Da un testimone (quasi)
oculare…
Di Elio veltri
Sull'incontro del Cavaliere a palazzo
Grazioli, per decidere le nomine Rai, se ne sono dette e
scritte di tutti i colori. Si,
è vero, il potere di nomina spetta a Pera e a Casini. Ma
il Cavaliere dice: «Non facciamo gli ipocriti. Pera e Casini
non vengono da Marte».
Come dire: «Li ho messi lì
io». Nulla di nuovo. Manca, in una intervista, non ha forse
ricordato con nostalgia la lottizzazione e ne ha rivendicato i
meriti? Bastava una telefonata a palazzo Chigi per mettersi d'accordo
o per prendere ordini, dal momento che Craxi, il padrone, stava
li.
Il Cavaliere ha nostalgia di quei
tempi anche se andava da Craxi col cappello in mano ed era costretto
a lunghe attese che lo umiliavano.
Pera e Casini non vengono da Marte,
ha detto.
Craxi usava le stesse parole e
diceva che tra i suoi c'erano degli extraterrestri. Quando Zatterin
fu dimesso dal TG2, in una intervista memorabile che bisognerebbe
ri-pubblicare, disse: «Sono stato per sei anni il direttore
lottizzato, di un telegiornale lottizzato, di un'azienda lottizzata».
Ora vi racconto l'incontro a palazzo
Grazioli che è andato cosi:
Il Cavaliere a suo agio, in dolce
vita, blu, riceve gli alleati. Ma è nervoso perché,
dovendo pensare alla guerra e alle sorti dell'umanità,
è costretto a perdere tempo per mettere d'accordo gli "extraterrestri"
che litigano, non capiscono come vanno le cose del mondo e fanno
fìnta di non sapere che lui è il padrone. Perciò
pensa a voce alta: "Ma come? Qui si rischia una guerra; noi
non sappiamo nemmeno da che parte stare perché abbiamo
giurato fedeltà a George ma se fa la guerra senza l'Onu
gli italiani ci cacciano via, perciò devo trovare una soluzione
che salvi capre e cavoli e questi, per un posto in Rai, mi piantano
grane".
Perciò, appena arrivati,
uno dopo l'altro, Fini e Pollini, in giacca e cravatta, Bossi
in cravatta verde e slacciata, Letta, il Cardinale, col passo
felpato, il Cavaliere sbotta: «Ragazzi, io ho da fare; non
ho tempo da perdere. Ma vi rendete conto che ho sulle spalle il
destino della pace:
telefonate, incontri, vacanze programmate
con le nostre famiglie, affari che devo prospettare per convincerli.
Ma vi pare facile convincere Putin a mollare quel matto di Chirac
e sostenere il nostro Gorge.
Per fare tutto questo ci vuole
tempo, denaro, savoir faire». A quel punto follini cerca
di intervenire per riportare il discorso sulla rai: «Scusa
Silvio...», ma non riesce a finire la frase che il Cavaliere
lo fulmina: «caro Pollini, tu e il bel Tenebroso un giorno
sì e l'altro pure fate casino e io ne ho le tasche piene
perché l'Umberto s’incazza e tocca sempre a me calmarlo
ed evitare rotture. Mi dispiace dirtelo, ma aveva ragione Bettino
quando mi metteva in guardia nei confronti dei democristi».
«Io non capisco davvero cosa volete: vi ho dato ministri,
la presidenza della Camera, posti a strafottere e soldi».
«Soldi?», azzarda Follini con stupore. Di soldi lui
non sa proprio nulla. «Si, soldi», ripete il Cavaliere.
«Credete davvero che quei quattro voti che avete preso sono
caduti dal cielo? Ma lo saprete quanto mi è costata la
campagna elettorale? O pensate che è costata quanto abbiamo
dichiarato agli uffici della Camera?». «Ragazzi svegliatevi».
«Nessuno conosce il potere come voi democristiani. Perciò,
per favore, non fate i verginelli». «Veramente. ..»
dice Follini, ma il Cavaliere è già rivolto a Fini:
«Caro Gianfranco , da te non me l’aspettavo.
Ti dimentichi che ti ho sdoganato
quando ho dichiarato di votare per te e non per Rutelli. Altro
che il lavacro di Fiuggi e balle varie! Sono io che ti ho sdoganato
e ora ti ci metti anche tu e non capisco perché fai l'occhietto
alTenebroso. Vi siete ammazzati tutta la vita voi fascisti con
i democristi e ora fate lingua in bocca». «L'Umberto
fa arrabbiare anche me, ma dovete capire che è un valore
aggiunto. E poi la Rai a Milano è un dovere. Vi riempite
la bocca di federalismo e quando si prende una decisione federalista
fate casino. Ma scusate; dove dovrebbe andare il TG2, alla Garbatella?
