Disoccupazione, un fantasma sempre più presente nella Sicilia di Canepa

mercoledì 3 febbraio 2010, di cirignotta

Tutti oramai si rendono conto che la perdita del treno dell’autonomismo indipendente di Canepa, perso nel dopoguerra dalla Sicilia è stato letale per il suo futuro economico.

L’Isola dell’orgoglio sicilianista e del mancato sviluppo economico del dopoguerra stà vivendo nell’ultimo periodo uno dei momenti più neri della sua storia. I posti di lavoro si riducono sempre più e la scure della disoccupazione si acuisce diventando un vera piaga sociale.

Sebbene i dati Istat relativi al 3 trimestre 2009 forniscono un dato totale del 13.3% di disoccupazione in Sicilia, migliaia di famiglie anelano fame e pane per i propri figli perché manca lo strumento principe, il lavoro, dettato ipoteticamente dalla costituzione della repubblica Italiana negli articoli 1 e 4.

Tutti oramai si rendono conto che la perdita del treno dell’autonomismo indipendente di Canepa, perso nel dopoguerra dalla Sicilia è stato letale per il suo futuro economico. Oggi i fatti della Fiat di Termini Imerese e del Petrolchimico di Gela ne sono l’esempio. Riguardo il caso Fiat-Sicilia, da un’ ipotesi lontana e per alcuni impossibile, oggi siamo arrivati ad una realtà. Il futuro in negativo di tanti lavoratori Siciliani, infatti, è stato sancito con l’accordo di Fiat-Chrysler.

Un accordo che in America sembra avere salvato milioni di posti di lavoro mentre dalle nostre parti migliaia di lavoratori ritorneranno a passeggiare per le strade e nel loro bisogno di vita alimenteranno le facili ed allettanti proposte della Mafia e del lavoro nero. L’Italia in questo senso ha saputo, solo ed a spese dei cittadini siciliani, alimentare milioni di contributi a fondo perduto verso la Fiat che è stata aiutata più volte per assicurare i posti di lavoro, che invece ad oggi saranno ridotti di circa 30.000 unità in tutta l’Italia.

Ma allora tutti si chiedono perchè lo Stato con i soldi dei contribuenti ha fatto da anni solo gli interessi della famiglia Agnelli? Le stesse cifre astronomiche potevano essere investite nella pubblica amministrazione creando nuovi servizi e benessere globale per i cittadini? Domande importanti che si incardinano nello stesso spirito costituzionale ad oggi disatteso per una Repubblica Italiana fondata sul lavoro.

La richiesta a questo punto di nuovi incentivi per l’auto deve essere bocciata dai parlamentari siciliani, perché i guadagni della Fiat avuti nel 2009 non sono appannaggio di un programma di sviluppo dell’Azienda in Sicilia. Intanto un altro fronte, quello Occidentale, compare nel piano di disoccupazione dell’Isola. Si tratta della Raffineria di Gela, avamposto dell’Eni nel Mediterraneo, dove nell’ultimo periodo circa 600 persone rischiano il posto di lavoro.

I licenziamenti sono alle porte e febbraio rappresenterà l’inizio di un piano di smantellamento delle aziende che lavorano nell’indotto del Petrolchimico. Tra le cause, il mancato finanziamento da parte del Ministero dell’Ambiente dei 500 milioni di euro per la messa in sicurezza degli Impianti e quindi il blocco delle commesse per gran parte delle aziende di Gela che operano all’interno della raffineria.

Molti i dubbi dei lavoratori su questa facciata giornalistica, alcuni infatti nell’esasperato bisogno di lavoro, credono che ci sia un disegno del Governo che tende a collassare le Aziende di Gela per poi sostituirle con delle multinazionali che dovrebbero operare in maniera univoca nella manutenzione del Petrolchimico e con costi minori.

Sospetti, naturalmente, che però anche in questo altro caso siciliano si trasformano nella realtà, in disoccupazione.

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