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Giro95
Tanto per abbaiare
Tanto per abbaiare
di riccardo orioles, 16 settembre
2002 n.144
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Colf e badanti. Il termine "colf"
fu inventato dalle Acli venete negli
anni 50, quando organizzarono dei corsi per "collaboratrici
familiari"
nel tentativo di dare una coscienza sindacale alle
ragazze che andavano
a "servire" a Milano dai paesini della
provincia veneta e friulana.
Fino a quel momento s'era detto "cameriera"
o "domestica": il primo
termine veniva usato prevalentemente al sud, il
secondo al nord e nelle
famiglie piu' rifinite; in entrambi i casi, con
un lieve tono di
sprezzo. I giornalisti di destra, e purtroppo anche
Guareschi, non
mancarono di far dell'ironia sul nuovo termine "colf",
in cui
avvertivano qualcosa di vagamente sovversivo; gli
risultava difficile
annettere la dignita' di un lavoro a quella che
vedevano come una
condizione sociale intrinsecamente minorile. ("Le
cameriere e i
soldati" ai giardinetti; "vestirsi come
una cameriera"; "ho mandato la
mia domestica"; " anche le cameriere pretendono,
oggigiorno").
Io personalmente sono gratissimo a mio padre dello
schiaffone che mi
dette - quasi una cinquantina d'anni fa - per aver
dato ribaldamente
della "cameriera" alla nostra Giovanna,
che era rigorosamente "donna
Giovanna" per mio padre e senz'altro un "Giovanna"
affettuoso per mia
madre. (Mia madre era molto giovane ed era, quando
fuggi' con mio
padre, la piu' bella ragazza di Palermo. Mio padre,
Regio Esercito,
aveva qualche anno in piu'. Tutt'e due li ricordo
in bicicletta, in
mezzo al sole. Giovanna - un donnone autorevole,
sulla cinquantina -
mentre canta a voce spiegata una canzone di cui
mi restano solo due
versi "Che ciavuru che ciavuru/ di zagari e
di violi"; ciavuru in
siciliano e' il profumo).
Quanto ai badanti, e' una parola nuova, sulla quale
i politici
s'accapigliano - a labbra strette e pancia piena
- per definirne
l'esatta ancorche' elastica estensione. A me fa
pensare a una villa un
tempo decorosa, dalla facciata armonica, col giardinetto
davanti e i
comignoli in cima; ma adesso piu' kitsch che borghese,
con un incongruo
ammassarsi di padri pii sottovetro e soprammobili
di plastica nel
salone, mezzo paesano e mezzo giapponese; coi vecchi
libri del nonno
impolverati in biblioteca e la tivvu' a tutto volume
a ogni ora. Le
ortensie del giardinetto (la nonna le pianto' subito
dopo la guerra,
quando ancora le macerie ingombravano la via) sarebbero
gia' deperite
da un pezzo, se non le curasse amorosamente Nihal,
il giovane cingalese
che bada al giardino, alla casa e ai padroni. Il
"badante", appunto. I
padroni di casa, in realta', non son talmente vecchi
d'eta' da dovere
essere accuditi materialmente; ma lo sono abbastanza,
di spirito, da
aver sempre bisogno di qualcuno che, per mille piccole
cose, badi a
loro.
Un paese che, a un certo punto, divento' improvvisamente
ricco e
vecchio, da aver bisogno di "badanti"
e da poter permettersi di
pagarli. Ma dopo mille capricci, astiosamente, spicciando
le banconote
ad una ad una con aria di sopportazione; e non perdendo
occasione di
dare del "cameriere", di umiliare. Mio
padre non e' piu' qua per
prendere a ceffoni il bambino viziato Bossi quando
fa il maleducato con
Giovanna. Ecco, m'e' arrivato improvvisamente un
altro paio di versi:
"E di luntanu vengono/ li forasteri a massa/
dicendu: 'nta Sicilia/ che
ciavuru che fa/ che ciavuru che fa".
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Politica. Quasi tutte le grandi famiglie del vecchio
capitalismo
italiano (tranne, quindi, Berlusconi) si sono di
nuovo unite nel nuovo
pacchetto di controllo del Corriere della Sera.
