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Lo spaccio della normalità di Piccola Cooperativa Sociale DAERA

Una gara d’appalto in Sicilia, Comune di Siracusa precisamente. Già – ci dicono - bisognerebbe stare accorti, subodorare interessi e immaginare tracchigi.
Noi invece...siamo la Piccola Cooperativa Sociale DAERA, da poco costituita.
Si tratta di una ricerca relativa ai servizi per la violenza alle donne già svolta, con relative azioni e pubblicazioni, in altre città italiane (Venezia, Napoli, Catania, Foggia, Roma, Palermo…) nell’ambito del Programma di intervento “Rete Antiviolenza” Urban Italia. La convenzione con il Ministero per le Pari Opportunità, con relativa conferma dell’importo e della data ultima di realizzazione, viene stipulata dal Comune di Siracusa in data 19 Novembre 2001; se ne parla in modo informale, nei corridoi, da Marzo 2002… il bando uscirà presto perché la rendicontazione della ricerca deve essere chiusa entro il 31 Marzo 2003.
E invece passano i mesi, arriva l’estate…Viene da chiedersi: ma è così difficile fare uscire un bando che è già stato pubblicato, identico, in più di dieci città d’Italia?
La delibera (finalmente!) data 29 agosto 2002. Il bando di selezione viene pubblicato il 26 settembre, ma se ne viene a conoscenza solo il 15 ottobre tramite un pubblico manifesto, nonostante varie volte abbiamo sollecitato informazioni: risultava disperso nei meandri comunali lungo le scale dei suoi tre piani! Scade il 26 ottobre: l’intera ricerca (mappatura dei servizi pubblici e privati che trattano casi di violenza con relativa cartografia ed archivio informatizzato dei dati, 100 interviste ad operatori dei servizi, 10 interviste in profondità ad operatori, 1300 interviste telefoniche, 20 interviste a donne che hanno subito violenza, il tutto con i relativi report finali e trascrizioni delle registrazioni, realizzazione di tre seminari, il data base…..) va consegnata, comunque, entro marzo.
Ma noi siamo “super-antropologhe” e decidiamo di partecipare, perché le competenze le abbiamo, perché è un’occasione professionale importante, perché nella vita cerchiamo di non pensare male…

Tentiamo di coinvolgere un’altra cooperativa siracusana che si occupa di progettazione. Ci dicono che non sono interessati. Coinvolgiamo un’associazione di donne che si occupa di violenza alle donne a Siracusa. Ci dicono di sì. È interessata a collaborare con noi una cooperativa per la realizzazione dei prodotti informatici. Coinvolgiamo le ragazze di un liceo psicopedagogico (con cui abbiamo già lavorato su temi attinenti come i modelli di genere e l’educazione sessuale) per le interviste telefoniche. Anche la scuola aderisce. Coinvolgiamo alcune amiche docenti universitarie di Catania e di Siena con le quali lavoriamo da anni nella veste di nostre consulenti e supervisor: tutte accettano.
La cooperativa siracusana che non era interessata cambia idea: decide di partecipare e tenta di soffiarci l’associazione di donne. Non ci riesce.
Ma si sa, bisogna essere disinvolti e spregiudicati: siamo in un campo di battaglia permanente e di conseguenza dobbiamo combattere.

Il bando di selezione indica che, una volta superata l’ammissione con il punteggio minimo richiesto, “la gara è affidata al maggior ribasso”. Ci sembra strano che venga utilizzato questo criterio in ambito sociale, ma prendiamo tutto alla lettera anche perché al Comune ci confermano ripetutamente questo punto. E noi che la ricerca la vogliamo fare ci lanciamo in un ribasso del 16%! Ma ovviamente, siamo noi terribilmente ingenue, perché il bando fa riferimento al D.Lgs. 157/95 art. 23 comma 1 lett. b che non conosciamo né andiamo a leggere e che, scopriremo dopo, permette alla Commissione di ristabilire delle percentuali per l’attribuzione del punteggio non superando mai, con un bando del genere, il 60% per la qualità e il 40% per il ribasso. E le cose dette dai funzionari del Comune?…verba volant.

Presentata la documentazione nei termini previsti, una nostra socia fa la spola fra casa e Comune per verificare quando si apriranno le buste. Non riceviamo nessuna raccomandata. Sembra tutto molto informale: bisogna chiamare e richiamare e ti viene detto che domani, o forse dopodomani, la Commissione si riunirà. Giunge il fatidico giorno – ormai siamo al 12 novembre- del controllo della documentazione: solo due progetti passano alla fase di valutazione, il nostro e quello della suddetta cooperativa che aveva cambiato idea. Ci comunicano che l’indomani avrebbero valutato i progetti e quindi, nel pomeriggio, aperto le buste sigillate. Qui scopriamo che il criterio stabilito dalla Commissione prevede che il 70% del punteggio venga attribuito alla qualità del progetto e solo il 30% all’offerta economica. Non ci sembra molto corretta la procedura, ma andiamo avanti.

Quel giorno, scendendo le scale, un membro della cooperativa già nominata si avvicina alla nostra socia proponendole, nel caso di loro vincita, di lavorare per loro. Cercate di immaginare la faccia della nostra…..prima di tutto ancora non si sa chi vince (noi sempre candide), secondo: ci avete già mentito una volta, terzo: avete cercato di fregarci un partner e ora ci proponete di lavorare per voi?? Bah….

