcepibile. Nelle tendopoli non era possibile cucinarsi da soli,
avere una vita sociale, convocare assemblee o distribuire un volantino.
Riporto parte di quanto già
scritto nel maggio dell’anno scorso, quando scrissi che "Mafie
e potentati economici stanno mettendo le mani sulla ricostruzione"
permettendo che s’involasse la "Gomorra d’Abruzzo"
"[...] In 40 giorni abbiamo già visto di tutto. Per evitare parte dei rimborsi pubblici hanno falsificato, abbassandolo, il grado ufficiale del terremoto... Dopo solo una settimana hanno contraffatto le macerie, coprendole con materiali a norma di legge giunti da altri posti. [...] abbiamo visto la processione dei costruttori, con le loro litanie autoassolutorie, che assicuravano la bontà del loro operato, lavandosi pilatescamente le mani. E, addirittura, accreditandosi come partner per la ricostruzione. Probabilmente già pregustandosi gli incassi del De-Cretino Abruzzo... E, mentre migliaia di proprietà e terreni comunali restano inerti, moltissime famiglie, già colpite dal terremoto, si vedono requisire case e terreni dove vivevano e lavoravano.
[...] tra i tanti terribili
atti di prepotenza vigliacca e criminale che sono e stanno emergendo,
è emersa anche la terribile piaga dello sfruttamento dei lavoratori
migranti senza documenti. Decine, forse centinaia di persone, sconosciute
ai registri comunali e all’Ispettorato del Lavoro, sono morte e nessuno
ha reclamato la loro salma. Inesistenti per tutti, probabilmente straziati
dalle ruspe e cancellati con le macerie. Persone delle nazionalità
più diverse.[...] Sappiate che esistono anche loro. Lì dove le persone
muoiono sotto la sabbia. Dove è tornato lo spettro della tubercolosi,
in campi che quotidianamente scivolano verso l’inferno. Dove arriveranno
presto i più grandi criminali della roboante Comunità internazionale,
trafficanti di armi e speculatori sulle spalle dei poveri e degli oppressi"
Angelo Venti
ha recentemente raccolto in un dossier (che andrebbe letto in
tutte le scuole, i consigli comunali, provinciali e regionali e studiato
da tutti coloro che esaltano a giorni alterni la "legalità")
dell’Associazione Libera le denunce di questi mesi, il "colpo
di stato strisciante" dei mesi successivi che ha rinchiuso
i cittadini nei campi o li ha dispersi a migliaia di chilometri di distanza
dalla propria terra, le speculazioni della "ricostruzione",
le incredibili mancanze di chi doveva monitorare le infiltrazioni criminali.
16 pagine fitte di nomi, luoghi, fatti denunciati e documentati puntualmente.
Lo stesso Angelo negli ultimi
anni ci ha offerto uno spaccato dettagliato e preciso di quanto stava
accadendo, l’infiltrazione delle mafie e l’affarismo di pochissimi.
Basterebbe rileggere i suoi puntuali articoli su Site.it
per ricostruire la colonizzazione della Marsica e dell’Abruzzo interno
da parte delle mafie, che si sono trovate così ben pronte e attive
a spartirsi il lauto banchetto dopo il terremoto del 6 Aprile 2009 .
Interessantissimo l’articolo
"Le mani sull’Abruzzo interno: la colonizzazione discreta dell’isola
felice" pubblicato nel numero del dicembre 2007
di Site.it ( http://www.site.it/le_testate/
Uno spaccato sulla tratta degli esseri umani nel Fucino - con tutto il corollario di corruttela, criminalità, prostituzione e sfruttamento - emerge dal reportage Giuda si è fermato ad Avezzano pubblicato a febbraio sulla rivista Left.
E poi ancora le condanne
per riciclaggio, nel processo di primo grado celebrato a Palermo, al
gruppo che ruota intorno a Ciancimino e Lapis, le cui società estendono
i tentacoli fino a Tagliacozzo, Avezzano, Carsoli e Sulmona.".
Nello stesso numero troviamo l’articolo "Un pezzo di Sicilia
tra i monti incontaminati d’Abruzzo: gas, villaggi turistici, rifiuti
ed energia" (che merita di essere letto per intero http://www.site.it/un-pezzo-
VASTO, LABORATORIO DELLA
SPECULAZIONE EDILIZIA. ARRIVERA’ UNA HISTONIUM 3?