Nel giro di una
settimana, e' stata dunque battuta l'ipotesi (che
a un certo punto
sembrava molto concreta) di una scalata da parte
del finanziere
siciliano Ligresti, rappresentato nella destra dal
leader milanese di
An, La Russa (in passato suo dipendente diretto).
Tutte queste
faccende, naturalmente, hanno sempre una durata
abbastanza relativa:
gli alleati di oggi possono rapidamente diventare
i nemici di domani, e
viceversa. Pero', in questo caso, siamo di fronte
a un assetto che
durera' per un po' di tempo.
Fino a Mani Pulite, il potere finanziario in Italia
era sostanzialmente
lo stesso degli anni Ottanta. Poche famiglie, pochi
padroni ereditari,
un movimento di capitali relativamente modesto e
sostenuto
essenzialmente dall'industria: la quale a sua volta
sopravviveva grazie
al sostegno dello stato, sotto varie forme: dalle
infrastrutture
costruite coi soldi pubblici alla corruzione diffusa.
Il sistema
economico, in sostanza, era un intreccio politico-industriale
garantito
da una serie di (efficienti) manager di stato.
Con Mani Pulite, che tutto sommato fu un episodio
tecnicamente
abbastanza limitato, il sistema collasso' improvvisamente.
In realta',
avrebbe potuto collassare gia' diversi anni prima.
Nel 93-94, comunque,
il vuoto dei poteri era totale. In questo vuoto
s'infilo' il fenomeno
Berlusconi, rovesciando il rapporto finanza-politica:
Berlusconi fu il
primo a capire che la politica non occorre comprarla
perche' si puo'
benissimo produrla, a costi molto inferiori, in
proprio.
Seguirono alcuni anni d'interregno, quelli che nelle
cronache degli
antichi storici cinesi venivano definite "dei
signori della guerra", in
questo caso della Borsa. Avventurieri d'ogni genere
si facevano avanti
per arraffare un piccolo villaggio o un granducato,
una speculazione
occasionale o un grande ente privatizzato. In tutto
questo casino,
Berlusconi sopravvisse e riusci' a tenere a bada
le vecchie famiglie
grazie alla sua capacita' di buttare in campo, di
volta in volta, pezzi
di politica e di societa' dentro all'economia (produrre
Beautiful o il
Grande Fratello, in prospettiva, porta consenso
e voti, dunque potere;
costa molto meno che corrompere uno per uno gli
opinion leaders del
vecchio sistema).
Nel '94 Berlusconi dovette, per non essere travolto,
"scendere in
campo" personalmente, come si disse allora;
in realta' non era riuscito
a trovare nessuno che lo facesse, secondo gli usi,
al posto suo. Al
governo, resiste' poco e male: ma in quel breve
periodo scopri' tutto
un mondo; scopri' in particolare che era inutile
avere masse di SA
dietro di se', se i generali della Werhmacht restavano
ostili. Il
secondo tentativo fu basato dunque su una lenta
e paziente opera di
ricomposizione coi poteri vecchi; il capolavoro
fu l'accordo con
Agnelli, subito prima delle elezioni, in cui il
vecchio re concedette
il suo appoggio all'uomo nuovo in cambio di garanzie
di continuita' e
di denaro contante (il monopolio dell'energia).
All'indomani delle elezioni, Berlusconi si trovava
dunque in una
situazione solidissima, simile a quella di Hitler
subito dopo Weimar:
le SA che sfilano su tutte le piazze, i communisti
e socialdemocratici
allo sbando, i cattolici del "Zentrum"
in fila per entrare nel nuovo
governo, i Krupp e i Thyssen coi distintivi di Forza
Deutschland
all'occhiello; e i generali della Werhmacht che
scattano sull'attenti
di fronte all'omino con baffi e ciuffo, al sorridente
Comunicatore.
Tutto questo, naturalmente, ha un prezzo. Non puoi
goderti assieme le
SA e i generali, non puoi pretendere di tenere assieme
quelli a cui
promettevi di rovesciare tutto e quelli che stai
rassicurando che non
cambiera' niente. Devi scegliere. Hitler, che era
un professionista,
scelse: e fece fuori in una notte tutti i suoi capibanda
delle SA; la
mattina dopo si presento' dai generali e dai vecchi
poteri forti e
disse: "Beh, adesso possiamo cominciare a trattare".
