Siracusa: quello che Lineablu ha preferito non mostrare

mercoledì 22 settembre 2004, di Piero Buscemi

Si prova sempre un orgoglio quasi infantile nel vedere la propria città decantata e mostrata nelle sue nascoste bellezze. Se poi lo fa la Rai con un programma di successo come Lineablu, ci si sente tutti cittadini onorari, solo per il semplice fatto di esserci stati almeno una volta. La realtà quotidiana, però, resta un problema per chi ci è nato e ci vive.

Il 7 agosto scorso, Donatella Bianchi con lo staff completo della trasmissione Lineablu, ci ha condotto attraverso le vie più nascoste ed i misteri sotterranei di Ortigia. E’ stato bello scoprire angoli che i pochi eletti possono ammirare quotidianamente, sia perché certi "beni culturali" sono ad appannaggio dei privati, sia perché, nonostante le informazioni turistiche che mostrano un’abbagliante organizzazione al servizio del visitatore, non tutti i siti sono di facile accesso. La trasmissione era in differita e nei giorni precedenti all’invio in onda, su molte vetrate degli esercizi commerciali della città, si potevano leggere volantini pubblicitari sull’evento, in modo particolare era possibile commentarli nei negozi oggetto di qualche sequenza filmata della quale potersi vantare.

Le immagini hanno conquistato lo spettatore ed era veramente difficile distogliere lo sguardo da quella sequenza di colori ed acque cristalline. La data della trasmissione, poi, coincideva con un periodo di inizio vacanze d’agosto che non ha impedito alla Rai di pavoneggiarsi con una percentuale di astanti televisivi oltre le aspettative.

La maestria degli addetti al montaggio e le musiche in sottofondo hanno creato una miscela di sensazioni audio-visive di sicuro effetto, tanto da farci illudere (specialmente gli abitanti di Siracusa) di vedere una tra le più belle città del mondo, con una storia millenaria ed un seguito di progresso culturale da donare ai posteri.

E forse è, Siracusa, una delle città più belle del mondo. Come potrebbe non esserlo se pensiamo alla perfetta manifestazione di architettura antica, che rappresenta il Teatro Greco con i suoi 2.500 anni di storia? Se pensiamo alla mistica grotta conosciuta con il nome di Orecchio di Dionisio, se pensiamo all’isola di Ortigia con il suo mosaico di stili architettonici, così variegati e in strettissimo contatto da permetterci di ammirare il Duomo, costruito sui resti dell’antico tempio dorico dedicato ad Athena, nel V secolo a.C. dal tiranno Gelone?

Basterebbe, soltanto, fermarsi sulla ringhiera panoramica che si affaccia sulla Fonte Aretusa per restare estasiati dall’incredibile spettacolo che questa sorgente dona ai turisti. Sorgente di acqua dolce che sgorga da una grotta a pochi metri dal mare, simbolo da sempre della città. Spettacolare con quella sua forma circolare "disturbata" dallo starnazzare delle oche intente a copulare e le centinaia di cefali che nuotano al suo interno, al confine con l’acqua salmastra.

Donatella Bianchi, abituale ospite della città, ha fatto in tutti i modi per comunicare un "ponte" ideale con il passato. Lo ha fatto attraverso i piccoli passi da percorrere lungo il mercato dalle bancarelle addobbate di frutta e verdura, ma soprattutto, di pesce di ogni forma e colore. Lo ha fatto andando ad intervistare i politici locali dalle belle parole di encomio, passando per la ministro per le Pari Opportunità Prestigiacomo all’assessore regionale ai Beni Culturali Fabio Granata. Lo aveva fatto anche qualche settimana prima, venendo a parlare della riserva marina del Plemmirio a sud di Siracusa, e su questo argomento, le associazioni ambientaliste della città avevano fatto i dovuti scongiuri, vista la vicenda Asparano, svenduta all’Alpitour per il suo megavillaggio turistico.

Chi si fosse posto davanti al televisore il 7 agosto, avrà avuto la sensazione che molte lacune informative caratterizzavano quella puntata di Lineablu. Era commovente vedere la ministro Prestigiacomo adagiata sul gozzo siracusano a farsi cullare dalle onde del mare, mentre rispondeva alle domande della Bianchi con "sano ottimismo italiano" sul futuro di questa città e sulle sue potenzialità da fare esplodere per il bene della collettività. Forse qualcuno, tra un sorriso ed uno sguardo fugace alla telecamera della Stefania concittadina, avrà pensato alla sua proposta di realizzazione dell’aeroporto, "…infrastruttura necessaria allo sviluppo di una città affacciata all’Europa, quale è Siracusa", spiattellata qualche tempo prima davanti ad "altre" telecamere. Ci avrà pensato e magari avrà commesso l’ingenuità di considerare che, avvicinare Siracusa all’aeroporto di Catania, oggi raggiungibile in un’ora circa (per percorrere 30 km circa ?!?), è strategicamente ed economicamente più conveniente che finanziare un progetto ciclopico quale un aeroporto.