Un laboratorio della speculazione
edilizia, e delle infiltrazioni criminali, è Vasto, consegnata
alla totale cementificazione dall’attuale Piano Regolatore Generale,
approvato diversi anni fa ma ancora al centro delle discussioni politiche
cittadine. Un PRG che ha immerso la città in un’immensa colata
di cemento, rendendo di fatto impossibile una corretta gestione
del territorio. Una cementificazione selvaggia che ha saccheggiato e
devastato la città e le sue bellezze e che sembra senza freno.
Nel 2007 Vasto fu interessata dall’inchiesta Histonium 1, che smantellò una ’ndrina (attiva anche in altre regioni) guidata dal boss calabrese Michele Pasqualone
( giunto in Abruzzo per il "soggiorno obbligato" che scontava
in una villa di Contrada Cervara), che taglieggiava imprenditori e commercianti.
I proventi dell’attività criminosa venivano investiti nell’usura e
nell’edilizia, dove la cosca si sta impadronendo del mercato del calcestruzzo.
Un anno dopo l’inchiesta Histonium 2
accertò che Michele Pasqualone continuava a gestire la cosca anche
dal carcere. Dopo questa seconda inchiesta estorsioni, minacce, cruenti
attentati (accoltellamenti, sparatorie), incendi sembrarono cessare.
La situazione dell’ordine pubblico
a Vasto sta nuovamente precipitando. Le autorità cercando di tranquillizzare
la cittadinanza, riducendo tutto a episodi di vendette personali, microcriminalità
e vandalismo diffuso. C’è anche questo, ma i segnali di una torta nuovamente
appetibile per le organizzazioni criminali sembrano esserci tutti, e
c’è chi parla apertamente di una nuova stagione criminosa all’orizzonte
che, non potrebbe essere diversamente, parte dall’edilizia. La speculazione
c’è, e appare irrefrenabile. Migliaia di appartamenti sono totalmente
invenduti. E, in molti punti della città, appaiono cartelli con i sigilli
dell’autorità giudiziaria. A dimostrazione che qualcosa di concreto
c’è. Molti terreni, dove sono sorte come funghi palazzine, secondo
quanto riportato dal quotidiano Il Centro
sono stati acquistati al doppio o al triplo del loro reale valore. Immobili
che, nella stragrande maggioranza dei casi, rimangono invenduti. Lì
dove vengono venduti, il prezzo è di gran lunga inferiore a quello
di mercato. Il settore edilizio appare quindi totalmente fallimentare
e foriero di perdite. Ma si continua a costruire. Secondo il procuratore
aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, recatosi tempo fa
in Abruzzo e le cui dichiarazioni sono state raccolte dal quotidiano
Il Centro, «È uno dei segnali più forti della presenza della
’ndrangheta. Nella normalità infatti, gli imprenditori costruiscono
un primo lotto, vendono gli appartamenti già sulla carta e solo dopo
aver recuperato i soldi iniziano i lavori di costruzione di altri edifici.
Quando avviene il contrario, e si costruisce pur avendo un grande invenduto,
lì c’è l’infiltrazione della criminalità organizzata che ricicla
il denaro sporco. Bisogna intervenire in fretta se non si vuole consegnare
il territorio a ’ndrangheta e camorra».
Dopo oltre vent’anni è stato
presentato un nuovo progetto per la costruzione di una città satellite
a sud della Città, al confine con San Salvo
(che, tra le altre cose, già soffre la presenza di analoghi agglomerati
urbani). Un progetto che ha già incontrato una fortissima opposizione
politica. In una città con le previsioni del PRG totalmente sovradimensionate
rispetto alla realtà (sostanzialmente tra quanto previsto nel Piano
e la realtà la forbice è di quasi ventimila abitanti...), dove circa
3000 appartamenti sono disabitati, dove in intere zone della città
è stato finora impossibile garantire la costruzione di strade e la
fornitura dei servizi essenziali (basterebbe fare una visita in alcuni
quartieri a pochi passi dal centro per trovare autentiche "cattedrali
nel deserto" mentre in altri, come contrada Montevecchio, aumentano
gli allarmi per frane e smottamenti) non si spiega come sia possibile
prevedere la costruzione di altre migliaia di alloggi.
