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Editoriali

Mafia e potere, quali prospettive alla luce della memoria
di Alessandro Calleri

5 Gennaio 1984 Giuseppe Fava veniva ammazzato per mano della mafia, un bavaglio sulla bocca di un giornalista che sul giornale da lui diretto, “I Siciliani”, faceva nomi e cognomi degli imprenditori e cittadini della Catania bene, “onesti” che con la mafia facevano affari negandone l’esistenza ma impersonandola nei fatti. Oggi, a diciannove anni dall’assassinio di fava i catanesi assistono impassibili ad un remake vecchio stile che prova ad indossare nuove vesti e maschere diverse. Maschere, appunto.

Sul fronte dell’informazione la situazione ci appare pressoché immutata rispetto a diciannove anni fa, l’impero dei media fa sempre capo a Mario Ciancio Sanfilippo, l’editore unico di tutte le più importanti radio e televisioni Siciliane nonchè proprietario e direttore de “La Sicilia”, un network capace di sopprimere qualsiasi pluralismo dell’informazione in una città già tremendamente silenziosa, specialmente in questi ultimi tempi.

La mafia con la cravatta” avanza: cambiano i nomi ma le modalità sono sempre le stesse. Ai tempi di Fava erano le banche, adesso i panni sporchi dei clan catanesi si lavano nei supermercati.

"Caso Catania" bisogna citarlo necessariamente se vogliamo parlare di giustizia, nella procura etnea ci sono magistrati che vengono isolati ed emarginati per le loro inchieste sulla “Catania bene” mentre aumentano i veti contrapposti tra magistrati che bloccano di fatto numerose inchieste su personaggi politici eccellenti e su numerosi esponenti della stessa magistratura.

Sul fronte politico i Catanesi plaudono silenziosi alla rinascita della peggior Democrazia Cristiana che mai ha governato nell’isola. La maggioranza in città è retta nominalmente da Umberto Scapagnini, farmacologo e medico personale di Silvio Berlusconi, ma a tenere in mano le fila di tutta la baracca è indiscutibilmente il democristiano Raffaele Lombardo, tra i protagonisti del nuovo sacco di Catania in preparazione per i prossimi mesi, quando saranno chiare tutte le destinazioni d’uso e gli appalti delle zone più appetibili di Catania, dal lungomare al vecchio quartiere di S.Berillo, in quest’ultimo caso si tratta solo di portare a compimento l’opera.

In tutto questo marasma la sinistra istituzionale catanese, o centro-sinistra, chiamatelo come vi pare, invece di proporre soluzione alternative preferisce convivere e difendere gli interessi di pochi baroni.

Oggi, a diciannove anni di distanza, le parole di Fava appaiono ancora di una contemporaneità disarmante, un sapere e un'esperienza che dovrebbe essere trasmessa e veicolata ma a cui, ancora oggi, si cerca di mettere il bavaglio. Fava non amava certamente le maschere ed anche per questo è stato ammazzato. La sua memoria ci impone di tracciare nuove strade e trovare maggiori convergenze, abbiamo bisogno di voltarci verso il passato "...ma guardando diritti al futuro" se vogliamo esserne i protagonisti e se vogliamo tornare a vivere nuovamente le nostre città.

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