Veramente eccezionali le sequenze filmate che mostravano la costa frastagliata, ricca di anfratti, grotte ed isolotti che insieme lasciavano ampio spazio alla fantasia, sufficiente per convincersi che Siracusa è una città di mare. Ma anche su questo argomento, si sarebbe potuto spendere qualche parola in più. Sarebbe bastato inquadrare la costa che va dallo sbarcadero Santa Lucia (nei pressi abita il sindaco della città) proseguendo verso nord fino alla Targia, confine estremo che separa la città dalle prime ciminiere della zona industriale. Avremmo potuto vedere una serie di case abbandonate alle intemperie, affacciate su lastroni di scoglio battuti dal mare e "civilmente" trasformati in discariche pubbliche, sulle quali i sacchetti di plastica gonfi di spazzatura e "adagiati" in attesa dell’onda buona, rappresentano il problema minore. Avremmo potuto ammirare lo "Scoglio dei ru’ frati", un fungo di pietra bianca, meta estiva dei siracusani che vi si recano per soddisfare la loro voglia di mare a basso costo. Avremmo potuto percorrere i sentieri tracciati su questa costa a strapiombo, utilizzati da maratoneti improvvisati, prestando attenzione alle siringhe insanguinate che hanno acceso, più di una volta, una diatriba di competenze tra gli organi "competenti", su chi dovesse occuparsi della rimozione, costringendo i cittadini ad improvvisarsi operatori ecologici. Ci saremmo spinti ancora più su verso la località dei "Piliceddi" ad aspettare l’erosione delle mareggiate e del vento che se la stanno mangiando tutta, a guardare impotenti qualche petroliera provenire dal pontile di carico greggio, che pulisca le stive ed annerisca gli scogli affioranti sui quali prendere la "tintarella". O a farci stordire dalle esplosioni notturne dei pescatori di frodo.

Se avessimo fatto poi, il percorso inverso, tornando indietro verso Ortigia, molti altri particolari avrebbero smentito il messaggio ottimistico di Lineablu. Avremmo visto il turista, che quest’estate nel farsi il bagno nel mare adiacente Riviera di Dioniso, ha dovuto fare i conti lo scarico fognario che lo ha costretto a commentare che "…nemmeno in India aveva mai visto cose simili". Avremmo visto il ponte Santa Lucia, passato alle cronache come il terzo ponte di Ortigia, la gobba di ferro e cemento costruito come accesso all’isola di Ortigia dal suo stile architettonico di dubbia collocazione tra il resto dei palazzi barocchi e liberty. Sospettato come parte in causa della riduzione del livello dell’acqua della Fonte Aretusa, osannata dalla Bianchi che ha preferito sorvolare sul colore moribondo del papiro che cresceva rigoglioso e che dallo sguardo distratto di un profano, sarebbe stato fin troppo evidente che nel mondo vegetale il colore giallo è sintomo di morte. Morte del patrimonio culturale e monumentale di questa città, che vede nella scomparsa del suo simbolo più antico, appunto il papiro della Fonte Aretusa, l’inizio di una decadenza senza speranza. Perché questa è la città che il mondo antico ha rispettato e temuto, ma nello stesso tempo, ammirato e invidiato. Ma è anche la città dove i topi ti possono ballare tra le gambe durante una passeggiata sul Lungomare Alfeo, dove devi pagare per usufruire del mare dove sei nato e cresciuto, ed augurarti di non aver alcun malore durante le nuotate, perché nessun addetto alla sicurezza è stato messo lì, pronto a soccorrerti. E’ la città delle strade senza nome, segnate con il pennello in vernice nera sugli spigoli dei palazzi. E’ la città dove "devi" restare sveglio fino a notte tarda, perché cento figli di papà devono rivendicare il loro diritto all’adolescenza fino alle quattro del mattino, sotto casa a giocare partite di calcio senza fine. E se provi a ribellarti, potresti trovare l’auto bruciata sotto casa; e se provi a chiamare le forze dell’ordine, potresti sentirti rispondere che non è loro competenza o scoprire che tra quei ragazzi (?) ci sta pure qualche figlio di quella divisa pagata per proteggerti.

E’ la città dove le potenzialità menzionate dalla Prestigiacomo sono già finite nei progetti faraonici e nello sperpero dei finanziamenti europei dai dubbi risultati. Ma forse, tutto questo non ha smosso la coscienza dei siracusani che continuano nei loro commenti di piazza, che hanno riconfermato la precedente giunta comunale e che passeggiano alla Marina per ammirare yacht miliardari di passaggio con in tasca una promessa di lavoro dell’ultima campagna elettorale e la mano stretta di un figlio senza futuro.

Intanto qualcuno ha visto oltre le immagini accecanti descritte da Donatella Bianchi. Si, qualcuno: il 30% di turisti in meno, che questa estate, ha scelto altri lidi dove adagiare il fondoschiena e spendere i propri soldi.


Piero Buscemi

:.: Città invisibili

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