Zelanti, il pomeriggio del 13, ci presentiamo, ma non si vede nessuno. Due ore dopo ci dicono che non sarà possibile terminare entro sera. Per precauzione lasciamo un recapito telefonico per essere rintracciate.
Dai verbali di valutazione si evince che per valutare il nostro progetto sono state impiegate 5 ore: tutto il pomeriggio del 13. L’altro progetto, che si presenta molto più voluminoso del nostro, viene valutato in 3 ore il 14 novembre. Alle 18.00 riceviamo una telefonata al numero di cellulare provvidenzialmente lasciato il giorno prima: ci preannunciano la convocazione entro 15 minuti.

L’attribuzione del punteggio per la qualità dà 15 punti all’altra cooperativa e 12 a noi: applicando una semplice proporzione si ha che loro ottengono tutti i 70 punti e noi 56.
Apertura delle buste dei costi: loro un ribasso dello 0,4%, noi un ribasso del 16%. Dopo aver ampiamente discusso per stabilire quale formula applicare per ricavare il punteggio (viene infine prescelta quella con la quale dicono di avere maggiore familiarità) la Commissione assegna 25 punti a loro e 30 a noi! Possibile??!!
I conti li rifacciamo dopo, con calma, con persone più esperte, per non rischiare di passare per presuntuose, viene fuori che il risultato dovrebbe essere: 0,7 punti a loro e 30 a noi. Cambia qualcosa, no? Scopriamo allora che la formula applicata dalla Commissione mette al posto della variabile “offerta economica” non la differenza fra le due offerte o la percentuale del ribasso come sarebbe logico, ma la cifra che ogni soggetto richiede per eseguire il progetto, cioè esattamente l’opposto: non ciò che al Comune si offre ma ciò che gli si chiede, così, se, per assurdo, qualcun altro non avesse presentato alcun ribasso, avrebbe avuto il punteggio più alto di tutti! Interessante, no?
Per di più nella proporzione applicata non si fa alcun riferimento all’importo stanziato dall’ente pubblico e teoricamente si potrebbe chiedere anche di più ottenendo adeguato punteggio.
Ma la cosa più grossolana che scopriamo man mano che rivediamo e ricostruiamo gli assurdi calcoli è che, secondo la formula applicata dalla Commissione, il massimo punteggio dei 30 punti non andava ovviamente a noi, ma a chi ha “chiesto” di più, cioè gli altri!

Il risultato definitivo ufficiale è che la nostra concorrente vince la gara con 95 punti contro i nostri 86. Presentiamo immediatamente lettera di richiesta di riformulazione del calcolo.
Tutto tace per 10 giorni fra voci di corridoio che ventilano l’ipotesi di sospendere la gara e di fare un’assegnazione privata (ripescando magari concorrenti esclusi che forse erano i veri destinatari della gara, ma che imperdonabilmente hanno dimenticato di accludere la lettera con la domanda di partecipazione…), e fra funzionarie incaute che ammettono che loro hanno sempre fatto così i calcoli e che nessuno si è mai lamentato (!!??). E si attende, evidentemente si macina, si misurano i danni eventuali e come uscirne.
Finalmente viene fatta la delibera di assegnazione.
Possiamo richiedere a quel punto gli atti della gara che ci vengono negati per ben 3 volte (manca la funzionaria che se ne occupa, si trovano in un altro ufficio ed infine si solleva addirittura un problema di possibile violazione della privacy dei concorrenti!!). Alla fine di fronte alla nostra accusa di malafede rivolta alle nostre interlocutrici del Comune e alla disperata invocazione della legge si affrettano a dire che gli atti sono pronti e si premurano anche di farci sapere che sta partendo l’assegnazione privata per un’altra ricerca e vogliono il nostro indirizzo (hanno forse perso tutti i corposi atti che ci riguardano?) per farcene avere copia (ma che gentili!!), perché probabilmente saremo interessate….. Passa qualche altra ora di attesa ed infine i sacri atti arrivano nelle nostre mani. Nessun diritto è mai scontato: nella migliore delle ipotesi è ignorato, nella peggiore volutamente occultato.
Il nostro ricorso al TAR parte.
Il 4 febbraio veniamo a conoscenza della decisione di conferma della sospensiva dell’assegnazione e del riconoscimento che la gara andava assegnata al ribasso: quindi alla nostra cooperativa. Ma finora tutto tace. Il 31 marzo – quando i fondi, se non impegnati, torneranno alla Comunità Europea - si avvicina e a questo evidentemente si punta.

L’importo di questo bando è ridicolo: circa 72.300,00 euro la cifra stanziata dal Comune. Viene spontaneo chiedersi cosa sia successo in questi anni al Comune di Siracusa intorno ad appalti più appetitosi…

Eppure continuiamo a voler vivere in questa terra e addirittura a voler lavorare qui. Ci interessa la ricerca, certo. Ma più ancora ci interessa questa rabbia che non va buttata via, perché ci porta a contrastare l’impunità e il malaffare ogni volta che casualmente incrociano la nostra strada. Ci interessa soprattutto mostrare che si può fare in un altro modo, se ciascuno fa la sua parte. Non servono appalti miliardari né fatti eclatanti. Non servono nemmeno eroi, ma cittadini normali moderatamente allergici a oscurità e ambiguità. Noi non ci guadagneremo probabilmente nulla, ma forse per chi verrà dopo di noi qualcosa sarà diverso. O forse no: per lo meno, se non avremo cambiato la realtà, la realtà non avrà eccessivamente imbruttito noi.
Questa è una micro-storia, ma è anche un invito a non accettare che nessuno spacci per normale ciò che non lo è affatto!

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