|
Questa
la dichiarazione integrale del presidente del Consiglio,
Silvio Berlusconi, fatta il 29 settembre 2003 ad Arcore:
"In una democrazia liberale
nessuno è al di sopra della legge, e dunque le sentenze
si rispettano come si rispetta la presunzione d'innocenza
degli imputati. In una democrazia liberale i giudici applicano
la legge, non fanno politica e non fanno 'resistenza, resistenza,
resistenza' a chi è stato scelto dagli elettori per
governare. In una democrazia liberale la magistratura liberale
non si giudica da sè e non si autoassolve in ogni
sede disciplinare, penale e civile così come avviene
oggi in Italia. In una democrazia liberale chi governa per
volontà sovrana degli elettori è giudicato,
quando è in carica e dirige gli affari di Stato,
solo dai suoi pari, dagli eletti del popolo, perchè
la consuetudine e le leggi di immunità e garanzia
lo mettono al riparo dal rischio della persecuzione politica
per via giudiziaria. Succede così nel mondo, ma non
nel nostro Paese".
"In Italia - prosegue Berlusconi - le correnti politicizzate
della magistratura, giusto dieci anni fa, imposero a un
Parlamento intimidito e condizionato, un cambiamento della
Costituzione del 1948 che ha messo nelle loro mani il potere
di decidere al posto degli elettori. E questo potere arbitrario
e di casta è stato illiberalmente esercitato nel
1994 contro un governo sgradito alla magistratura giacobina
di sinistra, governo messo platealmente sotto accusa attraverso
il suo leader in un procedimento iniziato a Napoli mentre
presiedeva una Convenzione delle Nazioni Unite e sfociato
poi, per assoluta mancanza di fondatezza, in una clamorosa
assoluzione molti anni dopo. Questa situazione va corretta
per il bene del Paese e delle sue istituzioni".
"Il governo è del popolo e di chi lo rappresenta
- continua Berlusconi - non di chi avendo vinto un concorso
ha indossato una toga, ha soltanto il compito di applicare
la legge. In una democrazia liberale gli imputati fanno
il loro dovere, esercitando il diritto alla difesa, e contrastano
la pretesa della pubblica accusa di aver provato la loro
colpevolezza".
"E' - aggiunge il premier - ciò che ho fatto
fino ad ora, con successo, di fronte ad una inaudita catena
di inchieste giudiziarie segnate dal più ostile e
prevenuto accanimento. Dal momento della mia discesa in
campo nell'attività politica contro di me e contro
i dirigenti del gruppo imprenditoriale che mi onoro di aver
fondato sono stati avviati 87 procedimenti penali, sono
state celebrate ad oggi 1.561 udienze processuali, sono
state effettuate 470 visite della Polizia giudiziaria e
della Guardia di Finanza, sono stati asportati ed esaminati
documenti aziendali per oltre un milione di pagine, sono
stati passati ai raggi X oltre 270 conti correnti e depositi
presso oltre 50 banche in Italia e all'estero. Di fronte
a questa incredibile persecuzione giudiziaria io continuerò
a difendermi come ho fatto sinora nella certezza, limpida,
orgogliosa e serena, di non aver commesso reati contro la
legge e contro la morale pubblica".
"C'è tuttavia qualcosa - continua il premier
- che non appartiene all'imputato Berlusconi e nemmeno al
presidente del Consiglio Berlusconi: questo qualcosa è
il mandato degli elettori a governare nell'interesse della
sicurezza e della libertà degli italiani, il mandato
a cambiare il Paese attraverso la realizzazione del programma
di riforme e di libertà civili approvato dai cittadini
con il loro voto".
"Oggi sono in gioco - afferma Berlusconi - i principi
della Costituzione e della divisione dei poteri, è
in gioco il funzionamento delle istituzioni che hanno garantito
al Paese una sana alternanza di forze diverse alla guida
dello Stato, è in gioco la collocazione ferma del
nostro Paese nella coalizione mondiale per le libertà
e contro il terrorismo, è in gioco una giustizia
davvero eguale per tutti e davvero amministrata in nome
del popolo italiano e non in nome e per conto di una parte
politica".
"Per queste ragioni - conclude Berlusconi - farò
fino in fondo, fino in fondo, il mio dovere di presidente
del Consiglio dei ministri senza tradire mai il mandato
dei miei elettori perché è su quel mandato
che si fondano la convivenza civile dei cittadini e l'immagine
dell'Italia nel mondo. E ora, come sempre, al lavoro".
(29 gennaio 2003)
|
|