Berlusconi e' un tenero, non sarebbe mai capace
- probabilmente - di
fare una Notte dei Lunghi Coltelli. Percio' caccio'
l'uomo di Agnelli
per far contento Bossi, nomino' Taormina per far
contenti gli avvocati
siciliani, sfascio' platealmente la Rai perche'
in fondo la ditta di
famiglia va tutelata... Si rese inaffidabile, insomma.
Non davanti
all'audience, ma davanti agli azionisti veri dell'azienda
(quella che
convenzionalmente chiamiamo Italia), che sono pochi
e scelti e non
hanno tempo da perdere ne' interessi da rischiare.
Negli ultimi sei mesi, molto al di la' della politica,
Berlusconi e'
stato quindi sotto esame. Ritengo che non l'abbia
superato, e che la
conclusione del Corriere sia il verbale d'esame.
Cio' in se' non mi
rallegra affatto: Berlusconi e la sua destra, per
quanto incivili, non
sono affatto l'unico male del paese. Al peggio non
c'e' fine, e un
leader come Dini - ad esempio - riusci' a dar dei
punti anche a
Berlusconi. Ora come ora, il rischio e' che dopo
Berlusconi arrivi
qualche cosa del genere: un berlusconismo senza
Berlusconi, insomma.
Prematuro pensarci? Mah. La faccenda del Corriere
fa pensare che i
tempi potrebbero anche essere stretti.
* * *
Nel frattempo, la destra bruta - quella delle SA
o dei leghisti, per
intenderci - perde terreno in Europa. Heider, per
esempio. Solo in
Italia resiste ancora. Non perche' qui sia piu'
forte (la Lega,
elettoralmente, s'e' squagliata gia' da diversi
anni) ma perche' qui
viene ancora considerata, chissa' perche', necessaria
a qualche cosa.
Tecnicamente, Berlusconi non e' affatto un Hitler
(di cui possiede
l'istinto demagogico, ma non la determinazione)
ma un Mussolini:
decisionista nelle piccole cose, ma nelle grandi
un asino di Buridano.
Non scegliera' mai fra gli squadristi e i generali.
E dunque affoghera'
fra i Farinacci e i Ciano e i Buffarini-Guidi.
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Problemi. Quello coi baffi non paga il pizzo. Ha
una pompa di benzina
che fa un sacco d'affari ma lui dice che ai picciotti
non li riconosce.
E' questo e' un male. Tutti gli altri benzinai della
zona (U' Principe,
U' Quatar, L'Emiro e altri ancora) ora come ora
pagano regolarmente, ma
non si puo' mai dire: il malo esempio e' contagioso.
Percio', problema:
che dobbiamo fare? Io sarei dell'idea di mandargli
un paio di picciotti
a metterlo a posto definitivamente, visto che le
bombe sotto il negozio
non sono bastate a fargli cambiare idea. U' tedescu
invece dice che
bisogna starci attenti, che quello e' uno tosto
(e' stato anche in
galera) e che prima conviene fargli un "ragionamento"
di quelli che non
si possono rifiutare. Mah. Qua il tempo passa, e
quello continua a fare
quello che gli pare. Gia' qualche negoziante, nel
quartiere, comincia a
fare il muso storto quando gli passano in bottega
i ragazzi per il
libero contributo. U' tedescu e gli autri possono
dire quello che
vogliono, io gia' ci dissi ai picciotti di prepararsi
a partire.
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Background. Nel 1820 il divario di reddito fra i
paesi piu' ricchi e
quelli piu' poveri del mondo era di circa tre a
uno; nel 1913 - dopo le
espansioni coloniali della seconda meta' dell'Ottocento
- era diventato
di undici a uno. Due guerre mondiali dopo, nel 1950,
il divario fra
ricchi e poveri era gia' triplicato: trentacinque
a uno.