E, in questo panorama, sconcerta
ed appare sempre più assurdo il "panico" che sembra suscitare
tra alcuni esponenti politici ed operatori economici la previsione di
realizzare (finalmente, dopo un’attesa ormai decennale dalla sua istituzione!)
il Parco Nazionale della Costa Teatina. Un panico espresso, anche
negli ultimi mesi, soprattutto dal "Partito del Cemento" che
ha consegnato Vasto alla sua attuale situazione urbanistica. Nel Settembre
scorso, a ridosso di un Consiglio Comunale che avrebbe dovuto discutere
della perimetrazione cittadina del Parco, alcuni esponenti politici
hanno pubblicamente preso posizione contro la sua realizzazione, chiedendo
allarmati se sia conveniente e, con accuse demagogiche e strumentali
(assolutamente non supportate dai fatti che, anzi, evidenziano esattamente
l’opposto) se non ingesserebbe lo sviluppo del territorio.
Non sono passati molti mesi da quando abbiamo esultato per la bocciatura del progetto di porto turistico alla foce del torrente Lebba
che un’analoga "follia" (come l’ha definita il presidente
dell’ARCI Lino Salvatorelli, giudizio condivisibile e da sposare
in toto) si sta abbattendo sulla costa vastese: un progetto di porto
turistico (leggermente ridimensionato nel numero dei posti barca) a
sud della Città, tra le località Trave e Casarsa. Una
nuova inaudita aggressione al territorio in una zona di notevolissima
bellezza (già compromessa e minacciata da svariate costruzioni) che
sarebbe dovuta diventare Riserva Naturale già da diversi anni. Analogo
progetto di costruzione di un porto turistico (in quel caso insieme
ad un resort!) è in discussione a San Vito. Progetti totalmente
inutili (quanto devastanti!) considerando che, secondo i dati
del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture
del 2007, in Abruzzo sono già oltre 40 posti barca per km (contro una
media nazionale di 18!), in un panorama generale di crisi economica
e di forte perdita dei porti già esistenti (è agli onori della cronaca
regionale la gravissima situazione del porto di San Salvo, non
distante dal luogo dove vorrebbero costruire il nuovo porto a Vasto),
come si potrebbe notare anche nella nostra zona(con in più l’inquietante
caso di un’inchiesta della magistratura in Molise per infiltrazioni
mafiose nella gestione del porto di Campomarino).
Ma non è finita. In piena
zona industriale, a pochi passi dalla Riserva Naturale di Punta Aderci,
insistono due progetti di centrale a biomasse. Alcune fonti parlano
addirittura di una possibile terza. Il primo progetto (4 Megawatt) è
della società Histon Energy,
l’impianto è stato classificato "Insalubre di Prima Classe"
e la vicinanza di pochi metri alla Riserva avrebbe un fortissimo impatto.
Il secondo (almeno 16 MW) si realizzerebbe all’interno degli impianti
della società Puccioni. Ma secondo alcune persone la EcoFox
avrebbe contattato alcune cantine sociali della zona per chiedere di
entrare in una società di nuova costituzione. Questa nuova società
dovrebbe costruire, con quanto fornito dalle cantine sociali, un impianto
a biomasse da 1 MW.
LE SCANDALOSE PASSERELLE
DEI NOSTRI POLITICI. DUE RICORDI PERSONALI CHE NON SI CANCELLERANNO
MAI
Non smetterò mai di scandalizzarmi
(e di sentirne sempre sulla pelle la violenza e il senso di nausea)
per due episodi dell’ultimo anno e mezzo che mi hanno visto spettatore.
Episodi che è dovere ricordare, anche quasi ossessivamente.
Queste le parole con le quali
descrissi il primo nell’estate 2009:
"All’incirca un mese fa a Cupello (paese dell’Alto Vastese) c’è stato un incontro pubblico, alla presenza del presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi e di Remo Gaspari, un nome che forse fuori d’Abruzzo non dice quasi più nulla ma che è stato tra i protagonisti della DC regionale negli ultimi decenni .
