L’ultima fiamma di Loana

mercoledì 2 febbraio 2005, di Sergej

L’ultimo romanzo di Umberto Eco ci parla di fumetti, di canzonette e di fascismo. Il tema della memoria e della dimenticanza...

La misteriosa fiamma della regina Loana : romanzo illustrato / Umberto Eco. - Milano : Bompiani / RCS Libri, 2004. - 460 p. - 19 euro

Cosa sta succedendo? Perché in così tanti si pone il problema della memoria, di ciò che noi ricordiamo? Cosa abbiamo bisogno di ricordare, cosa ci sta facendo dimentichi? Il romanzo di Eco ha per protagonista un uomo che, a seguito di una malattia, ha dimenticato tutto della sua vita e pian piano la ricostruisce, e più attraverso gli oggetti e le letture che attraverso le persone che lo hanno conosciuto e gli sono vicini - l’amico Gianni, la moglie Paola, i figli. Questo tema dell’interruzione della memoria lo ritroviamo in diverse altre opere che sono uscite in questo stretto giro di anni. E’ come se un’intera civiltà si stia ponendo il problema della propria storia interrotta. Lo sgomento della dimenticanza, che è il non sapere più chi siamo, dove si va.

Il film "Vital" (Japan 2004) del regista giapponese Shinya Tsukamoto già autore del bellissimo "Tetsuo: The iron man" (1989). Un ragazzo ha un incidente d’auto, perde la memoria, al suo risveglio scopre pian piano di aver amato una ragazza morta nell’incidente. E’ ora iscritto all’Università così come volevano i suoi genitori, disseziona cadaveri: capita proprio a lui il compito di dissezionare il cadavere della sua amata. Un film nero, malinconico. Il protagonista, Hiroshi, si affanna a disegnare con matita e carta tendini e interiora del cadavere. Il tentativo di reimpossessarsi di quel corpo, attraverso il corpo-meccanico la vita.

"Memento" (USA 2001) regia di Christopher Nolan è la storia di Leonard Shelby che soffre di disturbi della memoria a breve termine, a causa di un trauma cranico riportato durante una aggressione. Tenta di ricordare, scrivendo sul suo corpo frasi e nomi. Film sulla manomissione della memoria, su cosa può significare quando sono gli altri che decidono cosa tu debba ricordare (in termini fantapolitici, vedi "Brasil" e, ovviamente il romanzo di Orwell "1984"). In "Memento" ci sono, oltre a Guy Pearce che interpreta il protagonista Leonard Shelby, come attrice Carrie-Anne Moss e come attore Joe Pantoliano, interpreti di "Matrix" (USA 1999, regia di Larry & Andy Wachowski), altro cult che ha che fare con la memoria posticcia di una intera civiltà.

Nolan riesce a costruire una macchina filmica che gioca con la scansione del tempo. Più lineare "Novo" (2002) regia di Jean Pierre Limosin. Anche qui un uomo incidentato che soffre di amnesia. Pablo non riesce a ricordare quello che ha fatto un’ora prima. L’uomo è ciò che ricorda di essere, Pablo si aggrappa alle parole (il diario, le parole di chi gli sta accanto ecc.). Come è stato detto: narrare significa ricordare, ricordare significa esistere, esistere significa narrare. In "1984" il protagonista Winston si riappropria della sua memoria nel momento in cui prende un diario in mano e comincia a scrivere.

"L’uomo senza passato" (Mies vailla menneisyyttä, 2002) regia del finlandese Aki Kaurismäki: un uomo giunto ad Helsinki in cerca di lavoro viene aggredito, perde la memoria e deve ricomiciare tutto da zero. Rispetto agli altri due film e al libro di Eco, qui c’è un lieto fine - accanto a una inquadratura inedita della Finlandia, fatta di periferie urbane degradate e di vite ai margini. L’ossessione della perdita della memoria, finora di tipo letterario (Borges, certi autori culti della letteratura europea) o celebrativo (la "giornata della memoria", il 27 gennaio a ricordare la Shoa) è in tutte queste opere problema primario per l’individuo. All’origine è sempre un fatto catastrofico, un "incidente" traumatico che pone un punto di non ritorno, una svolta. E’ una intera civiltà che sente di essere a un punto di svolta, di vivere la catastrofe o in attesa della catastrofe.

