|
Giro95
Parigi val bene una messa?
Italiani a Parigi
1.
Si va in vacanza per poter, una volta tornati,
dire di dove si è stati, dei posti che
si è visto, del "ma Lì è
Tutta un'Altra Cosa". E giù con gli
album fotografici, le proiezioni delle diapositive,
i filmini. L'evento ripetuto all'ennesima volta
sul malcapitato conoscente amico parente. Si va
in giro dondolandosi, si biascica persino l'accento
del posto nel quale si è stati. Eh, sì...
Parigi è sempre Parigi... (e giù
un sospiro).
2.
Una delle caratteristiche più importanti
di Parigi sono gli italiani. Ce n'è dapertutto.
A frotte, a diluvi, a badilate. Li riconosci subito:
vestono tutti nello stesso modo, parlano tutti
nello stesso modo - gridando -, fotografano tutti
le stesse cose. Hanno tutti il loro codazzo di
bambini pestiferi, si lamentano tutti per il fatto
di non trovare ai ristoranti la pastasciutta.
3.
Il modo più semplice per distinguere un
italiano all'estero da uno di un'altra nazione
è il telefonino. Gli italiani sono gli
unici a portarsi il telefonino sempre in mano,
appiccicato all'orecchia - raramente alla cintola
come una daga rinascimentale. L'argomento preferito
di conversazione è: "Si prende? C'è
il campo?". Quando il "campo" si
prende danno in rumorosi giubili, salvo a meravigliarsi
immediatamente per questo inusitato fatto. Ma
come? anche qui? Togli il telefonino a un italiano
e gli hai tolto metà della divisa nazionale.
4.
La seconda cosa che un italiano a Parigi nota
è il vantaggio del cambio. Con la moneta
unica europea l'italiano non ha più bisogno
di sforzarsi in astrusi calcoli - verso i quali
mai è stato portato -. Dopo aver giocoforza
imparato la faccenda dei centesimi e che in Italia
la buggerata dell'euro ha fatto in pratica raddoppiare
i prezzi, si aggira felice per le bancarelle parigine
notando come: "I prezzi qui sono gli stessi
che in Italia. Anzi, addirittura di meno!".
Gli italiani sono felicissimi di spendere, anche
se guardano sospettosi i venditori, in attesa
di una qualche fregatura. Hanno modo di compiangere
le agenzie di cambio, numerosissime, ora deserte.
Un tempo affollatissime di italiani, ora che agli
italiani è stata data la moneta comune
- una specie di attestato di maturità europea
-, sono destinate all'estinzione o alla riconversione
forzata. Magari in bancarelle di souvenir per
italiani.
La generosità dell'italiano però
non si smentisce. Ha tempo persino per una lacrima,
al pensiero delle bocche da sfamare da parte di
questi impiegati al cambio, così simili
per mestiere e per funzione ai venditori di sigarette
napoletani.
5.
L'Italiano a Parigi non parla una sola parola
di francese. In compenso non ha alcuna attitudine
nei confronti dell'inglese. I francesi si rifiutano
di parlare una lingua che non sia il francese.
Il dialogo tra un italiano e un francese è
sempre strano: perché il francese in realtà
capisce benissimo l'italiano ma risponde sempre
e solo in francese. L'italiano invece si rivolge
al francese in un italiano a dir poco improbabile
- mentre potrebbe benissimo usare in maniera piana
e distesa l'idioma natìo - fatto di vertiginosi
giri di parole che farebbero innervosire persino
un elvetico (giusto per continuare con il nostro
discorso sciovinista). Poi se ne torna dalla moglie
tutto contento come un bambino, sudato come non
mai, per scoprire che la moglie ha già
letto l'indicazione sul cartello posto in alto
sopra di loro.
5 bis.
(Agosto è a Parigi la stagione degli italiani.
Il mese nel quale il campionato di calcio è
costretto a una pausa è l'unico momento
che permette ai maschi italici di fuoriuscire
dai confini patrii, obnubilando la crisi di astinenza
calcistica dedicandola ai viaggi nei quali i figli
hanno come unico pensiero quello di andare a Disneyland
- e le mogli che trovano qualsiasi acquisto insufficiente
a risaltarle).
6.
Gli italiani scoprono in Francia l'alto numero
di immigrati. Il loro candore è tale che
non si vergognano neppure a sentirsi sconvolti
per la presenza così impressionante di
"negri". All'inizio si stringono in
difesa dei loro beni: borse, portafogli, bambini.
Pensano di aver sbagliato strada, di essere finiti
in chissà quale ghetto malfamato. Poi si
accorgono che sono in pieno centro storico e che
i "negri" sono impiegati dapertutto:
sono spazzini, guidatori di auto, addetti alle
receptions, impiegati... Quando rientrano nelle
sicure italiche frontiere. tirano un sospiro di
sollievo: finalmente casa, finalmente pasta. Finalmente
niente strana gente attorno che parla in quel
modo strano...
|