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Giro98
forum sociale europeo
NON VIOLENZA, DISOBBEDENZA, E CONFLITTI SOCIALI.
ZANOTELLI E CASARINI A CONFRONTO
di Lorenzo misuraca
La conclusione simbolica del forum,
prima delloceanica manifestazione del giorno
dopo, è stata probabilmente la conferenza
di giovedì sera al padiglione della Ghiaia,
stipato allinverosimile, su non violenza,
disobbedienza, e diritti sociali, coordinato
da Salvatore Cannavò di Liberazione.
Nonostante nella sala vicina fosse in corso un
incontro con invitati del calibro di Bertinotti,
Agnoletto, Bernand Cassen, e Rosi Bindi, credo
che per il movimento sia stato ancora più
importante sentire cosa avevano da dire sul suo
futuro alcune tra le persone che rappresentano,
per scelta o per necessità (vedi Heidi,
la madre di Carlo giuliani) i diversi stati danimo
e le diverse posizioni su temi caldi quali violenza-non
violenza.
Le questioni poste dal moderatore agli intervenuti
vertevano soprattutto sul dilemma dei modi di
disubbidire: è più utile al movimento
gli atti, fortemente mediatici e al limite della
violenza, dellarea antagonista interna al
Foro Sociale Italiano, o la non violenza assoluta,
cara soprattutto alla Rete di Lilliput?
La parola iniziale va ad Heidi Giuliani, che lautorevolezza
sul movimento lha conquistata, sua malgrado,
grazie al dolore e alla responsabilità
di essere la madre del primo, e speriamo unico,
martire del movimento. La gente applaude a lungo,
qualcuno grida Carlo è vivo, e lotta insieme
a noi. Come sempre, nellultimo anno e mezzo
dal Luglio infuocato di Genova in cui a girato
lItalia per parlare con i giovani, usa lironia
pacata e intelligente di chi non ha bisogno di
gridare per sottolineare pochi (ma forti) concetti:
che lunica violenza che ha notato nei cosiddetti
No Global è stata la foga con cui le hanno
stretto la mano e lhanno baciata; che non
si sente abbastanza autorevole per rispondere
alle domande poste da Cannavò; che lunico
modo per resistere alla disinformazione dei mass
media è quello di rendersi media in prima
persona, raccontando per strada o sullautobus,
la propria personale testimonianza.
Segue Petros Constantinou, rappresentante di Genova2001-Grecia,
che infarcisce di retorica un concetto semplice
e semplicistico: One Solution, Revolution.
Bernad Cassen, fondatore di Attac Francia, mette
in evidenza il problema della rappresentanza allinterno
del movimento. Il francese spiega abilmente come
in un movimento talmente eterogeneo da avere allinterno
realtà minuscole ed enormi associazioni
e sindacati, lunica forma di decisione che
eviti legemonizzazione dei Grandi,
tipica del voto, sia la ricerca del consenso.
Prende la parola Giorgio Cremaschi della Fiom,
che riferisce del riuscito sciopero degli operai
della FIAT. Il sindacalista parla con sdegno della
legge Bossi-Fini, che per la prima volta rende
illegali non gli atti, ma le persone,
si dice convinto che larticolo sul corriere
a firma Fallaci lo abbia scritto Mario Borghezio,
e fa un appello alla disobbedienza civile come
mezzo forte per contrastare leggi corrette nella
forma, ma vergognosamente ingiuste nella forma.
Ma, preoccupato come tutti i leader del
movimento-di distinguere le varie forme e gradazioni
di violenza, precisa che per quanto dura sia la
lotta non bisogna mai diventare come colore
contro i quali lottiamo, aggiungendo che
nella scorciatoia della violenza molti sessantottini
si sono persi.
Quando Alex Zanotelli, padre missionario comboniano
e simbolo dellarea pacifista tout court
del movimento, si avvicina al microfono, la gente
lo accoglie con un calorosissimo applauso, sapendo
già che il suo sarà un intervento
forte e commovente.
Il frate, infatti, ha vissuto per dodici anni
a Korokocho, la baraccopoli più grande
di Nairobi, inferno degli ultimi, dove più
della metà di abitanti, circa due milioni,
sopravvivono nell1% di superficie della
città.
