|
Emergency,
medici di guerra inviati di pace
di Lorenzo Misuraca
Negli
ultimi anni i medici volontari di Emergency hanno girato
in lungo e in largo l’Italia per raccontare alla gente
la guerra vista dagli occhi di chi cura le vittime civili.
Nel padiglione “Piazza Globale” della Festa
dell’Unità nazionale, il gruppo di volontari
Emergency di Bologna ha presentato “Medici di guerra
inviati di pace”, incontro con il dottore Stefano
Bertocco, anestesista in Afghanistan, e Ermanno Foroni,
fotografo freelance in zone di guerra.
Daria
Pocaterra, di Emergency Bologna spiega i principi su cui
è stata fondata l’associazione umanitaria nel
1994. Aiutare le vittime civili dei conflitti, a qualsiasi
fazione, o etnia, appartengano. Poi, ma la cosa non è
affatto secondaria, diffondere nel mondo con la propria
testimonianza una
cultura di Pace (cui si può ricondurre le 130.000
firme raccolte in occasione della guerra in Iraq, per rendere
operativo il ripudio della guerra espresso dall’articolo
11 della Costituzione italiana). Infine,
combattere la fame direttamente, come intende fare la recente
collaborazione avviata, dopo l’incontro tra Gino Strada
e Lula, tra Emergency e il Brasile per costruire ospedali
nelle zone più disagiate del Sertão brasiliano.
L’incontro
prosegue con le diapositive in bianco e nero degli scatti
fotografici fatti da Forone in Afghanistan prima, e in Israele
e Palestina dopo. Ma ci torneremo alla fine, essendo stato
questo probabilmente il momento più forte dell’incontro.
Il dottore
Stefano Bertocco racconta la sua esperienza di quattro mesi
come anestesista volontario in Afghanistan, quasi tutti
passati all’ospedale di Kabul. Bertocco cerca di spiegare
il dramma di un paese in guerra da 22 anni, dove il conflitto
non è affatto finito dopo l’abbattimento del
regime
talebano.
Pesante è, per il dottore volontario in zone di guerra,
non poter salvare dei bambini feriti da una mina, non avere
mai una vera pausa, dato che le vittime arrivano in ospedale
continuamente.
Ma soprattutto, è pesante la beffa dell’abbandono
del governo italiano subita dai medici volontari: chi parte
deve lasciare il lavoro, o ottenere una lunga aspettativa
dall’ente in cui presta servizio, senza percepire
alcuno stipendio in quel periodo.
Tutto è ripagato, ci dice l’anestesista di
Reggio Emilia, dalla gratitudine dei bambini operati e riconsegnati
ad una vita dignitosa.
Ed
ora veniamo alle diapositive: queste non sono accompagnate
da alcun commento, giustamente.
Dopo gli scatti in Afghanistan resta in mente un’unica
immagine: quella di un paese di bambini mutilati negli arti
e nello sguardo.
A Gerusalemme, il fotografo riesce a catturare qualche immagine
dei rabbini in preghiera al muro del pianto, prima di dover
correre a documentare un attentato kamikaze davanti una
pasticceria.
Le foto scattate nella striscia di Gaza mostrano i funerali
di un bambino palestinese ucciso dai soldati israeliani.
La gente che porta in processione il piccolo corpo trasuda
odio e disperazione.
Il bianco e nero rende le strade polverose di Kabul e Gaza
ugualmente luminose, e le macerie ugualmente tetre.
I poveri, i mutilati, i disperati, senza il colore, sono
uguali monumenti muti in ogni angolo di mondo.
E uguale è lo sgomento di chi guarda -per pochi attimi-
la miseria della guerra, ponendosi domande che le vittime
ormai non si pongono più.
|