Argomento ufficiale della serata:
lo sviluppo d’Abruzzo e le energie rinnovabili. Dopo il comizio
di Chiodi, la dott.ssa Maria Rita D’Orsogna (ricercatrice in una delle
più prestigiose università statunitense, e che vanta collaborazioni
con università di tutto il mondo, dal Canada all’Australia, quindi
non proprio una sprovveduta...) ha chiesto la parola, per poter fare
una sola semplice domanda a Chiodi: cosa ne sarà del futuro dell’Abruzzo
e delle concessioni petrolifere che
(dati ufficiali del Ministero per le Attività Produttive)
occupano quasi metà regione? E’ stata fisicamente strattonata e
spintonata mentre Chiodi e il suo vicino di tavolo la insultavano pesantemente.
Insulti estesi ad alcune persone che hanno tentato di difendere la dott.ssa
D’Orsogna dall’aggressione fisica. A questo punto è intervenuto Remo
Gaspari. Zio Remo ha calcato la mano sugli insulti, affermando che sono
gli stessi che hanno sempre fatto il male dell’Abruzzo. Una regione
che, parole sue testuali o quasi, è soffocata dai costi di 26 ospedali
(la gran parte inutili) e di un clientelismo che impedisce qualsiasi
sviluppo. La gran parte delle persone presenti, immobili durante l’aggressione,
hanno applaudito Gaspari e preso le sue parti. Remo Gaspari, lo ripetiamo,
di quegli ospedali e del clientelismo politico ne è stato (ed è tutt’ora,
in parte) non soltanto un protagonista, ma il grande architetto. Padrino
della DC, la su abitazione è stata meta di pellegrinaggio per centinaia,
forse migliaia, di persone, prone a chiedere favori ed elargizioni.
Per moltissimi anni è stato lui il crocevia politico di ogni manovra
politica, di ogni feudo di favori e scambi elettorali. Dopo una delle
peggiori stagioni politiche abruzzesi, sentire quel che afferma, e constatare
che è ancora seguito, offende le coscienze civili e democratiche. Sentirlo
offendere una insigne ricercatrice universitaria e lavarsi le mani,
come novello Pilato, del clientelismo rampante è deprimente. Una scena
a metà tra il vecchio professore de ’La città vecchia’ di Dé Andre
e il vecchio acido che voleva sposare Lady Marion in Robin Hood."
E questa è parte della descrizione
del secondo:
"[...] Una decina (almeno
quanti ne ho potuti contare) di politici di ogni schieramento si sono
alternati sul palco, distruggendo qualsiasi possibilità di dibattito
democratico e realizzando una passerella demagogica e patetica. Politici
che in questi anni, da amministratori dei loro comuni ma non solo, hanno
chiuso gli occhi sulla letale minaccia della petrolizzazione della nostra
regione (salvo poi minacciare di denunciare gli attivisti del WWF Andrea
Natale e Maria Laura Pierini dopo una segnalazione) hanno tentato un
improbabile "risciacquatura nell’Adriatico" della loro credibilità
politica (che era e rimane sotto zero).
Tra tutti spicca Remo Di
Martino, attuale assessore provinciale alla Cultura, incredibilmente
inviato dallo stesso presidente Enrico Di Giuseppantonio in sua
rappresentanza. Incredibilmente perché Di Martino, da amministratore
del Comune di Ortona, negli anni è stato tra i più grandi difensori
del progetto ENI di costruzione del cosiddetto "Centro Oli".
Di Martino ha dato vita ad un’arringa nervosa e offensiva, nei confronti
di Maria Rita D’Orsogna e di tutti i presenti. [...]". (da
notare che lo show di Di Martino proseguì sul suo blog, dove irrise
Maria Rita e dove definì le proteste dei cittadini, stanchi di sentirsi
prendere in giro da chi li voleva addirittura denunciare per essersi
opposti alla costruzione del "Centro Oli" di Ortona, "interruzzioni
frizzi e lazzi")
Merita di essere ribadito ancora una volta. L’Abruzzo ha sete di nomi, cognomi, indirizzi, circostanze che vanno portate alla luce del sole. Bisogna trovare la forza di avere il coraggio che portò un avvocato pescarese, oltre vent’anni fa, a scrivere il libro La mafia in Abruzzo. Non bisogna mai perdere la forza di denunciare, indignarsi, lottare. Lasciarsi prendere dallo scoramento e arrendersi sarebbe il più grande regalo alle cricche che si stanno spartendo la ex Regione verde d’Europa.
Alessio Di Florio