di
Alessandro Calleri |
Tutto
sembra ormai pronto per l’attacco in Iraq,
il dispiegamento massiccio delle forze armate
americane in medio oriente assomiglia più
a un’emorraggia inarrestabile piuttosto
che ad un’operazione chirurgica finalizzata
ad impressionare Saddam, costringendolo “amichevolmente”
ad abbandonare l’Iraq senza l’uso
reale della forza. Non facciamoci troppe illusioni,
la guerra si farà, gli strateghi del pentagono
navigano già da tempo tra i piani dettagliati
di invasione, manca solo l’ultimo contributo
dell’imperatore caligola che decida di far
deflagrare l’esplosivo e far saltare tutto
per aria.
Destabilizzare, destabilizzare, destabilizzare,
l’unico vero obiettivo degli Stati uniti.
Se qualcuno nutriva ancora dubbi ecco che vengono
alla luce tutte le incoerenze della politica
americana degli ultimi trent’anni, una
politica colonialista che, nella maggioranza
dei casi, ha prodotto solo difformità
e disparità di distribuzione delle risorse
seminando odio nel mondo e producendo mostri
come il terrorismo contemporaneo. “Chi
semina vento raccoglie tempesta”, gli
Stati uniti sono lo stesso paese che nel 1979
sostenne e mise al potere quel Saddam Hussein
il quale oggi, contingentemente, rappresenta
il nemico pubblico numero uno, con Osama Bin
Laden seduto strumentalmente sullo sfondo di
una guerra che, solo per il fatto di dirsi “preventiva”,
rappresenta la più alta violazione del
diritto internazionale a cui l’umanità
abbia finora assistito. Un punto di non ritorno
dal quale attualmente sembra molto difficile
invertire la rotta.
Mentre nel mondo la voglia di pace ha legato
insieme più di 110 milioni di persone,
in marcia per chiedere più equità
e giustizia, l’imperatore americano dichiara
che “non si lascerà impressionare
dai cortei pacifisti” e che “l’attacco
all’Irak servirà da esempio per
tutti gli altri dittatori del pianeta”.
Più che di politiche di pace sembra rivivere
un nuovo fascismo lanciato alla conquista delle
risorse energetiche dell’intero pianeta.
Intendiamoci, il regime irakeno è certamente
odioso, e Saddam Hussein un dittatore detestabile
che in passato non ha esistato a massacrare
la sua stessa popolazione utilizzando spesso
anche quelle armi chimiche fortemente bandite
dai trattati internazionali. Ma può solo
questo giustificare una guerra preventiva? La
guerra in Irak rappresenta solo l’inizio
della militarizzazione del mondo, un’azione
che vedrà protagonista l’america
dei prossimi anni sostenuta, sul piano interno,
dalle fazioni di estrema destra che circondano
il presidente Bush che sostiene ormai di poter
risolvere tutti i problemi politici, economici
e sociali solo grazie all’uso della forza
militare.
La guerra in Irak rappresenterà la morte
del diritto internazionale e di qualsiasi sistema
codificato di regole, anche i colpi bassi saranno
ammessi, prepariamoci a combattere una sporca
guerra per difendere il nostro bisogno di Pace.
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