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Nisticò parla di Giuliana Saladino


Il racconto di Nisticò

"La coscienza critica nel ristretto staff dirigente era impersonata dalla Saladino. Discreta e molto disciplinata durante il lavoro in redazione, Giuliana sfogava solitamente i suoi malumori polemizzando con Farinella e Costa, i miei due più stretti collaboratori. Col primo, quando uscivano insieme dal giornale per andare a prendere il caffè (rituali scambi di amichevole insopportabilità). E invece la sera, a cena, litigando con Costa, l'amicissimo di famiglia, che si divertiva a farle da bastian contrario, con la sua aria di non prendere niente sul serio. Ma un giorno, nel '70, non potendone più di stare zitta, sbottò spinta dalla rabbia per le condizioni in cui era costretta a lavorare per "la città parla", la pagina quotidiana che conduceva da un mese. Mi scrisse una lettera di fuoco. Premesso che "la pagina può andare molto avanti, se migliorata, e può intavolare quel colloquio serio e affettuoso con i lettori che per mille ragioni spesso non siamo in grado di fare" , puntualizzava ad una ad una le deficienze; seguivano quindi alcune proposte tendenti ad assicurare alla pagina un adeguato nucleo redazionale, una maggiore stabilità, ecc.: "senza queste condizioni, via io, la pagina è destinata a decadere e a morire".
E da qui, di seguito, il j'accuse finale: "Devo dirti, caro Vittorio, che le condizioni in cui si lavora al giornale sono piuttosto pesanti . Non parlo delle obiettive difficoltà che rendono tutto più complicato (si faceva l'esempio degli ostacoli in tipografia). Tutte sciocchezze, d'accordo, solo fastidiose sciocchezze di fronte ai problemi di fondo che travagliano il giornale e che si respirano nell'aria. Non è solo che non ci sono soldi…è autoritarismo, strumentalizzazione delle persone. Del clima disumano che impera io ritengo responsabili te ed Aldo (Costa) e in buona parte anche Mario (Farinella) chiuso nel suo sprezzante silenzio: e così attorno si allevano dei mediocri, dei pavidi…Il giornale ha bisogno di umanità, di democrazia, di idee all'interno, di elaborazione collettiva in ogni settore". E concludeva. Perché questa lunga lettera? Intanto perché è disinteressata, poi perché malgrado il mio proverbiale pessimismo credo che tu Aldo e Mario, potreste anche dare una sterzata, infine perché oggi qualunque tredicenne contesta il suo preside e mi ha insegnato che alla mia età posso anche contestare da cima a fondo il mio direttore e dirglielo. Non gli farà male. Affettuosamente Giuliana".

La lettera portava la data del 24 novembre 1970.[…]
"Mio caro Vittorio, niente addii, solo un grazie per tanti anni, un certo rimpianto per il periodo che si chiude, qualche perplessità per quello che si pare, molto affetto e un arrivederci. E anche un po' d'invidia per la carica inesauribile che metti al servizio della tua intelligenza: invidio il coraggio di stare dentro le cose come ci stai tu. Un abbraccio forte. Giuliana."
Era uno di quei fogli di brutta carta che si usavano in redazione; data, 24 dicembre '75, il giorno in cui mi accomiatai dall"Ora".
Talvolta, anche con scatti di fraterna tenerezza, la mia redattrice Saladino, mi aveva tenuto sotto osservazione per quasi vent'anni. [viene riportato il giudizio di Giuliana su Nisticò in Romanzo civile.]

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