Zanotelli è un prete, è logico che
descriva le cose in un modo che a volte può
sembrare fastidioso agli anticlericali o atei
convinti, ma sa riscattarsi con la sua radicalità
e il suo coraggio. Il suo è certamente
lintervento più forte, (oltre che
lungo, unora piena), in cui introduce la
povertà di quel angolo di Sud del mondo
dicendo:
Parla di dolore, di sofferenza, di esclusione,
dinferno in terra, come chi non lo ha visto
non può neanche immaginare. Ma chiarisce
che non vuole, in nessun modo, che la gente esca
da quel padiglione con i sensi di colpa, perchè
non servono a nulla. La gente applaude sollevata.
Parla di femminilizzazione della povertà,
di come oggi come non mai la forza distruttrice
del capitalismo umili e strazi soprattutto le
donne. Racconta Joan, una ragazzina prostituta
di Korokocho, trovata morta pochi giorni dopo
aver pregato con lui, in uno stagno di fango,
affiorata nuda dallacqua torbida, con le
braccia aperte, come un crocifisso.
I poveri, i malati, gli emarginati, gli omosessuali,
gli immigrati, gli ultimi, i nostri crocifissi
viventi.
Dice di aver provato un grande dolore quando un
ministro italiano a proposto di reintrodurre i
crocifissi a scuola, un ministro dello stesso
governo che, nel frattempo, schiaffeggia
i crocifissi viventi con la legge Bossi-Fini.
Applauso commosso.
E ancora, senza remore alcuna, denuncia la politica
militare di Bush, dopo lundici di settembre,
definisce la guerra in Iraq, come quella in Afghanistan,
come quella in Serbia, una guerra per mantenere
i privilegi, parla di follia collettiva. Cita
un consigliere americano che ha dichiarato che
la guerra finirà solo quando il mondo intero
accetterà che gli americani vivano con
lattuale stile di vita, e ciò consumando
le risorse del resto del mondo povero e inquinando
per il 25% del globo.
E a questo punto, quando la gente presente attentissima
ogni parola del padre comboniano, risponde alla
domanda della sera violenza o non violenza-,
e lo fa in maniera schietta ed esplicita (rimanendo
forse lunico degli intervenuti a rispondere
in maniera chiara allo scottante quesito).
Si serve degli studi dellamericano R. Gerarde,
per parlare di una crisi antropologica delluomo
intervenuta nellultimo secolo: la violenza,
ricorrente nelle società umane, è
scappata di mano alluomo, sfuggendo ormai
ad ogni tipo di controllo, incluso quello statale.
DOBBIAMO RENDERE TABU LA VIOLENZA.
E canarini è servito. La vera rivoluzione
del movimento è rifiutare la violenza imposta
dal sistema. Il vero sbaglio è credere,
come riferì una volta Curcio in galera
a Zanotelli, nel principio machiavellico secondo
cui la fine giustifica i mezzi.
Richiama ai valori di Ghandi, di Don Milani, della
non violenza attiva.
Ribadisce che o si è tutti ugualmente cittadini
o non lo è nessuno e chiude lintervento
esortando i presenti a darsi da fare per costruire
una civiltà della Tenerezza.
Tutti si alzano in piedi. Lapplauso è
interminabile e partecipato.
Tocca a Luca Casarini, leader dei disobbedienti
del Nord-Est, chiudere lincontro, e rispondere
ad Alex Zanotelli. Ma Casarini evita lo scontro,
e preferisce (saggiamente) mantenere latmosfera
di unità creatasi allinterno del
padiglione. Sfiora soltanto largomento in
questione. Incentra il suo discorso sulla mancanza
di verità assolute allinterno del
movimento dei movimenti. Ripete con forza che
di fronte alla vergogna della povertà causata
dai ricchi occidentali, alla guerra, al razzismo
del governo, bisogna ora come non mai non fermarsi,
andare avanti, ma senza smettere di condividere
la lotta con chi è posizioni dissimili
e di coltivare i dubbi e le contaminazioni positive.
Rivendica comunque la validità del blocco
del WTO a Seattle, parla di dare un etica alla
rivolta, e rifiuta di accettare lezioni sulla
non violenza da chi vota le guerre in parlamento.
Esorta a non abituarsi alla disperazione, conclude
dicendo: stiamo cercando la maniera per
mettervi (rivolto ai potenti) nella condizione
di non nuocere allumanità.
E se anche Casarini riesce a limitare i danni
ricorrenti delle sue dichiarazione rovinose, arrivando
ad apparire in certi passi del discorso addirittura
pacato, allora vuol dire che siamo sulla buona
strada
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