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Di donne, diritti, fumetti e Lumi
di Pina La Villa

Perle di saggezza dai giornali di questi giorni: Mina, nell'editoriale de La Stampa dell'11 ottobre, ricorda il centenario della nascita del movimento delle suffragette in Gran Bretagna, con considerazioni che mi trovano perfettamente d'accordo, un diritto che si è rivelato inutile, per uomini e donne,per il prevalere di uno stato-mamma che "si è intrufolato in tutti gli ambiti della vita. Decide tutto lui, ci dice in quali spazi non dobbiamo entrare, ci raziona le porzioni al ristorante, ci mette i necrologi sui pacchetti di sigarette". Questo atteggiamento è' tipico di una concezione dittatoriale e "signorile" della politica, che non considera che i cittadini sono viventi più che votanti. Un diritto inutile, sono anche tentata di pensare qualche volta, visto l'uso che ne abbiamo fatto e ne facciamo. Non dico solo nel senso del chi abbiamo votato, ma nel senso che non si può ridurre, come è stato fatto, il valore della partecipazione politica solo al voto, né tantomeno vi può essere ricondotta l'uscita dallo stato di minorità delle donne, la loro dignità come persone. Altro c'è voluto e altro ci vuole.
Altro c'è stato, anche. Il voto alle donne fu il frutto di battaglie, di una lotta per i diritti. E' questa lotta, non l'esercizio dei diritti, che ricordiamo e che conta.


E per ricordarcelo meglio il Nobel per la pace a Shirin Ebadi è un'ottima occasione. "Shirin Ebadi è indubbiamente una donna esemplare, ma non è un caso isolato. Il suo attivismo è il risultato di un secolo di impegno politico femminile" dice Seyed Farian Sabahi nel suo articolo su Il Sole24ore di oggi, domenica 12 ottobre. Le donne iraniane hanno conquistato il diritto di voto nel 1963, ma la loro presenza si faceva sentire anche prima. Nel 1892 le donne dell'harem fecero fronte comune con i mercanti e i religiosi contrari alla concessione agli stranieri dello sfruttamento e della vendita del tabacco. Durante la rivoluzione costituzionale del 1905 dettero vita ad associazioni, promuovendo la creazione di un Parlamento che avrebbe limitato i poteri del sovrano.

Nel 1979, l'ayatollah Khomeini mette fuori legge il diritto di famiglia del 1967, vieta alle donne di ricoprire la carica di giudice e annuncia l'obbligo del foulard sul posto di lavoro. Le donne, con il fazzoletto in testa, hanno continuato a presidiare le posizioni raggiunte nell'amministrazione e nel settore privato. In ogni caso, in questi 25 anni la Repubblica islamica ha migliorato la condizione delle donne, anche grazie al loro impegno militante, all'impegno di donne come Shirin Ebadi. E' stata infatti la presenza massiccia delle ragazze all'università - il 57,2% degli iscritti - a obbligare i religiosi, nel 2000, a permettere alle donne di guidare la preghiera della comunità femminile. Il Nobel rafforza la lotta di Shirin, delle donne e degli uomini in Iran, impegnati in una difficile conquista e difesa dei diritti, che, come dice Shirin, non sono in contrasto con il Corano. La battaglia in Iran è infatti una battaglia fra il Parlamento e il Consiglio dei guardiani, l'organo che valuta la compatibilità delle leggi approvate dal Parlamento con la costituzione e la sharìa.


Sull'Iran e sulle sue donne, il primo fumetto della storia iraniana, l' autobiografia di Marjane Satrapi, dal titolo Persepolis, Sperling & Kupfer, da poco in libreria. Marjane Satrapi è nata nel 1969 sulle rive del Mar Caspio, è vissuta a Teheran, a Vienna, Strasburgo e Parigi. Bambina e adolescente all'epoca della rivoluzione islamica ( a 14 anni viene mandata a Vienna in un liceo francese proprio per le vicende della rivoluzione), racconta l'Iran come lo vedeva in quegli anni.Una lettura ironica, divertente, ma netta e precisa come il bianco e nero dei suoi disegni.


Satrapi cerca la sua storia oltre l'islam, nell'antica storia di Persepoli, e soprattutto nelle eroine dell'antica mitologia persiana ( e per questo, mal vista dal regime lascia di nuovo il suo paese dove studiava Belle Arti). Neil Postman (filosofo newyorkese di origine ebraiche, morto in questi giorni, di cui ci parla Armando Massarenti su Il Sole24 ore di domenica 12 ottobre) li cerca nel XVIII secolo, l'età dei Lumi. Pedagogista e critico delle tecnologie e dei media, allievo di McLuhan .In Italia nell''85 il suo libro Divertirsi da morire, sulla televisione che considerava costitutivamente inadatta a trasmettere conoscenze. Non sarebbe un male in sé, la Tv, se avesse dei contrappesi. La scuola, per esempio. Per sopravvivere al futuro Postman propone di "guardare al passato e fare l'inventario delle buone idee che abbiamo a disposizione". Il secolo dei Lumi è il secolo dello scetticismo e dello spirito critico, del sospetto verso l'autorità e della capacità di resistere senza paura al pregiudizio e alla propaganda.


Non so come, ma con queste considerazioni torniamo al punto da dove eravamo partiti. L'illuminismo, diceva Kant, è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità. "Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro". Non è bastato il diritto di voto, non bastano i diritti per uscire dalla minorità. Occorre esercitare la libertà di pensiero, l'uso pubblico della ragione, per ottenerli o per conservarli ( In Iran siamo al primo caso, noi nel secondo). Ma, continua Kant, "a persuadere la grande maggioranza degli uomini ( e con essi tutto il bel sesso) che il passaggio allo stato di maggiorità è difficile e anche pericoloso, provvedono già quei tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l'alta sorveglianza sopra i loro simili minorenni. Dopo averli istupiditi come fossero animali domestici e di avere con ogni cura impedito che queste pacifiche creature osassero muovere un passo fuori della carrozzella da bambini in cui li hanno imprigionati, in un secondo tempo mostrano ad essi il pericolo che li minaccia qualora cercassero di camminare da soli.". Allo stato tutore, allo stato-mamma, noi dobbiamo opporre una semplice libertà, l'uso pubblico della ragione, la libertà di pensiero e di stampa.

 

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