- Chi sei? - disse il Bruco.
Non era un bel principio di conversazione. Alice rispose con qualche timidezza:

- Davvero non te lo saprei dire ora. So dirti chi fossi, quando mi son levata questa mattina, ma d’allora credo di essere stata cambiata parecchie volte.

- Che cosa mi vai contando? - disse austeramente il Bruco. - Spiegati meglio.

- Temo di non potermi spiegare, - disse Alice, - perché non sono più quella di prima, come vedi.

- Io non vedo nulla, - rispose il Bruco.

(Lewis Carroll - "Alice nel paese delle meraviglie", 1865).

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L’ultima fiamma di Loana
L’ultimo romanzo di Umberto Eco

Possiamo ammirare nel romanzo "illustrato" di Eco il gusto del recupero di quelle "piccole care cose di cattivo gusto" che costituiscono il mondo degli oggetti dell’infanzia e dell’adolescenza. Una infanzia e una adolescenza tutta al maschile e tutta contraddistinta dal solipsismo. Possiamo persino ritrovarci, ritrovare noi stessi, le stesse cose che abbiamo amato o conosciuto. I fumetti, le canzoni: da Salgari a Flash Gordon a "Pippo non lo sa" e "Maramao perché sei morto". Certo, fa molto l’appartenenza generazionale. Eco cita l’edizione 1888 de "La Filotea" di Riva: io ho avuto per le mani quella del 1914, appartenente a mia nonna. E’ uno scarto di qualche decennio tra me e la generazione che Eco assegna al suo protagonista, ciò che rende possibile l’aver vissuto "anni interessanti" (come diceva un vecchio saggio cinese) che però non sono i miei. E’ curioso che della vita di un uomo, Eco individui solo quelli relativi all’infanzia e all’adolescenza come quelli significativi, quelli degni di una ricerca nel mondo del ricordo. Dopo, nella vita del protagonista del romanzo di Eco, non è successo più nulla: il tipo è diventato uno stimato antiquario bibliofilo, punto. Tutta la sua vita si è fermata e concentrata lì, nel giro di quegli anni di guerra. Nella storia di Yambo sembra non abbiano importanza la moglie Paola, i figli, i nipoti. E’ un romanzo monologo, ossessivamente cantato sulla voce monodica del protagonista, con poche variazioni (la voce della domestica/custode Amalia): "ma qui gli altri non ci sono, l’unica misura sono io e l’unica cosa vera è l’Olimpo delle mie memorie. Sono carcerato nel mio isolamento cimmerio, in questo feroce egotismo" (p. 417).

Una voce che si modula attraverso l’uso della citazione compulsiva, tenta di costruire un discorso attraverso l’uso di mattoni (frasi, pensieri, emozioni e ricordi) provenienti dall’altro antiquarizzato. Ne esce fuori la sensazione appunto di una realtà antiquaria, posticcia e dunque futile. Persino la rievocazione dell’episodio partigiano diventa parte di questo gusto e di questa impotenza citazionaria. Dalla congerie di ricordi fumettistici e canzonettari, anche la storia ne esce fuori malconcia, inutilizzabile. I modelli sono il nonno antifascista, l’anarchico che si suicida per non cadere nelle mani dei fascisti. Si tratta di modelli riproposti nella nostra storia, non casualmente. Eco fa il suo dovere di intellettuale democratico in questi tempi di regressione. E tuttavia va oltre, nella malinconia del crepuscolo. Lo scacco sembra essere, alla fine, totale. Nel crepuscolo malato di Yambo, l’ossessione cui egli si aggrappa alla fine, per la donna - che però non è Paola, la moglie che è presto sparita dall’orizzonte visivo di Yambo: è la donna/fatale perduta, l’infatuazione adolescenziale che il protagonista sembra non aver superato, la Loana divenuta Lila. "I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume" diceva Ennio Flaiano da qualche parte. Nel carcere della memoria, quella che Lewis Carroll stigmatizzava quale povera cosa se può solo andare indietro, l’uomo soffoca come un topo in trappola.

Forse la soluzione può essere davvero quella di Kaurismäki: grazie alla dimenticanza il poter riniziare la storia, la propria vita daccapo? Può essere possibile questo quando c’è chi non dimentica, e vuole riportare indietro le lancette del tempo, siano essi i fasti imperiali romani, dello stato teocratico o del fascismo dittatoriale?


Sergej

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