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COCOCO allo sbaraglio (1)
di gaetano mangiameli

Co. co. co., ovvero collaborazione coordinata e continuativa: è questo il contratto che il CEPU propone ai neolaureati che si offrono all’azienda come insegnanti. Come si svolge la vita professionale dei famosi tutor che la pubblicità sbandiera come eroi della formazione? Cominciamo col dire che forse sarebbe meglio presentarli come dei martiri. L’intervista che segue è solo la prima parte di un percorso attraverso le disavventure professionali di un tutor CEPU che ha preferito mantenere l’anonimato. Come punto di partenza del colloquio è stato scelto, inevitabilmente, il profilo economico. A scanso di equivoci, va precisato che il rapporto professionale tra l’intervistato e l’azienda si è chiuso nel 2001, e che quindi il compenso dei dipendenti potrebbe, nel frattempo, avere subito delle variazioni. Per la medesima ragione le cifre non sono espresse in euro ma in lire.

Per quanto tempo hai lavorato al CEPU?
Circa tre anni, dal 1998 al 2001. Negli ultimi mesi avevo già deciso di abbandonare, ma dovevo portare a termine alcune lezioni.

Cioè? Che tipo di contratto propone il CEPU?
Si dice comunemente Co.Co.Co., è un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

Come funziona la retribuzione?
Niente minimo garantito, ovviamente. Dipende tutto da quanti contratti ti vengono assegnati e da come vanno gli studenti. Le lezioni sono individuali. Se ti viene assegnato uno studente devi fargli un corso completo di circa trenta ore. Il compenso totale è di 700.000 lire lorde, cioè circa 530.000 nette.

Quindi un’ora di lavoro quanto ti veniva pagata?
Così sono meno di 18000 lire, ma in realtà c’è di peggio…

Cosa intendi?
Un quarto del compenso totale ti viene versato alla fine, ma solo se lo studente ha superato l’esame. In caso contrario devi tenere altre quattro o cinque lezioni suppletive, perché lo studente ne ha diritto, ma la paga resta immutata. Le lezioni sono di 90 minuti circa. Puoi capire che in questo caso (che si verifica spessissimo), il tuo compenso orario si abbassa ulteriormente. Se alla fine di queste lezioni suppletive lo studente non riesce comunque a superare l’esame, l’insegnante non percepisce quel famoso 25% della paga.

Ti è successo?
Certo. Ovviamente è mio interesse che lo studente ce la faccia. In molti casi davo anche più lezioni di quelle previste dal contratto, pur di aiutarlo a farcela e di essere pagato, in sostanza. In un caso (veramente disperato) sono arrivato a 50 ore di lezione per un ragazzo che proprio non brillava. Quando arrivi a quel livello la paga è ai limiti dello sfruttamento, se non oltre…

Se finisce male cosa deve fare lo studente?
Niente, se vuole può rifare il corso pagando nuovamente la retta.

Che ammonta a…?
Sarebbe di 5 milioni di lire. In realtà il contratto tipico prevedeva tre corsi per un totale di 15 milioni, cioè 5 per corso, appunto, ma se volevi fare un solo corso dovevi pagarne 8 di milioni! Ripeto, all’insegnante vanno solo 700.000 lire lorde per ogni corso, ammesso che vada bene l’esame. Il resto se lo prende il CEPU. Almeno, era così fino all’anno scorso, ma dubito che la situazione sia cambiata.

Situazione piuttosto squilibrata…
Sì, non parliamo poi dei diritti, perché si apre un capitolo niente male. Non hai nessuna garanzia. Niente articolo 18, neanche a parlarne. Poi a me è successa una cosa piuttosto strana. Solo quest’anno, nel 2002, sono stati versati i contributi INPS relativi alle mie prestazioni del 1999, e ho dovuto anche insistere. La cosa strana è che si trattava di contributi dichiarati, ma non versati. Non so se sia un caso particolare o una prassi consolidata.

(continua)

 

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