Negli anni Cinquanta e Sessanta numerosi paesi del
Terzo mondo
ottennero l'indipendenza politica, ma non quella
economica: cosi' nel
1973 (un momento peraltro alto del ciclo economico
internazionale) il
divario era aumentato ancora: quarantaquattro ad
uno. Nel 1992, ai
primordi della globalizzazione, il rapporto fra
i redditi dei paesi
piu' ricchi e quelli dei paesi piu' poveri aveva
raggiunto la seguente
proporzione: settantadue ad uno.
E' l'ultimo dato ufficiale disponibile: l'Agenzia
Onu per lo Sviluppo
(a cui si debbono queste cifre) non ha ancora estrapolato
gli indici di
divario per il decennio in corso. L'Islam e l'anti-Islam,
in tutto
questo, non c'entrano per niente: e' la nuda aritmetica
che infiamma le
popolazioni.
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Cronaca. Catania. Riapre l'universita', e riapre
anche la "societa'
civile": "Domani tutti in piazza contro
la Bossi-Fini!". Stavolta
pero' i ragazzi che distribuivano volantini nei
corridoi di Lettere e
Lingue, a Catania, si sono visti avvicinare da una
guardia privata
(oltre ai vecchi bidelli ora ci sono i vigilantes)
che ha ordinato di
smetterla. "In facolta' non si possono dare
volantini". "Ma si sono
sempre dati!". "Quest'anno no. Ordine
dei presidi". Ora, bisogna sapere
che il preside della facolta' di Lettere, professor
Mineo, e quello di
Lingue, professor Pioletti, sono entrambi fra gli
esponenti piu'
autorevoli della "societa' civile" catanese:
girotondi, dibattiti,
appelli per questo e quello. Questo nel tempo libero.
Ma a scuola "qui
non si fa politica, si lavora".
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Persone. Arnaldo La Barbera, che e' morto adesso
e che era sotto
indagine per le violenze poliziesche a Genova dell'anno
scorso
("indegne di un paese civile": l'ha detto
Amnesty) molti anni fa
tuttavia aveva combattuto la mafia, giu' in Sicilia,
impegnando tutto
se stesso e rischiando la vita. Percio' mi sembra
giusto ricordare
anche lui qui, fra i nostri. (La vita e' complicata).
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Enrico wrote:
< Quanto ai siciliani, il loro piu' grande difetto,
dopo l'ovazione
elettorale per Berlusconi, e' la pronuncia della
congiunzione "e"
aperta come il verbo "e'". Cosi' finiscono
per dire: "Il bianco e' il
nero". Che nascano li' alcune confusioni? >
* * *
O Enrio, se noi si fosse toscani, a chi gli toccherebbe
di fare il
siciliano 'onfuso?
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Sbavaglio. Vent'anni fa di questi tempi eravamo
attorno al tavolo della
signora Roccuzzo e stavamo parlando del primo numero
dei "Siciliani",
che poi usci' a dicembre dell'82; non mi ricordo
se si parlava gia' dei
pezzi (a me tocco' l'intervista a Falcone, a Palermo)
o se ancora si
discuteva del progetto. Adesso, attorno al tavolo
ci sono i ragazzi dei
siti siciliani (Girodivite, Erroneo, Terre Libere,
Freaknet MediaLab ed
altri) e l'idea sarebbe di mettere insieme tutti
questi siti ed altri
ancora, in Sicilia e altrove, per vedere se si riesce
a sbavagliare un
altro po' di rete. Vi faro' sapere. Intanto, se
v'interessa, fatevi
sentire.
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Al tempo che tu e io
Al tempo che tu e io
eravamo tu e io,
al tempo della guerra, noi due insieme
e noi due soli.
Al tempo che m'insegnavi Mahler
e io a te i poeti greci.
Al tempo che ci tagliavano la luce
e noi a baciarci ridendo al lume di candela.
Al tempo di quel bar, degli sgabelli
davanti a quel bancone per la cena,
del pianoforte scordato, dei gatti,
dei fior-di-miseria violetti
spontanei fra le crepe del balcone.
Al tempo delle tue poesie
e della mia vecchia ventidue.
Tu sei sempre bellissima, tu, ed io
ho sempre da qualche parte
i miei occhi allegri di allora.
Al tempo che tu e io
eravamo tu e io.
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-- Fa' girare.
"A che serve vivere, se non c'e' il coraggio
di lottare?" (Giuseppe
Fava)
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