Dimenticate che Milano è
la capitale della moda, dell'informazione, dell'editoria, della
Fininvest». «Se poi avete problemi di gelosia perché
il lunedì ceno con l'Umberto, ditemelo chiaro e io rimedio:
il martedì ceno con Follini e il mercoledì ceno
con te, caro Gianfranco».
Il clima è teso. Per sdrammatizzare,
una bella ragazza che sta silenziosa in un angolo con un notes
in mano, prende coraggio e dice: «Presidente posso raccontare
una barzelletta che la riguarda?». IL Cavaliere la guarda
amorevolmente, ma punta subito sul Cardinale che è rimasto
in silenzio tutto il tempo, perché dopo il crollo delle
Torri gemelle, quando per allentare la tensione, aveva detto che
avrebbe raccontato una barzelletta, Letta lo aveva bloccato con
un: «Silvio, oggi non è proprio il caso». Questa
volta, però il Cardinale da l'assenso con un cenno del
capo e il Cavaliere dice alla ragazza: «Raccontala pure».
La ragazza, contenta, dice: «Presidente,
lei essendo unto del Signore, scivola e muore». A quel punto,
all'unisono, si vedono mani che frugano nei pantaloni e scoppia
una risata. Ma la ragazza fa finta di niente e va avanti: «Lei
va in paradiso dove San Pietro la sta apettando e appena la vede
le dice: benvenuto in paradiso Eminenza. Prima di farla accomodare
però deve trascorrere una giornata all'inferno.
Lei Presidente è d'accordo
e con l'ascensore scende all'inferno, dove si trova in un magnifico
campo di golf e ritrova tutti i suoi vecchi amici che avevano
collaborato con lei. Cena con un diavolo e con i suoi amici e
si diverte così tanto da non accorgersi che è già
l'ora di tornare in paradiso. Quando arriva, San Pietro le chiede
come si è trovato e poi le dice che deve scegliere. Lei,
Presidente, risponde che il paradiso è bellissimo, ma all'inferno
si è trovato davvero bene perché è tutto
pulito, ordinato e divertente. Perciò ha deciso di ritornarci.
A quel punto prende l'ascensore e ritorna, ma trova tutto cambiato:
una spianata deserta e immondizie dappertutto, con i suoi amici
in tuta che raccolgono il pattume.
In quel momento arriva il diavolo
col quale prima aveva cenato e che era tanto simpatico e lei gli
dice: «Non capisco..:... mi consenta». Il diavolo
la guarda, sorride e le dice: Amico mio, ieri eravamo in campagna
elettorale. Oggi, hai già votato per noi»…
Risata generale e complimenti alla
ragazza. Ma il Cavaliere li fulmina: «Credete davvero che
io sia così coglione da farmi fregare da San Pietro e da
un diavolo qualsiasi?». Poi riprende:
«Ragazzi torniamo alla Rai.
Noi, e sottolineo noi, della rai abbiamo bisogno. Delle mie televisioni
e anche dei giornali non posso fidarmi. Sono circondato da comunisti
e da socialisti che non sono pentiti per niente. Ferrara, che
è il migliore, sul Foglio, che paga mia moglie, mi attacca.
Costanzo è una faccia di...., ha litigato con Piersilvio,
voleva mandare la moglie a Sanremo e crede di essere il padrone.
Mentana è il peggiore. E pensare che non posso neanche
telefonare, (altro che conflitto di interesse!), perché
lo fanno sapere e mi sputtanano. Se si esclude Emilio, che però
lo vedono quattro gatti, siamo circondati da gente inaffidabile
che pago a peso d'oro.
Sono affidabili solo i comunisti
pentiti che si comportano come gli spretati.
Gli altri te li raccomando. Avevamo
trovato un presidente con le palle, grande giurista, comunista
pentito e lo avete infilzato. Anche Albertoni non era male: socialista
pentito anche lui. Perciò poche balle e mettiamoci d'accordo.
Io dico in pubblico che Casini e Pera hanno ragione e che sono
autonomi e noi rispettiamo la loro autonomia. Anzi gli consiglio
di staccare i telefoni. Ora vediamo i nomi. A proposito, con Pera
e Casini chi ci parla?»
Follini e Fini salutano e vanno.
Il Cavaliere invita gli altri a passare nella camera da pranzo
per la cena.
Sul menu c'è scritto: Rai.
Cosi se la mangiano.
Da un testimone (quasi) oculare.
Pubblicato su l’Unità
05/05/2003
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